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CONTRO LO STRESS DA LAVORO
IL BENESSERE ORGANIZZATIVO


a cura di
PAOLO RUSSO

 

Presto per le aziende pubbliche
e private sarà un obbligo misurare
lo «stress da lavoro correlato»

Il primo gennaio 2011
entrerà in vigore l’obbligo,
per aziende pubbliche
e private, di misurare lo stress
da lavoro e di contrastarlo
migliorando le condizioni
dei dipendenti.
Studi europei mostrano
il fenomeno in crescita:
i lavoratori stressati
si assentano di più,
facendo perdere alle imprese
20 miliardi di euro l’anno.
In Italia Asl e ospedali
sono pronti a promuovere
il «benessere organizzativo»

IL primo gennaio prossimo entrerà in vigore l’obbligo per aziende pubbliche e private di misurare lo «stress da lavoro correlato» e di contrastare il fenomeno migliorando le condizioni dei dipendenti. Gli studi europei parlano chiaro: questo fenomeno è in crescita e i lavoratori stressati si assentano di più, facendo perdere alle imprese 20 miliardi di euro l’anno. In Italia la sanità è pronta a fare da apripista per promuovere il «benessere organizzativo» nelle Asl e negli ospedali.
Claudio Ranieri, l’allenatore della squadra di calcio Roma, docet. Basta prendere uno «spogliatoio» demotivato e fuori sintonia, inserirvi un elemento capace di rifare «gruppo» convincendo la squadra ad adottare obiettivi anche ambiziosi, ed ecco spiegato in buona misura l’exploit della Roma Calcio, giunta in pochi mesi dai bassifondi della classifica a sfiorare con un dito lo scudetto.
A leggere i dati di numerosi studi internazionali sulla produttività negli ambienti lavorativi salubri e stimolanti, la parabola calcistica sembra calzare a pennello anche per uffici, fabbriche, aziende sanitarie e ambienti di lavoro vari. Dove il primo agosto scorso è scattata la disposizione contenuta nel decreto legislativo n. 81 del 2008, attuativo della legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, che obbliga le aziende pubbliche e private a rilevare lo «stress da lavoro correlato».
Che si traduce in ambienti di lavoro poco salubri, capi che ignorano cosa significhi far partecipare agli obiettivi il personale e infondergli motivazioni, ma anche in fattori esterni all’ambiente di lavoro come la malattia di un familiare o una situazione economica difficile, che possono condizionare negativamente i risultati del lavoro. Inizialmente fissato per il 31 dicembre 2008, l’obbligo è stato da ultimo prorogato al 31 dicembre 2010 con il decreto correttivo del 5 agosto 2009. Ma ad armarsi contro lo stress lavoro-correlato non sarà solo l’Italia, che altro non ha fatto se non recepire uno specifico accordo europeo in materia, siglato nel 2008 dal sindacato e dalla Confindustria europei.
«Lo stress–si legge in esso–, è una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale, ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste e alle aspettative rivolte loro». «Contrastare lo stress sul posto di lavoro–esorta l’Europa–, permette anche di ridurre i costi, perché spesso si traduce in bassa produttività, ore di lavoro perdute e aumento delle assenze per malattia».

La normativa italiana che recepisce l’accordo europeo
per la lotta allo stress da lavoro correlato

L’articolo 28 del decreto legislativo n. 81 del 2008, che è poi il Testo Unico della sicurezza sul lavoro, trattando dell’«oggetto della valutazione del rischio», nel comma 1 specifica che devono essere valutati tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, tra cui quelli collegati allo stress lavoro-correlato. E lo stesso decreto, nell’articolo 32 comma 2, recita che «per lo svolgimento della funzione di responsabile del servizio di prevenzione e protezione è necessario possedere un attestato di frequenza, con verifica dell’apprendimento, a specifici corsi di formazione in materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e da stress di lavoro correlato». Dunque gli strumenti legislativi ci sono e dal primo agosto dalle norme scritte si deve passare ai fatti per contrastare quella che recenti studi internazionali descrivono come una vera piaga psico-sociale.

In europa oltre il 50 per cento delle assenze per malattia
sono di lavoratori «stressati»

Lo stress, dicono le statistiche, interessa quasi un lavoratore europeo su quattro, ed è il secondo problema di salute legato all’attività lavorativa. Il numero di persone che soffrono di stress da lavoro correlato è destinato ad aumentare, assicurano gli esperti, ma già oggi i danni di natura economica sono quanto mai ingenti. Nel 2002, ultimo dato disponibile, il costo economico dello stress legato al lavoro negli allora 15 Paesi dell’Unione Europea era di ben 20 miliardi di euro, e sempre alla stessa causa andrebbero attribuite tra il 50 e il 60 per cento di tutte le giornate di malattia riscontrate nei luoghi di lavoro pubblici e privati.
I motivi che possono provocare il «corto circuito psicologico» in fabbrica o in ufficio sono molteplici. Ma gli esperti dell’Ispesl, l’istituto che si occupa di prevenzione e sicurezza sul lavoro, indicano sei principali cause: 1) innovazioni apportate alla progettazione, all’organizzazione e alla gestione del lavoro; 2) precarietà del lavoro stesso; 3) aumento dei carichi e dei ritmi dell’attività lavorativa; 4) elevate pressioni emotive esercitate sui lavoratori; 5) violenze e molestie di natura psicologica; 6) scarso equilibrio tra lavoro e vita privata. Tutti fattori che possono portare a seri problemi di natura mentale e fisica.
Ed è per questo che lo stesso Ispesl ha proposto nel 2007, a tutti i centri clinici pubblici del Servizio Sanitario Nazionale, di costituire un «Network nazionale per la prevenzione del disagio psicosociale nei luoghi di lavoro», per fronteggiare lo stress oltre al mobbing, che spesso ne è una causa diretta. Una rete che condivide il protocollo diagnostico e la procedura operativa che, con il consenso del lavoratore «stressato» o «mobbizzato», coinvolge l’impresa tramite il medico competente e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Il tutto per promuovere quel «benessere organizzativo» in grado di migliorare i risultati dei lavoratori e offrire prodotti e servizi migliori a chi dell’azienda «ben organizzata» è cliente.

La sanità farà da apripista nella lotta
allo stress da lavoro-correlato

Un vantaggio che assume un valore speciale nei settori più delicati come quello della sanità. «In ospedale o in ambulatorio è comprovato che i sanitari sottoposti a maggior stress da lavoro correlato commettono anche più errori clinici», spiega Giancarlo Sassoli del Collegio sindacale della Fiaso, Federazione italiana di Asl e Ospedali. E proprio la sanità, grazie alla Fiaso, avvierà la sperimentazione del decreto con la costituzione di un Laboratorio di ricerca su quello che i tecnici hanno ribattezzato il «benessere organizzativo», ma che in termini più prosaici significa lavorare in un ambiente umano e fisico più favorevole.
In tutto 11 aziende sanitarie e ospedaliere partiranno dalle esperienze già maturate sul campo per definire linee guida che consentano al vasto universo della sanità pubblica non solo di rilevare entità e cause dello stress da lavoro, ma soprattutto di attuare quanto necessario per rimuoverle. Sono Ausl 12 Versilia, Asl Cn 2 Alba-Bra, Ulss 3 Bassano del Grappa, Apss Trento, Policlinico San Martino di Genova, Ausl Bologna, Ausl Rimini, Policlinico di Modena, Asl Roma E, Asl Matera, Policlinico Giaccone di Palermo.
Che il gioco valga la candela lo dicono studi nazionali e internazionali in materia. Secondo l’indagine dell’International Personal Management, pubblicata dal Financial Times, la «riorganizzazione del benessere aziendale» genera un miglioramento del 30 per cento delle prestazioni individuali e l’allineamento del personale al 100 per cento degli obiettivi. Il Rapporto dell’Asfor, l’Associazione per la formazione manageriale, sulla formazione manageriale dice che il 27,5 per cento delle aziende italiane forma il proprio management per migliorare il benessere lavorativo e la produttività dei dipendenti. E i risultati si vedono perché, migliorando il «clima interno», la produttività cresce di oltre il 27 per cento e, quel che forse più conta, l’indice di gradimento dei clienti sale di ben 47 punti percentuali. Dati che trovano riscontro nell’Asl Cuneo 2, all’avanguardia nella lotta allo stress lavorativo.
«Migliorando le condizioni di lavoro di medici, infermieri, tecnici e amministrativi, ci siamo piazzati nel secondo posto nella classifica delle aziende con minor tasso di assenteismo», dichiara Giovanni Monchiero, presidente della Fiaso e direttore generale dell’Asl cuneese. Del resto saranno proprio le Asl Cuneo 2 e «12» della Versilia diretta da Sassoli a coordinare il Laboratorio Fiaso sul Benessere organizzativo in sanità. «In queste aziende–spiega Sassoli–si sono creati, nelle strutture di psicologia, gruppi di ascolto per i dipendenti in difficoltà lavorativa, offrendo loro un sostegno che non è solo psicologico. I nuovi assunti hanno un proprio tutor responsabile della loro formazione e sono stati avviati corsi formativi per capi Dipartimento, responsabili di Struttura complessa, capo sala e altri profili dirigenziali per sviluppare competenze direzionali, come la motivazione del personale, l’adesione agli obiettivi, la soluzione di situazioni conflittuali».
Ora i direttori generali delle 11 Aziende che hanno aderito al Laboratorio, insieme a psicologi, medici del lavoro, responsabili della sicurezza e del lavoro, studieranno come tradurre le esperienze acquisite in linee guida da sperimentare nelle Aziende coinvolte nello studio, per poi estenderle a tutto il territorio nazionale. Con l’obiettivo di abbattere insieme stress ed errori clinici.

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