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MONS. FRANCO BUZZI:
LA BIBLIOTECA AMBROSIANA
UN TESORO DA SCOPRIRE

a cura di
GIOSETTA CIUFFA

Mons. Franco Buzzi,
prefetto della Biblioteca Ambrosiana

Fondata nel 1607
dal cardinal Borromeo
insieme alla prestigiosa
Pinacoteca, la Biblioteca
rappresenta un tesoro
non solo per Milano
ma per tutta l’Italia;
un patrimonio che
il prefetto intende
offrire alla conoscenza
del mondo intero tramite
internet e la presenza in eventi
come l’Expo 2015

acerdote della Diocesi di Milano dal 1972, monsignor Franco Buzzi, ha studiato teologia e filosofia a Milano, Roma e Monaco di Baviera, conseguendo la licenza in Teologia nella Facoltà teologica di Milano e il dottorato in filosofia nella Pontificia Università Gregoriana a Roma. Dal 1975 al 1991 ha insegnato Antropologia, Etica, Epistemologia e Storia della filosofia nel Seminario teologico di Milano e dal 1983 al 1996 anche nella Facoltà di Teologia dell’Italia settentrionale, svolgendo corsi speciali di Teologia fondamentale. È stato altresì professore invitato alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. Dal 1992 fa parte del Collegio dei dottori della Biblioteca Ambrosiana di Milano, nella quale dal 1993 è stato direttore dell’Accademia di San Carlo, che raccoglie, da tutto il mondo, una novantina di studiosi di storia della prima età moderna. Dal 1996 è dottore ordinario a vita nella Biblioteca Ambrosiana e canonico del Capitolo di Sant’Ambrogio. Dal 2005 è consulente ecclesiastico della Sezione di Milano dell’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti. Dal settembre del 2007 è prefetto della Biblioteca Ambrosiana, storica istituzione milanese fondata nel 1607 dal cardinale Federico Borromeo, ospitata nel Palazzo dell’Ambrosiana nel quale si trova anche la Pinacoteca, anch’essa fondata dal Borromeo. Nel 1609 fu una delle prime biblioteche aperte al pubblico, preceduta dall’Angelica aperta a Roma nel 1604 e dalla Bodleiana sorta a Oxford nel 1602. Nello stesso edificio della Biblioteca opera anche l’Accademia Ambrosiana. La Pinacoteca vanta reperti preziosi quali il Codice Atlantico di Leonardo, il cartone della Scuola di Atene di Raffaello, opere di artisti da Piero della Francesca a Rubens, manoscritti di Francesco Petrarca, Galileo Galilei e Alessandro Manzoni. Decine di migliaia i volumi, di tutti i periodi, raccolti nella Biblioteca. Il prefetto guida l’attività scientifico-culturale dell’Ambrosiana, un lavoro intenso svolto con almeno altri cinque dottori nominati a vita dagli arcivescovi di Milano.
Domanda. Che cosa spinse il cardinale Federico Borromeo a creare questa prestigiosa Biblioteca?
Risposta. Nel 1609 avvenne l’apertura della nostra istituzione al pubblico. Ma la fondazione risale al 1603 e furono impiegati circa 7 anni per costruire l’intero complesso. Un’opera stupenda, nata con lo scopo di contenere la documentazione di tutto il sapere allora conoscibile nel mondo; e in effetti essa costituì una svolta verso la società moderna. Nella Biblioteca il cardinal Borromeo decise che doveva operare un Collegio dei Dottori con il compito di analizzare le opere custodite negli scaffali e trarne riflessioni e scritti per confrontarsi con gli studiosi di tutto il mondo. Questo è l’aspetto più alto, scientifico, di ricerca, voluto dal Borromeo, ma senza escludere l’accesso di persone non dotate di una cultura superiore. Infatti nacque come biblioteca pubblica e fu la prima o la seconda in Europa ad aprirsi a tutti i saperi e a tutte le persone, purché in grado di leggere e scrivere. Ma nei secoli si è poi privilegiato l’aspetto scientifico, di ricerca, per cui la biblioteca è diventata sempre più un luogo di élite, frequentato da studiosi provenienti da tutto il mondo, perché la documentazione manoscritta da essa custodita costituisce la base per approfondita ricerche filologiche e per le edizioni critiche.
D. C’è ancora molta strada da percorrere affinché la Biblioteca Ambrosiana venga veramente frequentata da tutti, anche dai meno preparati nei settori specifici?
R. L’idea del fondatore era buona perché la distingueva dalle biblioteche istituite presso le Università, frequentate soltanto da coloro che erano legati in qualche modo al mondo accademico. Quell’idea di apertura della struttura a un pubblico più universale e generale è il motivo che mi ha portato, in questi pochi anni di prefettura, ad accelerare la vocazione originaria di aprirsi di più verso l’esterno. Ed ecco quindi che sono stati istituiti anche corsi di Storia del libro offrendo la possibilità, ad esempio agli studenti dei licei, di rendersi conto di che cosa è un Codice, di come viene tramandato, del modo in cui attraverso i manoscritti si arrivi a realizzare un’edizione critica delle opere dei grandi personaggi del passato: Ovidio, Cicerone, Eschilo ecc.
D. Ma in concreto come si realizza un’edizione critica?
R. È una questione tecnica molto complessa. In poche parole, occorre esaminare la tradizione dell'opera prescelta attraverso i testimoni più significativi, siano essi manoscritti o stampati. In concreto, per quanto riguarda gli studenti, vengono accolti i professori di liceo con le loro classi. Assistiti da un nostro esperto, qualificato per questa formazione, compiono anche visite in biblioteca fermandosi in una sala nella quale vengono mostrati e illustrati loro un certo numero di preziosi esemplari. Si crea in questo modo un’affezione per la biblioteca, anche come luogo d’incontro a Milano, per gli studenti delle scuole vicine, i quali, crescendo e frequentando le Università, non dimenticheranno l’Ambrosiana, anzi potranno poi frequentarla con maggiore consapevolezza. E potranno visitare anche la ricca Pinacoteca. L’intenzione, quindi, è quella di sviluppare i rapporti con università e istituzioni culturali milanesi.
D. Accoglie allora visitatori di tutte le categorie ed età?
R. Certamente. Abbiamo preparato visite anche per i bambini, istituendo corsi particolari con guide specializzate che spieghino loro, in modo semplice, il significato delle opere esposte in Pinacoteca. Non solo: abbiamo anche rinnovato l’illuminazione dei quadri esposti con l’uso di led che esaltano in modo mirabile le singole opere, rendendole più godibili.
D. È un’iniziativa che ha ereditato, oppure l’ha voluta lei?
R. Prima non c’era. Per conferire una dimensione più manageriale e moderna alla mia iniziativa ho affidato alla Fondazione Cardinale Federico Borromeo, da me voluta, il compito di gestire le prenotazioni anche on line delle visite alla Pinacoteca e la vendita dei biglietti. La Fondazione ha approvato in pieno questa iniziativa, tanto che poi ha proceduto autonomamente a stipulare numerose convenzioni con enti del turismo, tour operator, agenzie di viaggio, catene alberghiere, e inoltre ha messo a disposizione dei potenziali visitatori una duplice piattaforma informatica, ticket one e best union.
D. Per fargli acquistare i biglietti tramite la rete?
R. Esattamente, e questo ha fatto quasi triplicare il numero dei visitatori. Nello scorso anno abbiamo registrato circa 110 mila visitatori, ma la nostra aspirazione è di arrivare a 300 mila nei prossimi anni. Non disponendo al momento di possibilità finanziarie da investire in campagne pubblicitarie idonee a un grande evento, puntiamo a far conoscere le nostre inziative attraverso internet.
D. Chi vi ha aiutato in questa impresa? Avete degli sponsor?
R. Sì. Attraverso la Fondazione abbiamo trovato alcuni sponsor, in particolar modo l’Ubi Banca, che ci hanno aiutato soprattutto in fase di avvio. Abbiamo mirato alla valorizzazione del nostro patrimonio, anche mediante l'opera di architetti particolarmente esperti in tecniche di illuminazione dei musei e usufruendo della eccezionale sponsorizzazione del Gruppo E.ON. Tuttavia, il punto di partenza dell'intero progetto innovativo è stata la sfascicolatura del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci. Fino alla mia prefettura i 1.119 fogli, di cui esso si compone, erano rilegati in 12 volumi, ossia circa 100 fogli per volume, in grande formato. Tale disposizione dei fogli non forniva però alcun vantaggio se non quello di difendere il patrimonio da eventuali ipotetici ladri. Infatti la grande opera non poteva essere consultata in modo sistematico, affrontando i vari temi trattati nelle centinaia di fogli. Occorreva organizzare qualcosa di diverso: scegliere un argomento e consentire la visione di tutto quanto lo riguardasse, in maniera organica. È ciò che è stato fatto a partire dal 2009, e che si proseguirà fino al 2015. Avendone la possibilità, già esponiamo, di tre mesi in tre mesi, nell’Ambrosiana e nella Sacrestia del Bramante cioè in Santa Maria delle Grazie, 44 fogli organizzati in maniera tematica, e questo vuol dire innanzitutto che siamo entrati in rete. Se si considera che il Refettorio di Santa Maria delle Grazie ospita il famosissimo Cenacolo di Leonardo, si vede come il connubio con gli scritti del Codice risulti finalmente perfetto.
D. Quindi si stanno attuando iniziative per valorizzare al massimo le opere presenti nell’Abrosiana?
R. Certamente. Intendiamo rendere accessibile tutti i giorni il Codice Atlantico alle persone che frequentano Milano per turismo o per affari. Il Centro Congressi della Fiera di Milano riceve milioni di persone; pensiamo cosa significhi per noi essere presenti in esso, come appunto abbiamo intenzione di fare. Però le iniziative sul Codice Atlantico non sono finite. Per l’Expo nel 2015 è previsto l’afflusso di un gran numero di turisti; nell’occasione accanto al Codice dovrebbero essere esposti alcuni dei 234 fogli di Windsor, della Regina d’Inghilterra, con i 600 disegni di Leonardo.
D. Tutti questi sforzi hanno un costo finanziario; come coprite le spese di tante iniziative?
R. La mia idea è di costituire «pacchetti» ben confezionati di opere d’arte perché, grazie alle esposizioni tematiche da noi realizzate, dal 2009 il materiale è ormai scientificamente lavorato e ben presentabile. Offrendo questi «pacchetti» così confezionati per mostre temporanee all’estero, non solo si diffonde la cultura italiana in Europa e nel mondo, ma si ha anche la possibilità di realizzare alcuni proventi necessari a finanziare la nostra istituzione, che deve mantenersi e continuare il restauro di tante preziosissime opere. Ho parlato del Codice Atlantico, ma è presente anche il Codice Resta, che contiene un’antologia di disegni di tutte le scuole italiane: romana, toscana, veneziana, lombarda ecc., dai tempi di Giotto alla fine del 1600. È formato da circa 270 fogli e anch’esso è stato opportunamente sfascicolato per mostrarlo e ci stiamo preparando a un’esposizione a Milano già nel 2012 se vi saranno le condizioni per realizzarla, altrimenti si farà nel 2013. Quello che importa è operare con l’obiettivo di far godere a tutti questi beni, nella maniera migliore possibile.
D. Ha parlato del Codice Atlantico e del Resta, ma l’Ambrosiana non ha anche moltissimi altri tesori?
R. Il suo patrimonio grafico si compone di 36 mila pezzi tra disegni e incisioni. Vi figurano nomi di primissimo piano come Rubens, Durer, Canaletto, ma anche di artisti formatisi nella nostra scuola. Il cardinale Borromeo infatti, dopo aver aperto la Biblioteca al pubblico nel 1609, volle anche la Pinacoteca donando a questa come primo stock le opere della propria galleria. Ma volle che non fosse solo una galleria di quadri da ammirare nel corso di una passeggiata; dovevano stimolare la riflessione, essere mostrati a coloro che avrebbero frequentato le accademie di disegno, pittura, scultura e architettura da lui istituitevi. L’Accademia di Brera nacque nell’Ambrosiana quando Maria Teresa d’Austria, nella seconda metà del 1700, trasferì le accademie in quella località. E abbiamo molte opere di allievi e maestri del passato che dobbiamo valorizzare e mostrare al grande pubblico.
D. Ma chi vi aiuta, in sostanza, dal punto di vista finanziario?
R. Se non si ricevono risorse dallo Stato occorre industriarsi perché conservare le opere d’arte e i tesori costa. Per questo assume un ruolo rilevante l’attività di comunicazione. Ma io ho preferito delegare le attività di tipo commerciale e gestionale alla Fondazione istituita nel 2008, perché ha le competenze per svolgerle. Nel corso degli ultimi 20 anni ho avuto modo di assistere a molte situazioni, e ho compreso che vi sono iniziative utili che vale la pena di realizzare, ma per le quali occorre un’organizzazione adeguata. Nella Pinacoteca, per esempio, sono esposti 400 quadri, ma altri 1.600 sono in magazzino. Viviamo in un Paese quasi soffocato dal possesso di una quantità enorme di beni culturali, ma non si è mai previsto di sfruttare questo patrimonio come una risorsa collegando in modo organico turismo, territorio e cultura. E questo, dal mio punto di vista, è assurdo.
D. Allude anche agli edifici di Pompei che crollano?
R. Anche al fatto che a questa situazione si giunge non tanto perché manchino i fondi, ma perché manca l’organizzazione, manca un progetto globale che metta a frutto in senso economico il patrimonio dei beni culturali, anche per reperire gli introiti necessari alla conservazione e alla fruizione. A tal fine occorrerebbe istituire, per i musei, una duplice competenza, come in altri Paesi. In Germania, per esempio, i musei sono gestiti da manager con formazione economica e commerciale e da curatori con formazione in storia dell’arte. Bisogna distinguere le due competenze e solo dalla loro collaborazione può ottenersi una gestione produttiva per la collettività.
D. Voi state attuando questo tipo di organizzazione?
R. Abbiamo cominciato a farlo, l’abbiamo comunicato a vari ministri succedutisi nel Ministero dei Beni e delle Attività culturali, ma ci si scontra con una tale situazione istituzionale e burocratica che occorrerebbe modificare. Ma per farlo sono necessarie tanta buona volontà e determinazione da parte di politici che non pensino solo ai 5 anni di legislatura, né temano di assumere decisioni impopolari. Fortunatamente siamo aiutati da alcuni sponsor. Nella biblioteca abbiamo un milione di libri, 36 mila manoscritti, 800 mila volumi antichi. Per il patrimonio manoscritto abbiamo un progetto che prevede di digitarne almeno la metà in 10 anni per renderli visibili tramite internet, dietro il pagamento di modesti ticket.

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