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valentina grippo: bisogna convincere il turista a restare a roma, e a tornarci

Valentina Grippo, presidente della Commissione Turismo,  Moda e Relazioni internazionali del Comune di Roma

C'è una Commissione specifica, al Comune di Roma, che si occupa di tre settori molto significativi per la capitale: turismo, moda e relazioni internazionali. Certo, la prima cosa è capire in che modo sono collegati fra loro e come Valentina Grippo, presidente della Commissione, ne percepisce le affinità. Nata a Roma nel 1971, laureata in legge con 110 e lode alla Sapienza e un Phd negli Stati Uniti, tornata a Roma è divenuta la più giovane dirigente donna del terziario, continuando a lavorare nel settore privato e nell’ambito della pubblica amministrazione e guidando progetti di innovazione e messa in efficienza della scuola pubblica. Giornalista e docente universitaria, ha pubblicato saggi e articoli, per i quali ha ricevuto premi e riconoscimenti. Da più di vent’anni si occupa di innovazione, information technology, formazione, cultura. Già assessore alle politiche culturali, alla scuola e all’innovazione, da maggio 2013 è nel Consiglio comunale di Roma.
Domanda. Turismo, moda e relazioni internazionali: a cosa è legata la scelta di questo accorpamento?
Risposta. Li ho trovati già accorpati, e in realtà quando sono diventata presidente di questa Commissione non capivo il perché neanche io, mentre dopo quasi due anni e più di lavoro posso dire che il filo conduttore possa essere rappresentato dalla creatività e innovazione che intrinsecamente toccano questi settori. Probabilmente la Commissione ha annesso temi che 20 anni fa non erano importanti. Personalmente sono stata molto contenta di curare anche la moda, che a Roma ha un grande problema: quello di avere oggi un’identità complessa. Storicamente Roma non è come Firenze, che ha le piccole manifatture, Roma ha sempre avuto le grandi firme, poi piano piano si sono affermati tanti giovani designer che qui vivono e producono, ma non si è mai stati in grado di valorizzare davvero le produzioni contemporanee. Oggi abbiamo un tasso di disoccupazione giovanile che si assesta intorno al 45 per cento, e il Lazio è una delle regioni d’Italia con il tasso più alto. Non possiamo permetterci di trascurare la valorizzazione di un settore così importante e il problema è analogo a quello del turismo: tanta e tale è la tradizione che uno si porta dietro, che non c’è la cultura e l’abitudine a valorizzare e ad avere orgoglio del proprio contemporaneo. Questo vale per il turismo e per la moda, ma oggi il grande sforzo che noi chiediamo a coloro che ancora operano è di compiere un’operazione per far emergere quei giovani, quelle nuove teste, nuove idee e nuove produzioni presenti a Roma, non solo di design ed alta moda, ma anche di artigianato ed altro.
D. Iniziamo dal turismo: come sta lavorando questa Commissione?
R. Nel turismo abbiamo compiuto un lavoro significativo nel primo biennio di attività, focalizzato soprattutto in due direzioni: la prima è volta a superare il fatto che, sebbene a Roma la tendenza sia in astratto sempre in crescita, in concreto i commercianti lamentano che i turisti spendono sempre meno e vivono poco la città. Ciò viene avvalorato da due dati: innanzitutto la permanenza del turista a Roma che, a differenza delle altre capitali europee che registrano un soggiorno medio dai tre ai quattro giorni, è di uno o due giorni, e questo vuol dire che una persona viene a Roma, vede il Vaticano e il Colosseo, e più o meno quello che doveva fare nella città ritiene di averlo fatto; poi o ritorna da dove è venuto oppure prosegue per Firenze o Venezia. Un altro dato che ci preoccupa è il fatto che solo un turista su tre torna a Roma una volta che l’ha vista, e quindi una persona che viene a Roma non solo ci sta due giorni, ma non torna più. Il ritorno a Parigi è registrato con una media del 65 per cento, a New York addirittura del 73 per cento; evidentemente c’è un buco nella comunicazione e nella percezione della nostra capitale all’estero, cioè viene percepita tutta la storia della città, ma non la ricchezza rispetto sia al settore contemporaneo sia alla moltitudine di quartieri, di percorsi e di quanto abbiamo.
D. A cosa crede sia dovuta questa «disaffezione» del turista verso Roma?
R. Tecnicamente manca il cosiddetto «turismo esperenziale», costituito cioè, quando si va in una città, dal fatto di non accontentarsi di vedere i 2-3 monumenti più importanti, ma di decidere di vivere la città. Quando andiamo a Parigi, dopo il terzo giorno decidiamo di andare alla Villetta, a Eurodisney, al Quartiere latino, e quando andiamo a New York ci fermiamo al Central Park e a Greenwich Village; non riusciamo, nella mentalità del turismo internazionale, a far pensare che ci sia quel terzo giorno per rimanere a Roma e viverla. Così abbiamo compiuto azioni, pensando innanzitutto ad itinerari specifici per pubblici specifici; abbiamo creato itinerari per famiglie, itinerari religiosi, e abbiamo realizzato grandi eventi legati alla beatificazione dei due Papi: il nuovo Papa ha portato molte masse a Roma, e noi abbiamo voluto valorizzare quel tipo di esperienza confezionando guide specifiche in italiano e in inglese che descrivono i luoghi di Roma dei due Papi, luoghi che non sono sempre in Vaticano ma sono sparsi in tutta la città. Adesso stiamo lavorando a pacchetti specifici, come la Settimana dello shopping o la Settimana della moda, cercando di aiutare gli operatori nei periodi di bassa stagione: loro praticando sconti sulle ricettività, noi mettendo a disposizione alcuni servizi gratuiti.
D. Roma è una città istituzionale: come cura il turismo congressuale?
R. Nella graduatoria delle città e delle destinazioni scelte per i grandi congressi internazionali, Roma era molto in basso, e noi stiamo lavorando perché questo dato si modifichi, ad esempio portando nel 2018 l’Aiba, International Bar Association, grandissimo convegno internazionale che riunisce oltre 5 mila studi legali internazionali. Si tratta di accreditamenti «modello Olimpiadi», ai quali la città partecipa e cerca di portare i grandi eventi internazionali del turismo. Roma non era mai stata molto competitiva, ed uno dei risultati di cui siamo più orgogliosi è il lavoro congiunto di un «tavolo» tra istituzioni e operatori: non può essere solo il singolo ad attivarsi, deve essere il «sistema turismo» ad acquisire il proprio orgoglio e muoversi in modo strutturato. Siamo convinti che questo sia uno dei pochi modi che abbiamo per far ripartire l’economia romana, e non solo nel settore del turismo perché è chiaro che, se il turista decide di restare, andrà al ristorante, farà shopping, parteciperà alla programmazione culturale, andrà dall’artigiano e così farà sviluppare l’economia.
D. Ci sono turisti particolarmente interessati a Roma?
R. Abbiamo molto lavorato sui nuovi mercati, è il caso del turismo russo, cinese e mediorientale, con pacchetti e itinerari specifici. Per la Russia abbiamo costruito itinerari bizantini perché siamo, come loro, eredi di Bisanzio, e siamo andati a rivalorizzare i monumenti che a Roma e a Mosca accomunano le due culture, per i cinesi abbiamo valorizzato la Via della Seta che dall’Oriente portava in Occidente.
D. Cosa può dire in merito alla tassa di soggiorno, considerata da molti un sopruso?
R. L’aumento della tassa di soggiorno ha fatto molto irritare gli albergatori; noi ci siamo messi tra sindaco, Giunta, operatori e Commissione e abbiamo chiesto, con un emendamento che io stessa ho firmato, che il 10 per cento delle risorse che entrano con la tassa di soggiorno sia investito in promozione turistica e in quelle azioni che, anche in modo indiretto, aiutano il turismo, cioè decoro, pulizia della città, trasporti. Perché se è vero che non possiamo pensare che tutti i soldi che entrano con il turismo vadano solo nel turismo, trattandosi di una risorsa significativa anche per gli altri servizi della città, è altrettanto vero che se si chiede un sacrificio agli operatori e ai visitatori, qualcosa bisogna restituire. Riteniamo che vi sono dei servizi che servono anche ai cittadini, che sono fondamentali e costituiscono un biglietto da visita della città. Se un turista arriva a Fiumicino, alla stazione Tiburtina o alla stazione Termini, e si trova letteralmente nel Far West, perché sono sporche, perché sono prive di indicazioni, non è solo un danno per il cittadino, ma anche per il turista.
D. Il turismo aiuta l’economia ma non favorisce molto il residente. Quali sono i problemi romani?
R. Una delle caratteristiche che abbiamo registrato dall’inizio del nostro lavoro è proprio questo antagonismo tra residenti e turisti, che invece non ha ragione di essere. Una delle prime azioni che abbiamo compiuto è stata la commissione all’Università di Tor Vergata di una ricerca per capire qual’è la considerazione da parte dei residenti nei confronti dei turisti, e devo dire che questo antagonismo si sta un po’ superando, sia perché esistono modalità di ricettività alternativa come i bed and breakfast, sia per l’attuale momento di crisi economica. È necessario compiere quegli interventi che derivano dalle risorse del turismo, ma che vanno a semplificare la vita anche dei residenti. È infatti chiaro che, se si riesce ad avere una città più pulita e più decorosa grazie alla tassa di soggiorno, il residente riesce a percepire meglio il valore del turismo.
D. A New York i turisti vanno fino al Queens, a Brooklyn e in tutte le periferie: crede che a Roma si potrebbero valorizzare quartieri al di fuori dei soliti percorsi, come Torpignattara o Boccea?
R. Mentre i residenti del Centro storico sono esasperati dal turismo, gli abitanti delle periferie sarebbero molto interessati a valorizzare una presenza turistica e a lavorare alla costruzione di itinerari e di progetti legati al turismo. Abbiamo periferie meravigliose: Appia Antica, Parco Alessandrino e Ostia antica non sono da meno rispetto al Centro storico. Sarebbe ideale riuscire in qualche modo ad alleggerire la congestione che c’è nel Centro storico. Cercando di distribuire il turismo secondo interessi e tipologie in diverse aree della città, potremmo incentivare il turismo. New York ne è proprio un esempio esemplare: Brooklyn fino a 15 anni fa non era un posto di destinazione turistica, forse solo per il ponte, invece nell’ultimo decennio la Municipalità ha compiuto un investimento notevole creando centri sportivi, centri culturali, scuole, quartieri, trasporti. Ciò in qualche modo ha ridefinito il piano urbanistico della città. Il nostro lavoro non può essere solo di promozione turistica, ma di visione urbanistica della città.
D. Infrastrutture e trasporti non devono valorizzare altri quartieri?
R. Ovviamente, se per arrivare sull’Appia Antica si devono usare 4 autobus sarà più probabile che si vada al Colosseo, e su questo stiamo lavorando tantissimo con i Municipi delle periferie, molto interessati a valorizzare il patrimonio diffuso. Abbiamo compiuto un’audizione di tutti i Municipi congiuntamente con la Commissione Cultura per avere una mappa più dettagliata della situazione, perché tante volte anche noi romani non conosciamo qual è il patrimonio diffuso della città, mentre ci sono luoghi ideali per turismi specifici, come il parco in cui recarsi con la famiglia, o la casa di Pirandello che può visitare l’appassionato di letteratura. Le mie richieste vertono fondamentalmente sul tallone di Achille della città, cioè pulizia, decoro e trasporti. La metro C sarà molto importante quando avremo una fermata dietro Campo de’ Fiori che collega fondamentalmente il Centro al resto della città. Stiamo svolgendo un grande lavoro per il monitoraggio degli abusivi, perché, se si deve lavorare su tutto il sistema per pedonalizzare ampie aree, si devono contemporaneamente potenziare i servizi pubblici. Nelle città che abbiamo citato, il trasporto non è un tema delicato da molti anni, anche perché i primi turisti della città sono i residenti, che ne parlano e ne usufruiscono.
D. Cosa state facendo invece in materia di relazioni internazionali?
R. In questo caso c’è anche un elemento biografico. Sia io che il sindaco di Roma Ignazio Marino veniamo, per motivi personali, da un’esperienza di vita e di studio, anche all’estero, di grande sensibilità verso il patrimonio di ricchezza culturale ed economica, ricchezza che può nascere da sinergie internazionali. Tale elemento ci ha spinto, sin dall’inizio, a concepire le relazioni internazionali in modo molto moderno. Tradizionalmente non esisteva una politica estera delle città, perché le capitali e le città stesse vanno fondamentalmente a rimorchio della politica estera nazionale. Negli ultimi anni però questa attività è cambiata perché, al di là del rapporto diplomatico bilaterale in base al quale il sindaco riceve l’ambasciatore e intrattiene le relazioni con l’estero, noi abbiamo aggiunto altre azioni, prima tra le quali una lobbying congiunta tra le varie capitali nel dialogo con l’Europa. Ci sono delle priorità che tutte le città hanno, riunite le quali è possibile spostare le azioni e le politiche che arrivano dall’Europa: abbiamo così ricevuto tutti i sindaci delle capitali europee in Campidoglio e avviato un metodo di questo tipo.
D. Guardate oltre l’Europa?
R. Secondo punto della nostra azione è stato proprio quello di lavorare sul «fundraising» con l’Azerbaijan ed il Qatar. Esistono tanti Paesi molto interessati a finanziare, sponsorizzare e a sostenere azioni di recupero e di restauro. Per esempio siamo riusciti a portare un milione di euro con fundraising internazionale nel processo di scavo e ampliamento dell’area archeologica della Via Alessandrina. Molto spesso i Paesi che avevano voglia di donare risorse a Roma faticavano per trovare interlocutori, persone che parlassero nella loro lingua, che avviassero le procedure, e restavano spesso spaventati dalla complessità, pur essendo affascinati e attratti dalla storia millenaria di Roma. Su questo penso che abbiamo eseguito un grande passaggio di semplificazione amministrativa. Stiamo lavorando con l’assessore al Bilancio Silvia Scozzese proprio nel fundraising e nella semplificazione amministrativa.
D. Cos’altro può unire diverse città?
R. La condivisione di buone pratiche. Insieme alle capitali e alle Università, stiamo costituendo gruppi tematici su temi quali la sostenibilità ambientale e la mobilità. Per esempio stiamo studiando l’high line di New York e di Boston per capire come riqualificare la nostra Tangenziale Est. Cerchiamo di adottare le buone pratiche o i modelli di car sharing e di mobilità sostenibile che sta sperimentando Mosca, per vedere se sono impiegabili anche nella nostra città. È più facile che questo tipo di dialogo sia fatto fra le Amministrazioni anziché fra gli Stati, che invece hanno altri obiettivi e livelli di dialogo.   

Tags: Febbraio 2015

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