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PIERFILIPPO ROGGERO:
NUOVE TECNOLOGIE UGUALE SVILUPPO ECONOMICO

di Luigi Locatelli


L'amministratore delegato della Fujitsu Siemens Computers spiega quanto l'innovazione giovi alle competitività delle imprese, all'efficienza
della Pubblica Amministrazione
e a tutto il Paese

 

 

sorridente, garbato, con un filo di ironia nello sguardo quando affronta argomenti pesanti nel proprio campo delle tecnologie informatiche. I suoi concetti sono chiari e precisi, maturati, dopo aver conseguito la laurea in Ingegneria nucleare al Politecnico di Milano, in anni di lavoro allíestero, alla Honeywell, alla Factron, allíApple, prima dellíapprodo alla Fujitsu Siemens Computers, che riunisce esigenze e metodi produttivi assai distanti, giapponese e tedesco, e della quale oggi Ë amministratore delegato. Líaspetto dellíingegnere Pierfilippo Roggero, milanese, non ancora cinquantenne, Ë giovanile e riflette la vivacitý e la larghezza di interessi e curiositý che lo animano. Le prime parole sorprendono: ´Sento la frustrazione di non poter incidere, di non poter apportare alcun cambiamento non solo nel settore in cui vivo e opero, ma nel mondo industriale italiano. Tutti parlano di innovazione e tecnologia, ma poi non facciamo nullaª, dice líing. Roggero. Cita un recente incontro alla Camera di Commercio italo-americana nel corso del quale sono stati presentati i dati degli investimenti nellíinnovazione tecnologica rapportati al prodotto interno negli Stati Uniti, in Europa e in Italia. Dovremmo essere abituati a notevoli svantaggi in queste comparazioni, ma sentirle Ë scoraggiante: 4 per cento negli Usa, 2,8 in Europa, uno stentato 1 per cento in Italia. ´La preoccupazione‚spiega‚, non Ë tanto che si investa poco nel nostro Paese, quanto che non si capisca come la tecnologia, líinnovazione e la ricerca siano gli alimenti base per lo sviluppo delle aziende e del Paeseª. Roggero Ë vicepresidente dellíAssinform, associazione che riunisce le imprese operanti nelle tecnologie, nellíinformatica, nelle telecomunicazioni. ´Ho sottoposto al Consiglio il problema che noi non abbiamo la forza e il peso necessari per rappresentare la situazione in maniera significativa nei confronti del settore pubblico, delle istituzioni, del Governo, delle banche. Dobbiamo aumentare la nostra voceª. » consapevole che si tratta di una grande battaglia in cui devono impegnarsi le aziende del settore contro líinerzia, líindifferenza, la disinformazione da parte del pubblico, del mondo politico, di quello economico, della stampa, delle stesse aziende, spesso pi˜ impegnate a conquistare una fornitura, un appalto, una quota di mercato, anzichÈ a dare la sveglia a un Paese avviato verso una sconfitta nella competizione globale. ´Nella stessa Confindustria, di cui líAssiform fa parte tramite la Federcomin‚prosegue Roggero‚, questo tema viene discusso nel modo tradizionale, con le tipiche richieste e proteste, un metodo inadeguato allíimportanza del problema che riguarda non solo la salvaguardia delle aziende ma la tutela degli interessi di tutta líindustria italianaª. Dietro le sue parole cíË il rifiuto della tendenza largamente diffusa di affidarsi allo ´stellone italianoª, alla genialitý dei singoli, anzichÈ partecipare in ogni campo della competizione globale con impegno, preparazione, metodo. ´Ci fidiamo sempre della nostra creativitý. Ma se essa era un elemento fondamentale nel secolo passato, quando le opportunitý di sviluppo erano diverse, oggi con la tecnologia bisogna cambiare i processi produttivi allíinterno dellíazienda per raggiungere maggiore efficienza e competitivitý. Nel mondo imprenditoriale del Nord-Est cíË chi pensa di abbassare i costi andando a produrre dove questi sono inferiori, invece di innovare il processo interno. Siamo lontani dalla realtý ed Ë un problema di culturaª. E cosÏ continua: ´Tutti si aspettano qualcosa dal Governo, cíË la tendenza, pi˜ o meno conscia, allíassistenzialismo. Ma il Governo deve dare un indirizzo, un impulso, mentre si ha líimpressione che non vi sia la reale volontý di un vero cambiamento con le riforme. Sono convinto che sia nel mondo industriale sia in quello politico vi sono persone che hanno questa volontý, ma probabilmente sono bloccate da mille situazioni, per cui ritorna il male italiano della stagnazione, dellíimpasse totale nel mondo industriale e in quello del lavoro, e ognuno tende a fornire la propria visione sempre allíinterno di vecchi schemiª. La preoccupazione riguarda le conseguenze che la mancanza di indicazioni chiare da parte dei governanti e di stimoli agli investimenti da parte dei settori pubblico e privato, comportano sia nel settore dellíinnovazione tecnologica sia nel livello di competitivitý. Le ricette per evitare tali rischi sono state sperimentate con successo in altri Paesi: ´Invece in Italia nellíultima legge finanziaria, come in quella precedente, si Ë cercato di ridurre i costi in tutti i campi‚prosegue Roggero‚. Sono operazioni indispensabili data la delicata situazione economica generale, ma líerrore Ë che si taglia senza chiedersi quali investimenti siano necessari al mondo industriale, su quali aree intervenire per superare la crisi eliminando líinutile e cercando di cambiare veramente, non solo di andare avantiª.
Domanda. Dopo il black-out dello scorso settembre si Ë scoperto che mancano 3 chilometri per completare un importante elettrodotto nel Mezzogiorno. Ossia che tutti vogliono líenergia elettrica ma nessuno le centrali e le linee elettriche nel proprio territorio. Si puÚ fare innovazione in tali situazioni?
Risposta. Sono ingegnere nucleare e ho vissuti questi problemi con particolare interesse e competenza. Prima dei tre chilometri rimasti incompleti, bisognerebbe rivedere il problema delle centrali perchÈ con il black-out Ë emerso che gli investimenti nella produzione elettrica, non sono fatti da molti anni, con il risultato che siamo in situazione di rischio. Líinnovazione non consiste solo nel dotare tutti gli uffici di computer, ma nellíusare la tecnologia per migliorare la produzione, aumentare líefficienza e ridurre i costi. PerciÚ dipendiamo da Paesi che hanno investito nellíinnovazione e oggi possono vendere líenergia a noi che avevamo le prime centrali nucleari.
D. Quali gli effetti della perdita di capacitý produttiva in campo energetico?
R. Stiamo diventando terra di conquista. Le grandi aziende non ci sono pi˜, viviamo di piccola e media industria che rischia di scomparire se non viene aiutata con indirizzi chiari, non con forme di assistenzialismo, affinchÈ si sviluppi e cresca. Uníimpresa puÚ restare piccola se opera in nicchie particolari in un mercato sempre pi˜ globale. Ma Ë difficile trovare e conservare la nicchia. Assistiamo alla capacitý dei Paesi dellíEst europeo, di quelli asiatici e della Cina, di offrire prodotti e servizi a costi bassissimi, fortemente competitivi. Trovare nicchie di mercato Ë possibile, ma con líefficienza, il miglioramento dei processi produttivi, il giusto indirizzo politico. La Pubblica Amministrazione compie grandi investimenti in tecnologia, non Ë vero che non si spenda, ma Ë inadeguato il beneficio che se ne ricava perchÈ non cíË un disegno dellíuso della tecnologia nel settore pubblico. Vi sono alcune iniziative, per esempio líistituzione della Consip, per ridurre i costi, ma non si vede un quadro complessivo che permetta di dire che nella Pubblica Amministrazione líItalia eccella. Si assiste a tanti progettini non compresi in un piano generale. Questo non porta a una riduzione del costo dei servizi offerti ai cittadini, a una minore pressione fiscale e ad altri benefici attraverso i quali passa líefficienza di un sistema. Un problema analogo riguarda le imprese. Quali indirizzi vengono dati per investire? » stata varata, in passato la legge Tremonti che questíanno Ë stata annacquata; ma pi˜ che indirizzi, ha concesso contributi, non ha spinto le imprese ad innovare per rilanciare le aziende e il Paese. Manca un disegno generale.
D. Non basta líazione del Ministero per líInnovazione e le Tecnologie?
R. Questo Governo ha dato un segno di cambiamento creando un Ministero specifico dellíinnovazione tecnologica, uníiniziativa mai presa prima, che ha suscitato grandi aspettative. Ma Ë un Ministero senza portafoglio, quindi senza grandi possibilitý di incidere. Ci si aspettava un disegno che trasformasse il modo con cui la tecnologia e líinnovazione sono utilizzate nel settore pubblico e desse indirizzi al privato. Porto un esempio: Ë stata decisa la concessione di un contributo di 180 euro ai ragazzi sedicenni che acquistano un computer. Lanciato nel giugno 2002, il beneficio Ë durato per tutto il 2003, ma non ha riguardato nemmeno il 10 per cento della popolazione scolastica interessata, costituita da circa 550 mila studenti. Le stime del Ministero indicano tra il 10 e il 12 per cento. PerchÈ un risultato cosÏ modesto? 180 euro equivalgono al 20 per cento del costo medio díacquisto di un computer, quindi quanto líincidenza dellíIva. PerchÈ non cíË stata uníampia risposta? » frutto di disinteresse culturale o non sono stati fatti comprendere il significato e il valore dellíinnovazione tecnologica oggi per lo studio e domani per il lavoro? I giovani sono rimasti convinti che Ë pi˜ importante il telefonino. » mancata nella scuola la capacitý di promuovere, stimolare, far capire líimportanza della tecnologia per diminuire il gap con i ragazzi degli altri Paesi a livello mondiale. Non si possono lanciare iniziative che hanno un effetto importante senza creare maggiore cultura.
D. Come combattere questi mali antichi che affliggono il Paese?
R. Non intendo vedere solo gli aspetti negativi. Occorre capire quali passi bisogna fare per giungere ad un cambiamento. Anzitutto le Associazioni e le Federazioni degli imprenditori devono avere un ruolo pi˜ forte nella Confindustria per dibattere questi temi sia nei confronti della Pubblica Amministrazione sia nel proprio ambito, non soltanto come slogan ma come modo di pensare e misurare i passi che si compiono. Probabilmente oggi, nellíarea tecnologica, le aziende tendono a fare i propri interessi, a muoversi singolarmente.
D. LíAssinform Ë considerata dalla Confindustria un elemento di stimolo anche nei confronti del Governo?
R. LíAssinform ha un ruolo di spicco nel settore delle tecnologie informatiche. Temo che questa capacitý sia interpretata come la richiesta di una parte del settore industriale italiano di avere vantaggi. » un errore. Stimolare líinnovazione tecnologica non mira ad accontentare le aziende di uníassociazione, ma a creare un beneficio per tutto il Paese. Il messaggio che vogliamo dare allíinterno della Confindustria riguarda la necessitý di imprimere, attraverso líAssinform, un forte stimolo al mondo industriale e al settore pubblico.
D. Il mondo industriale medio e piccolo, ma anche quello grande, ritiene líinnovazione tecnologica una necessitý per cambiare il processo produttivo ed essere competitivi, o solo una sostituzione di vecchie attrezzature con altre pi˜ nuove?
R. Come in passato sono state cambiate la macchina da scrivere o la calcolatrice a mano con quelle elettriche, ora si usa il computer perchÈ Ë pi˜ moderno e veloce. Le grandi aziende sono pi˜ avanti anche perchÈ hanno rapporti internazionali e avvertono di pi˜ il confronto con clienti, fornitori e concorrenti di altri Paesi. Meno disponibili alle nuove esigenze sono le piccole e medie imprese, ancora impegnate nei vecchi dibattiti tra chi vuole i distretti e chi le filiere.
D. Che differenza cíË?
R. Sono discorsi superati, perchÈ il distretto Ë un agglomerato di aziende che operano nello stesso settore quindi in concorrenza; in un mondo sempre pi˜ competitivo in cui si deve aumentare líefficienza, mai si potranno scambiare con uníazienda concorrente logiche produttive, fattori innovativi che portano al successo, notizie su investimenti fatti o su ricavi ottenuti. Líinnovazione deve essere introdotta allíinterno delle filiere, ossia dal fornitore alla fabbrica e da questa al consumatore. Ho conosciuto un imprenditore stravagante, proprietario di uníazienda al secondo posto nel mondo nella produzione di cappe da cucina, che opera ancora come nel primo Novecento; non vuole nessuna tecnologia, spiega: ´Io vedo quello che produco e voglio sentire e vedere gli operai che cosa fannoª. Ma in questo modo si perde il controllo della produzione, del materiale in magazzino, delle richieste del cliente, delle vendite. Sono casi frequenti tra le piccole imprese.
D. A che cosa sono dovuti?
R. Da una ricerca compiuta con lo Studio Ambrosetti, Ë risultato che i dubbi verso le tecnologie informatiche sono dovuti a tre fattori. Il primo dipende dalle istituzioni finanziarie: gli imprenditori, piccoli, medi e anche grandi hanno bisogno di finanziamenti per investire nelle tecnologie necessarie al loro sviluppo; nel sistema bancario italiano, accedere al credito Ë difficilissimo, quasi impossibile. In altri Paesi esistono molte forme di finanziamento, cíË perfino la possibilitý di quotarsi in Borsa, al Nasdaq, che Ë il mercato in cui piccole e medie imprese possono raccogliere risparmio. Il secondo fattore riguarda il rapporto con le pubbliche istituzioni: non trovando condizioni favorevoli nÈ sostegni, un imprenditore preferisce trasferire la produzione in altri Paesi, non per ricevere assistenzialismo ma per trovare un terreno fertile che gli permetta di svilupparsi, con costi, impedimenti e difficoltý burocratiche minori. Il terzo fattore riguarda i produttori di tecnologie: Ë diffusa una certa diffidenza verso la loro capacitý di comprendere le esigenze delle aziende o il loro interesse ad imporre soluzioni indipendentemente dai loro metodi produttivi, per cui si preferisce continuare con i metodi dei genitori. LíAssinform deve tenere presenti queste situazioni. Di essa fanno parte tutti i grandi produttori di tecnologia, computer, telecomunicazioni, contenuti, quali Ibm, HP, Siemens, Getronics, Nortel, Cisco, Rai-tv.
D. Oggi per líItalia occorre agevolare una ripresa del mercato. Per raggiungere questo obiettivo, líAssinform che cosa si propone di fare?
R. Stiamo pensando di promuovere, díaccordo con il presidente dellíAssinform Giulio Koch, un tavolo di lavoro che coinvolga vari Ministeri - dellíInnovazione e Tecnologie, delle Attivitý Produttive, dellíIstruzione, dellíUniversitý e Ricerca e soprattutto dellíEconomia -, per stimolare, díaccordo con la Confindustria e le imprese del settore, líattenzione sul tema dellíinnovazione. Due o tre giorni di discussione e di analisi per verificarne lo stato attuale e i progressi, proporre soluzioni alle istituzioni, agli studiosi, alla stampa.
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