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FILIPPO RITONDALE:
GUARDIA DI FINANZA,
UN AUSILIO IN TEMPI
DI DIFFICOLTÀ


Il Gen. D. Filippo Ritondale,
Comandante regionale della
Guardia di Finanza del Lazio

Definita anche
economico-finanziaria,
la Guardia di Finanza
non controlla più soltanto
le entrate finanziarie
pubbliche, ma vigila
sul bilancio dello Stato nella sua interezza:
incassi, spese, libera
concorrenza, aspetti
e distorsioni del mercato, contraffazione
dei marchi, usura ecc.

a crisi economica manifestatasi negli ultimi due anni e tuttora in corso ha sviluppato e posto ulteriormente in luce, in Italia, fenomeni di evasione fiscale, lavoro sommerso, frodi sui finanziamenti pubblici, criminalità organizzata, riciclaggio, contraffazione, usura ecc. Questa situazione e le prospettive non potevano non richiamare l’attenzione delle Istituzioni e soprattutto uno sforzo notevolmente superiore a quello del passato. In prima linea in questa battaglia, o meglio in questa guerra quotidiana, diurna e notturna, figura, fra le forze dell’ordine, il Corpo della Guardia di Finanza, investito di compiti non solo di repressione delle violazioni in materia finanziaria, ma di polizia economica e finanziaria.
Tra le aree più colpite dalla recrudescenza dei reati di natura economica e tributaria figura il Lazio, sia per la presenza di Roma, consistente ormai in una megacittà estesa su una grande area metropolitana comprendente centinaia di Comuni - la sola provincia ne conta oltre 100 -, sia per la vicinanza con l’area campana, da tempo sede di criminalità organizzata. Comandante della Guardia di Finanza del Lazio è il Generale di Divisione Filippo Ritondale, che in questa intervista delinea la situazione nel Lazio e le condizioni in cui la Guardia di Finanza svolge i propri compiti.
Domanda. I compiti della Guardia di Finanza sono cambiati, il Corpo è un nuovo e complesso apparato posto a difesa della società. Un’azione di prevenzione in questo campo richiede una trasformazione di strumenti, competenze, formazione professionale e struttura organizzativa. Come si è attrezzata la moderna Guardia di Finanza?
Risposta. Il Corpo ha avuto un’evoluzione molto lunga, la sua origine risale alla Legione Truppe Leggere del 1774 del Regno piemontese, primo reparto di vigilanza finanziaria sui confini e di difesa militare delle frontiere. Successivamente, nel 1862, fu istituito il Corpo delle Guardie Doganali che nel 1881 assunse il titolo di Corpo della Regia Guardia di Finanza. Nell’ambito di questa nel 1923 nacque la Polizia Tributaria Investigativa, i cui compiti poi vennero definiti dalla legge del 7 gennaio 1929. Via via però i suoi compiti si sono ulteriormente affinati con l’evoluzione subita dal sistema fiscale negli anni 70 del secolo scorso quando, dovendo lo Stato quantificare il reddito effettivo del cittadino, il Corpo si è sempre più specializzato come Polizia tributaria. La sua massima evoluzione si è verificata nel 2001, quando da Polizia dedicata esclusivamente al controllo delle entrate, quindi tributaria, la Guardia di Finanza è stata definita anche economico-finanziaria. Quindi non controlla più soltanto le entrate, ma vigila sul bilancio dello Stato nella sua interezza: entrate, spese, libera concorrenza, aspetti e distorsioni del mercato, contraffazione dei marchi.
D. Come potete seguire tanti compiti?
R. Grazie a una specializzazione spinta, dobbiamo sempre più orientarci verso l’efficienza del sistema attraverso la rimodulazione dei corsi addestrativi, dall’Accademia degli Ufficiali alla Scuola dei Marescialli. Con la nuova normativa i corsi sono cambiati, ma la preparazione continua durante la vita lavorativa con corsi di aggiornamento. Oggi tutti i Comandi regionali usufruiscono moltissimo dei corsi learning ossia a distanza, e in questo modo il Corpo si è adeguato alle reali necessità. Dal 2000 abbiamo competenze pressoché esclusive in materia di controllo della spesa pubblica e del mercato; quanto al notevole fenomeno della contraffazione, tuteliamo le aziende private e il made in Italy vigilando anche affinché dinanzi ai negozi di «firme» italiane non si espongano prodotti contraffatti e risalendo nella filiera della responsabilità.
D. E in merito all’attività di Polizia economico-finanziaria?
R. Ad ogni inizio di anno il ministro dell’Economia e delle Finanze emana una cosiddetta «direttiva strategica» con la quale, oltre ai compiti che abbiamo, indica gli aspetti cui porre ancora più attenzione e sui quali la Guardia di Finanza orienta la propria attività, fermi restando i compiti che già svolge. La scelta di tali obiettivi da parte del ministro non è compiuta in base a criteri astratti, ma nasce dalla collaborazione tra Istituzioni dello Stato, cioè tra il Ministero stesso e la Guardia di Finanza, particolarmente esperta e a conoscenza dei fenomeni anormali che via via si manifestano nella società. In pratica, se crescono ad esempio i casi di evasione fiscale internazionale, la direttiva strategica sensibilizza l’attenzione della Guardia di Finanza su questo fenomeno. Per il 2011 la direttiva ha puntato su evasione ed elusione fiscale nazionale e internazionale, contraffazione, necessità di maggiori controlli, sicurezza e ordine pubblico in conseguenza della situazione cui la crisi economica potrebbe dar luogo. Si tratta di direttive ampie che riflettono lo stato del Paese al momento.
D. Come opera ora la Guardia di Finanza in campo regionale?
R. Ha un vertice a Roma nel Viale XXI Aprile, dove è il Comandante generale assistito da un’organizzazione retta da un capo di Stato maggiore che risponde direttamente al Comandante generale; da entrambi si diramano in ambito nazionale direttive a tutti i settori. Il I Reparto, di cui sono stato Capo fino al 2009 prima di assumere il Comando regionale del Lazio, emana direttive in materia di personale. Il II Reparto è responsabile in campo nazionale di tutta l’attività formativa del Corpo quindi anche dell’«intelligence». Il III Reparto è costituito dalle operazioni, ha un Capo che tratta tutta l’attività operativa del Corpo, compresi il rapporto con il Ministero, l’intensa collaborazione e il forte coordinamento con l’Agenzia delle Entrate. Il IV Reparto è competente in logistica, infrastrutture, mezzi e dotazioni.
D. E in campo locale?
R. L’articolazione riflette un po’ quella dello Stato, ogni Regione ha un proprio Comandante dal quale dipendono i Comandanti provinciali che si avvalgono, nel territorio, di articolazioni ancora più parcellizzate, ossia i Gruppi, le Compagnie, le Tenenze e le Brigate. Poi ogni 3 o 4 regioni sono controllate dal Comandante interregionale, un Generale di Corpo d’Armata. Il Comando interregionale di Nord-Ovest, con sede a Milano, ha tre regioni, Lombardia, Piemonte e Liguria; il Comando di Nord-Est comprende Veneto, Friuli e Trentino; dal Comando interregionale Centro-Settentrionale dipendono Toscana, Emilia e Marche; da quello centrale, Lazio, Sardegna, Umbria e Abruzzo; dal Comando interregionale meridionale, Campania, Puglia, Sicilia e Calabria.
D. Qual’è la progressione nella carriera dopo il Comando regionale?
R. In caso di promozione, un Comandante di Regione potrebbe assumere il grado e il Comando di Generale di Corpo d’Armata e gli verrebbe affidata una delle macroaree esistenti. Dai Comandanti di macroaree viene poi scelto il Comandante generale. Fino a due anni fa il potere politico, ossia il Governo, sceglieva il Comandante Generale della Guardia di Finanza tra i vertici dell’Esercito, ma adesso è scelto all’interno della Guardia di Finanza.
D. È un criterio migliore o era preferibile la provenienza del Comandante Generale da un’altra Arma?
R. Non intendo fornire una risposta diplomatica, ma dico che, come tutte le scelte, anche l’ultimo criterio adottato ha i pro e i contro. Ogni scelta ha vantaggi e svantaggi, altrimenti non sarebbe una scelta ma un gesto obbligato. In un particolare momento e in un particolare contesto tra i vantaggi e gli svantaggi occorre individuare quelli da preferire; una scelta si fa in base alle situazioni del momento. Detto questo, sicuramente il vantaggio derivante da un Comandante Generale scelto all’interno consiste nella sua conoscenza di uomini e situazioni.
D. Per quale motivo la Guardia di Finanza ha sempre scelto il Comandante Generale in un’altra Arma?
R. Quel criterio era seguito non solo dalla Guardia di Finanza, ma anche dai Carabinieri. A differenza di questi, essa non è un’Arma ma un Corpo armato dello Stato, e non dipende dal ministro della Difesa ma da quello delle Finanze. Ma fino a due anni fa i Governi avevano ritenuto che, essendo appunto un Corpo armato e militare, pur dipendendo dal ministro delle Finanze il suo Comandante doveva provenire dall’Esercito. In realtà tecnicamente il motivo era questo: siamo un Corpo fuori dall’Esercito, ma militare e armato.
D. Quale azione svolge il Corpo contro la criminalità organizzata e l’usura nel Lazio e nella Capitale?
R. Il Lazio è una regione particolare; per l’economia, con la Lombardia è la più importante d’Italia, registra il 10-12 per cento del prodotto interno ma è meno omogeneamente organizzata della Lombardia; delle sue 600 mila partite Iva, il più sono concentrate a Roma. La Guardia di Finanza deve adeguarsi a questa realtà, per cui dei 5.200 uomini circa che dipendono da me nel Lazio, circa 3.200 sono solo a Roma.
D. Quale Regione dà più lavoro alla Guardia di Finanza?
R. Ogni Regione ha proprie peculiarità. Per esempio, chi va a comandare in Lombardia sa che la sua azione deve essere molto orientata a contrastare l’evasione e l’elusione fiscale, quindi deve stare particolarmente attento agli aspetti tributari. Chi va in Calabria, sa che deve rivolgere la propria attività soprattutto contro la criminalità organizzata, le infiltrazioni ecc.
D. Qual’è la situazione nel Lazio?
R. È un concentrato, c’è un po’ di tutto. Roma assomiglia alla Lombardia, occorre molta attenzione per l’elusione e l’evasione, ma soprattutto per la spesa pubblica e in particolare per le deleghe che ci assegna la Corte dei Conti nel settore sanitario. Recenti operazioni hanno acceso una luce sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nel tessuto economico laziale. Da «Caffè macchiato», così intitolata per il tentativo non di estorcere denaro ma di imporre un tipo di caffè negli esercizi commerciali laziali, si è arrivati a scoprire una filiera di malavita organizzata infiltratasi nel tessuto economico romano; partendo da una singola operazione abbiamo confiscato 43 aziende, 248 milioni di euro tra immobili e aziende e 896 immobili.
D. Quale strategia userebbe per debellare la criminalità organizzata?
R. Sono ottimista nella misura in cui consistenti risultati sono stati raggiunti rispetto agli anni 70-80 contrassegnati da stragi e omicidi; gran parte dei capi storici reclusi sono assoggettati al regime carcerario previsto all’articolo 41 bis, ossia isolamento totale e controlli costanti; si è riusciti ad arrestarli, ma l’organizzazione cerca di continuare. Distinguerei fra criminalità comune e organizzata. Mafia, ‘ndrangheta e camorra hanno ognuna una strategia e vanno combattute in modi diversi. È fondamentale cominciare dalle scuole per far capire già ai ragazzi. Per la Sicilia lo intuì già il prefetto Alberto Dalla Chiesa. Se il tessuto sociale è dalla parte più della criminalità che dello Stato, l’azione è più difficile. In secondo luogo vanno evitate le patologie del sistema sociale nell’ambito della Pubblica Amministrazione. Occorre una netta e assoluta separazione fra correttezza e lealtà istituzionale e corruzione sia politica che amministrativa. Per togliere aria all’organizzazione criminale bisogna operare su più livelli.
D. È vero che le donne sono le vere protagoniste di queste organizzazioni malavitose?
R. Nel Lazio non abbiamo rilevato questo. In campo nazionale qualcosa c’è. Una probabile spiegazione è questa. Se tutti i capi sono più o meno in prigione, in alcuni casi le mogli hanno assunto le redini dell’organizzazione. Forse per la situazione economica nel Lazio stanno aumentando i casi di usura. Se la crisi porta le famiglie ad aver bisogno di credito e le banche non possono erogarlo, viene chiesto ad altri. Rispetto a 30-40 anni, in luogo del singolo usuraio si stanno creando forme di organizzazione nascoste dietro finanziarie; anche in questo campo la criminalità organizzata sta prendendo piede ed è necessario che qualcuno lo denunci.
D. Ci sono nel Lazio persone che hanno il coraggio di denunciare?
R. Abbiamo ottenuto ottimi risultati anche grazie alla collaborazione delle vittime; l’usura cresce e allarma, ma nel Lazio stiamo seguendo il fenomeno con sempre maggiore frequenza.
D. Vi aiuta la tecnologia, anche se viene usata da molti per compiere illegalità?
R. Distinguerei i vari settori di intervento della Guardia di Finanza. Per inquadrare soggetti, aziende, criminali, l’informatica ha fatto passi da gigante e le banche-dati ci aiutano moltissimo nelle investigazioni di polizia giudiziaria, fornendoci possibilità di immediato riscontro. Quanto al timore di essere intercettati telefonicamente, è necessario essere consapevoli di un uso legittimo delle tecnologie per aiutare a contrastare il malaffare, non per farne un uso distorto. La vita privata e quanto non ha rilevanza penale non dovrebbero essere oggetto di pubblicazione da parte dei mass media. Sta poi alla professionalità di chi vi lavora tutelare questi aspetti.
D. Che cosa per lei è motivo di orgoglio personale nel suo lavoro?
R. Essere riuscito a superare momenti duri, poterli rileggere come fatti passati e pensare che sono riuscito a superarli. Ricordo i sacrifici affrontati quando comandavo la Compagnia di Torre Annunziata negli anni in cui il contrabbando di sigarette avveniva nel Golfo; le notti trascorse a contrastare gli scafi di contrabbandieri che sbarcavano in Via Caracciolo a Napoli, la guerra nella città. Non avevamo i telefonini per avvertire la famiglia, si rientrava a casa dopo due giorni. Altri sacrifici in altre città, quando con mia moglie e le bambine fui catapultato da Torre Annunziata a Milano, da un mondo all’altro, cercando casa a Vigevano perché il patrimonio alloggiativo del Corpo non era disponibile. Vivevo del mio stipendio, mia moglie ancora non lavorava, tutte le mattine alle 5 e mezza salivo in treno per recarmi a lavorare a Milano, lasciando l’auto a mia moglie per l’asilo e la spesa.
D. E invece da quando ha questo ruolo di Comandante regionale del Lazio?
R. Purtroppo il Comandante regionale del Lazio è lontano dall'operatività. Più si sale di grado, più ci si allontana dall’operatività. Ma il mio motivo di orgoglio è avere una squadra di persone molto competenti che in questi anni turbolenti riescono a mantenere nel Lazio un alto grado di correttezza e di legalità.

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