TERRORISMO
La minaccia
della
pirateria
terroristica
di Antonio Marini
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La minaccia
della
pirateria
terroristica
«In questi ultimi anni
si è registrato un aumento
di casi assimilabili
ad attentati terroristici
in mare, molti dei quali
direttamente connessi
ad Al Qaeda e agli affiliati
del network jihadista,
che lascia pensare
alla nascita di quello cheè un fenomeno nuovo:
la pirateria terroristica»
n questi ultimi anni abbiamo assistito con incredulità al ritorno di un fenomeno che credevamo ormai sepolto nella storia: quello della pirateria marittima. Le prime avvisaglie si sono avvertite durante la rivoluzione somala all'inizio degli anni 90, ma è solo dal 2008 che si è registrato un incremento esponenziale di tale fenomeno, in particolare nell'area del Corno d'Africa prospiciente le coste della Somalia, che ha destato forte preoccupazione. Con varie Risoluzioni lo stesso Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nel qualificare il fenomeno come «minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale», ha invitato gli Stati da una parte ad adottare misure protettive per garantire la sicurezza delle rotte commerciali, dall'altra a contrastare con maggiore efficacia tale fenomeno, prevedendo l'invio di unità militari nella zona.
Questo anche perché in questo Paese dilaniato da una lunga guerra civile si sono radicate formazioni terroristiche riconducibili all'integralismo islamico tra cui Al Qaeda, che risulta avervi stabilito proprie basi e propri campi di addestramento. Secondo alcuni analisti, alcuni dei pirati che agiscono in questa zona sono collegati, se non addirittura appartenenti, a queste formazioni alle quali sono in grado di devolvere parte dei riscatti pagati per riottenere la liberazione delle navi e delle persone dell'equipaggio catturate.
I fatti più recenti attestano la sempre maggiore spregiudicatezza di tali gruppi di pirati, le cui imprese mostrano un crescente grado di sofisticazione che lascia intravedere un preoccupante sviluppo delle capacità militari, come già ebbe a sottolineare in un'intervista televisiva rilasciata alla CNN l'ammiraglio Giovanni Gumiero, che a bordo del cacciatorpediniere «De la Penne» ha diretto la missione atlantica «Standing Nato Maritime Group 2» in quella zona fino al 15 dicembre 2008. Le formazioni dei pirati risultano principalmente situate nel Puntland, che corrisponde all'ex Somalia britannica, ma si temono collegamenti con elementi del network jihadista del terrore residenti in varie zone del Corno d'Africa.
Ora, anche se pirateria e terrorismo sono fenomeni diversi (la pirateria è, infatti, un atto criminale di depredazione legato ad interessi economici, mentre il terrorismo è sempre un atto con finalità politiche), non si può escludere che alcuni di questi pirati agiscano in nome e per conto di cellule jihadiste, collegate ad organizzazioni terroristiche transnazionali come Al Qaeda. Né si può escludere che l'aggressività con cui i terroristi agiscono, attraverso le stragi, possa confluire massicciamente nella pirateria. Sta di fatto che in questi ultimi anni si è registrato un aumento di casi assimilabili ad attentati terroristici in mare, molti dei quali direttamente connessi ad Al Qaeda e agli affiliati del network jihadista, che lascia pensare alla nascita di un fenomeno nuovo: la pirateria terroristica.
Uno studio della Rand Corporation offre interessanti spunti di riflessione su questa sorta di osmosi tra pirateria e terrorismo. Dai dati reperiti risulta che la pirateria, in certi casi, è stata e continua ad essere propedeutica alla formazione delle organizzazioni terroristiche che operano sul mare che, non essendo controllato quanto gli aeroporti e le città, lascia liberi ai terroristi spazi inesplorati. Si è detto che gli attentati commessi dai pirati nello Sri Lanka, nelle Filippine e in Nigeria sono esercizi di pirateria terroristica finalizzati a mettere a punto scenari più ambiziosi nel prossimo futuro.
Il passaggio tra le due manifestazioni criminali evidentemente non è automatico, ma può avvenire con più semplicità laddove è forte la presenza di ideologie politiche o religiose violente, e dove esiste un substrato culturale che ne faciliti l'affermazione e il riconoscimento. Pertanto alcune formazioni piratesche possono ben recepire lusinghieri richiami ad operare anche sul terreno della violenza politica. Tali formazioni, quando non direttamente convertite al terrorismo, possono essere anche un luogo specializzato di addestramento o di reclutamento, permettendo alle organizzazioni terroristiche di acquistare capacità di operare anche nell'ambiente marino.
Insomma, per i gruppi terroristici esistono valide ragioni per interessarsi alla criminalità piratesca. A questo riguardo non può essere ignorato l'allarme lanciato dall'onorevole Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea dei trasporti, il quale, dopo aver ricordato che la Commissione lancerà uno studio per meglio comprendere i flussi finanziari associati al fenomeno della pirateria sui mari, ha ammonito a non abbassare mai il livello di guardia nella lotta al terrorismo, sottolineando che ogni sospetto deve essere valutato attentamente, mettendo in campo tutte le azioni idonee ad impedire che il terrorismo possa eventualmente usufruire dell'aiuto e del sostegno organizzativo ed economico di organizzazioni criminali come quelle dei pirati.
Come ha avuto modo di rilevare il sottosegretario degli Affari Esteri onorevole Alfredo Mantica, siamo di fronte a un fenomeno molto complesso che affonda le radici in una realtà instabile dal punto di vista politico ed estremamente povera, caratterizzata dall'assenza pressoché assoluta di controllo statale. Per questo l'Italia ha sottolineato, sia nell'ambito delle Nazioni Unite ed in particolare del Gruppo di Contatto per la lotta alla pirateria al largo delle Coste Somale, sia nell'ambito Unione Europea e della Nato, che bisogna puntare su un metodo onnicomprensivo: mentre si curano gli effetti occorre, in altri termini, non trascurare di operare sulle cause di fondo, tagliare alla base i profitti derivanti dalla pirateria, combattere l'impunità con strumenti giuridici adeguati, varare piani di sostegno e di riconversione che consentano agli abitanti delle coste somale di intravvedere alternative al reclutamento da parte delle reti criminali.
Antonio Marini
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