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GIUSTIZIA
Banca d'Italia:
L'inefficienza è pari all'1
per cento del prodotto interno


di Antonio Marini


Banca d'Italia: L'inefficienza è pari
all'1 per cento del prodotto interno

 

econdo la Banca d’Italia, l’inefficienza della giustizia civile italiana può essere misurata in termini economici come pari all’1 per cento del prodotto interno. È questo il dato più rilevante contenuto nella relazione al Parlamento sullo stato della Giustizia nell’anno 2011, svolta dal nuovo ministro della Giustizia Paola Severino. L’altro dato di rilievo è riportato nel rapporto Doing Business 2010 con riguardo alla categoria «Enforcing Contracts», dal quale si evince che l’Italia si classifica al 157esimo posto su 183 Paesi censiti, con una durata stimata per il recupero del credito commerciale pari a 1.210 giorni, mentre in Germania ne bastano 394. Questa situazione incide negativamente sulle nostre imprese segnando una divaricazione di efficienza, con gli altri Paesi dell’Unione Europea, che frena le possibilità di sviluppo e anche degli investimenti stranieri.
Riportando questi dati, il Guardasigilli ha tenuto a sottolineare di averne già parlato in diverse occasioni con il presidente del Consiglio Mario Monti e con l’intero Governo, traendone la comune convinzione che le interazioni tra economia e giustizia sono fortissime; che se si vogliono attrarre capitali in Italia è necessario garantire certezza ed efficienza della giustizia; che se si vogliono accrescere le iniziative imprenditoriali italiane e straniere nel nostro Paese è indispensabile diminuire drasticamente i tempi di risoluzione delle controversie civili, assicurando un corso celere del processo. Quindi, l’obiettivo primario del Governo è quello di restituire efficienza alla giustizia civile, trasformando le difficoltà del sistema in opportunità di sviluppo e di crescita economica.
Nella relazione si cita anche il rapporto della Commissione europea per l’efficienza della giustizia del 2010, dal quale si evince che con 4.768 contenziosi ogni 100 mila abitanti l’Italia è al quarto posto in Europa per tasso di litigiosità, dietro Russia, Belgio e Lituania, su 38 Paesi censiti. La situazione in cui versa la giustizia civile desta forti preoccupazioni sia per l’enorme mole dell’arretrato da smaltire che, al 30 giugno del 2011, era pari a 5,5 milioni di processi, sia con riferimento ai tempi medi di definizione pari a 7 anni e tre mesi, ossia 2.645 giorni. Tale situazione ha dato luogo a costose e talvolta paradossali conseguenze, dovute al numero progressivamente crescente di cause intraprese dai cittadini per ottenere un indennizzo conseguente alla ritardata giustizia.
In seguito alla legge n. 89 del 2001, cosiddetta legge Pinto, che consente di indennizzare l’irragionevole durata del processo, si è verificata un’esplosione di questo contenzioso, passato dalle 3.580 richieste del 2003 alle 49.596 del 2010. Ciò ha determinato un’ulteriore dilatazione dei tempi di definizione dei giudizi davanti alle Corti di Appello cui è assegnata la competenza a decidere nella specifica materia, che si aggiunge all’entità ormai stratosferica e sempre crescente degli indennizzi liquidati: si è passati dai 5 milioni di euro del 2003 ai 40 del 2008 per giungere ai circa 84 del 2011.
Non meno rilevanti sono le conseguenze dell’eccessiva durata del processo penale. Nella relazione si sottolinea che, se anche la sua durata media è inferiore rispetto a quella del processo civile, cioè 4 anni e 9 mesi, essa incide tuttavia in modo sensibile sulla sorte degli oltre 28 mila detenuti in attesa di giudizio, che rappresentano il 42 per cento della popolazione carceraria: un’altra anomalia tutta italiana. Essa incide anche sul numero dei procedimenti - in media 2.369 ogni anno - per ingiusta detenzione ed errore giudiziario, aggravando la misura dei pur doverosi risarcimenti a tale titolo erogati: nel solo 2011 lo Stato ha subito un esborso per oltre 46 milioni di euro.
Detto questo, Paola Severino ha manifestato la propria angoscia per lo stato delle carceri italiane, mostrando la ferma volontà di agire in via prioritaria e senza tentennamenti per garantire un concreto miglioramento delle condizioni dei detenuti, ma anche degli agenti della polizia penitenziaria che negli stessi luoghi ne condividono spesso le sofferenze. Secondo il ministro, siamo di fronte ad una emergenza che rischia di travolgere il senso stesso della nostra civiltà giuridica, poiché il detenuto è privato delle libertà soltanto per scontare la pena e non può essergli negata la dignità di persona umana. Solo un equilibrato insieme di misure, idonee a coniugare sicurezza sociale e trattamento umanitario adeguato, potrà fornire un serio contributo alla soluzione del problema.
Si tratta di una strada lunga e complessa, ma che va affrontata con la massima urgenza privilegiando gli aspetti maggiormente connotati dall’emergenza. A questo riguardo ha ricordato che con il decreto legge n. 211 del 22 dicembre 2011 si sono introdotte una serie di misure urgenti per contrastare il sovraffollamento delle carceri. Si tratta di norme che modificano le procedure di convalida dell’arresto dimezzandone i tempi massimi - 48 ore anziché 96 - e incidendo sulle correlative modalità di custodia in modo da limitare al massimo il transito in carcere destinato, statisticamente, a durare per poco tempo: nel 2010 sono state trattenute in carcere per un massimo di 3 giorni 21.093 persone. Si tratta di persone arrestate per reati di non particolare gravità, delle quali il giudice, all’esito della convalida di arresto e del giudizio direttissimo, molto spesso dispone la scarcerazione.
Lo stesso decreto innalza da 12 a 18 mesi la soglia della pena detentiva residua per l’accesso alla detenzione domiciliare, potenziando uno strumento già introdotto nel 2010 dal precedente Governo. Per effetto di tale modifica, il numero dei detenuti che potranno essere ammessi alla detenzione domiciliare potrà quasi raddoppiare: ai 3.800 detenuti sino ad oggi effettivamente scarcerati se ne potranno aggiungere 3.327, con un risparmio di spesa di 375.318 euro al giorno. Con il successivo decreto legge n. 216 del 29 dicembre 2011 sono state poi introdotte misure volte a migliorare il Piano Carceri approvato dal precedente Governo. Tra queste è stata segnalata la disgiunzione delle funzioni di commissario straordinario da quelle di capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, affidando il ruolo di commissario a una figura professionale in grado di esercitare in via esclusiva queste funzioni.
Infine il 16 dicembre 2011 il Governo ha approvato, in via preliminare, una modifica al Regolamento penitenziario per introdurre la carta diritti e doveri dei detenuti che fornirà al detenuto, al momento dell’ingresso in carcere, una guida in varie lingue, indicante in forma chiara le regole generali del trattamento penitenziario e informazioni indispensabili su servizi, strutture, orari e modalità di colloqui, corrispondenza, comportamento e così via. ?

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