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RAFFAELE FITTO: AVANTI IL FEDERALISMO, CON LE NUOVE GENERAZIONI

A cura di
ROMINA CIUFFA

 

Raffaele Fitto, ministro
per i Rapporti con le Regioni


«roprio la mia esperienza di presidente della Regione Puglia mi ha convinto del fatto che sia indispensabile una specifica riforma che comporti maggiore responsabilizzazione degli amministratori e migliore qualità della spesa pubblica nel quadro dei provvedimenti messi in cantiere dal Governo, tra cui quello sul federalismo fiscale. In particolare–aggiunge il ministro per i Rapporti con le Regioni e per la Coesione territoriale Raffaele Fitto–proprio tale esperienza mi conferma che siamo di fronte a scelte necessariamente strutturali, che implichino un profondo cambiamento rispetto a quanto si stia facendo e si sia fatto. Il Sud sarà il primo beneficiario del federalismo che non è contro una parte del Paese, ma può dare un contributo decisivo alla sua coesione».
Nato a Maglie in provincia di Lecce e laureato in Giurisprudenza alll’Università di Bari, Raffaele Fitto fu eletto consigliere regionale nel maggio 1990 e ricoprì la carica di assessore al Turismo della Puglia; nel 1995 fu rieletto consigliere regionale assumendo la carica di vicepresidente con delega al Bilancio. Quattro anni dopo fu eletto al Parlamento europeo facendo parte della Commissione parlamentare per la Politica regionale, i Trasporti e il Turismo. Nel 2000 fu eletto presidente della stessa Regione Puglia che, sotto la sua guida, conseguì il risanamento finanziario, il consolidamento dei debiti e la riduzione della pressione fiscale. Fu eletto deputato nel 2006 e rieletto nel maggio del 2008, assumendo la carica di ministro per i Rapporti con le Regioni.
Domanda. Quali ritiene le iniziative più significative della sua passata Presidenza alla Regione Puglia?
Risposta. All’epoca decisi di riorganizzare la rete ospedaliera; l’iniziativa fece discutere molto e forse è stata una delle cause di un risultato elettorale non positivo. È chiaro che, quando si toccano interessi consolidati, si va incontro a un certo tipo di reazione. Eppure penso che questo sia l’obiettivo principale, visto che la sanità assorbe dall’80 all’84 per cento delle risorse finanziarie di ogni Regione, per cui razionalizzare la spesa e migliorare l’efficienza della sanità costituisce una scelta prioritaria sicuramente per alcune Regioni meridionali. L’esperienza di Governatore mi ha consentito di portare in pareggio il bilancio 2005 della Regione Puglia, fatto unico nel contesto del Sud. Vista la situazione delle altre Regioni nell’ambito della sanità e l’importanza che questo settore rappresenta, ritengo che quell’esperienza vada ripetuta.
D. Ha incontrato le resistenze di amministratori e dirigenti?
R. Certamente ma in materia di responsabilizzazione degli amministratori emerge anche il problema del rinnovamento della classe dirigente; il federalismo introduce appunto questo criterio fondamentale, perché punta ad instaurare un sistema profondamente diverso da quello che fino ad oggi ha regolato il funzionamento della Pubblica Amministrazione e prospetta nuovi scenari che, secondo me, vanno accolti in modo adeguato nell’ambito delle novità che questa importante riforma comporta. Si apre una fase completamente nuova, non riguardante solamente le autonomie locali e le Regioni ma il Governo del Paese, e per questo c’è da lavorare molto intensamente. In questa fase di cambiamenti, le nuove generazioni possono dare un contributo notevole perché serve un approccio non tradizionale per sapersi confrontare all’interno di una visione politica moderna.
D. Quali soluzioni vigono negli altri Paesi europei?
R. Ogni Stato ha modelli organizzativi e istituzionali autonomi e differenti, con varie sfaccettature. Tra tutti forse quello che ha raggiunto risultati migliori è il modello tedesco, che ha consentito di realizzare una valida politica di coesione da prendere come esempio. Il recupero della Germania dell’Est dopo la caduta del Muro di Berlino e l’unificazione forniscono soluzioni auspicabili per quanto ci riguarda. Lo Stato tedesco è un modello a cui fare riferimento proprio per la capacità che ha avuto di attuare un valido progetto di coesione e integrazione tra due aree del Paese molto diverse tra di loro in termini di sviluppo. Un modello di amministrazione dello Stato al quale l’Italia può rifarsi anche per quanto riguarda l’efficacia dell’utilizzo delle risorse comunitarie. Per adottarlo, occorrono una riforma istituzionale ma anche la soluzione delle differenze tra il Nord e il Sud.
D. E negli altri Paesi?
R. Esistono formule diverse, secondo le realtà locali. La Spagna, per esempio, ha ragioni storiche particolari, proviene da una dittatura piuttosto recente, presenta un contesto diverso rispetto agli altri Paesi, la sua crescita in questi ultimi anni si è inserita in condizioni molto più difficili rispetto a quella degli altri; c’è stata, ma permangono notevoli problemi. Per quanto riguarda l’uso dei Fondi comunitari, anche la Spagna rappresenta un modello, ma la linea che ha attuato è stata una decisa politica di ricentralizzazione, il Governo ha svolto un’azione energica e questo è sicuramente motivo di riflessione anche per il nostro Paese. È chiaro comunque che ogni modello istituzionale va calibrato sulla realtà di quel determinato territorio. Io penso che l’Italia debba guardare ad altre esperienze positive, ma tenendo conto soprattutto del proprio contesto.
D. Quale oggi il bilancio dell’attività di Governo?
R. Abbiamo attivato un cambiamento che ha visto, nell’introduzione del federalismo fiscale e del Codice delle autonomie, due pilastri fondamentali; ora dobbiamo completarlo inserendolo in una cornice più ampia, quindi con la modifica della Costituzione e la definizione delle competenze, superando l’attuale bicameralismo perfetto di una Camera e un Senato che svolgono la stessa attività. L’introduzione del Senato delle Regioni, come in altri Paesi, può essere uno strumento di raccordo fra il sistema locale regionale e quello governativo centrale.
D. Quale azione ha svolto in particolare il suo Ministero?
R. Nell’ambito dell’azione governativa in questi due anni ha avuto un ruolo rilevante. Nella Conferenza Stato-Regioni, attraverso un’intesa con il sistema delle Regioni, delle Province e dei Comuni, abbiamo definito i principali provvedimenti del Governo: il testo della legge sul federalismo fiscale proposto dal ministro Roberto Calderoli; l’accordo sugli ammortizzatori sociali, che ha stabilito una garanzia a favore di tanti lavoratori che hanno rischiato e rischiano di perdere il posto di lavoro; il tentativo, sia pure non perfettamente riuscito dal punto di vista dei contenuti per le Regioni, di accordo sul Piano Casa, idea lanciata dal presidente Silvio Berlusconi; l’intesa sul nuovo Patto per la salute per la definizione della spesa dei prossimi anni; non ultimo l’acceso confronto sulla manovra economica.
D. Come giudica quest’ultima?
R. La manovra è indispensabile per fare in modo che in autunno ci possano essere condizioni diverse. Sulla sua validità abbiamo ottenuto vari riconoscimenti anche da parte di organismi europei. Appena insediatosi nel 2008, il Governo ha avuto la lungimiranza di varare una prima manovra che oggi ci ha agevolato non poco perché quella attuale si inserisce nello stesso impianto e ha un solo obiettivo, la riduzione della spesa pubblica, da cui è derivato il problema centrale, il confronto con Regioni, Province e Comuni che, dopo una fase abbastanza dura, si è concluso positivamente. Con i Comuni in particolare abbiamo sottoscritto l’impegno di varare entro agosto il decreto di attuazione del federalismo fiscale; da parte delle Regioni è rimasta invece una posizione di sostanziale non condivisione, perché queste hanno sostenuto che la manovra era eccessivamente penalizzante nei loro confronti.
D. Cosa ha risposto il Governo?
R. Che dobbiamo intervenire in modo adeguato in tutti questi livelli di spesa; abbiamo confermato alle Regioni l’attribuzione, decisa nei mesi scorsi, di 4 miliardi di euro in più per la sanità. Poiché il taglio esclude completamente il Fondo sanitario nazionale, la somma destinata alla sanità supera i 106 miliardi di euro rispetto a un finanziamento complessivo che il Governo assicura alle Regioni di circa 170 miliardi di euro. Dobbiamo accertare i comportamenti virtuosi delle Regioni. Non si può consentire ad esse di continuare ad aumentare il deficit nella sanità senza intervenire sulla struttura e sulle organizzazioni sanitarie. Una Regione che s’indebita nella sanità, che non adotta un piano di riorganizzazione della rete ospedaliera, che prosegue con le vecchie logiche non è virtuosa. Dobbiamo stimolare comportamenti virtuosi anche nel trasporto pubblico locale e nell’assunzione del personale.
D. Quali sono i prossimi passi?
R. Approvata la manovra, il programma del Governo prevede la definizione di un accordo per stabilire con le Regioni le modalità dei tagli, verificando se esistono servizi ai cittadini non realizzabili in modo diverso. Ritengo vi siano le condizioni per attuare i tagli riducendo gli sprechi e le spese in altri momenti sopportabili, ma non in questa fase così difficile dal punto di vista economico. È chiaro che non è semplice, ma ognuno deve assumersi le proprie responsabilità, e come fa il Governo s’impegnino a fare anche Regioni, Province e Comuni. Tutti devono partecipare al superamento di un evento complesso per il nostro Paese. Manovre anche più pesanti sono state adottate da tutti i Paesi europei.
D. Quali programmi ha nei due settori di competenza che le ha delegato il Governo?
R. Lavorare intensamente perché sono disponibili ingenti risorse, molte delle quali, secondo una verifica svolta nelle scorse settimane, non sono state utilizzate o non hanno prodotto effetti positivi. Una delle cause, a mio parere, è l’eccessiva frammentazione esistente nel loro impiego; semplificare gli interventi, trasformare quelli piccoli in grandi e strategici è l’obiettivo principale che vogliamo realizzare. Penso all’Alta Velocità ferroviaria che non si riesce a ultimare, mentre si spende per piccoli interventi. In generale, per la realizzazione delle infrastrutture vanno stabilite delle priorità, tenendo conto che esistono anche differenti situazioni regionali, il che richiede di verificare l’impiego di queste risorse.
D. Quali sono i settori prioritari?
R. Certamente non possiamo continuare a spendere milioni di euro, tra Fas e Fondi europei, in mille piccoli interventi senza realizzare interventi fondamentali e strategici. Il campo di azione principale è costituito dalla viabilità, ma anche dal sistema portuale e dalle infrastrutture in generale, di cui oggi c’è grande bisogno perché collegano i vari territori al contesto nazionale, europeo e mondiale.
D. Ci sono le risorse finanziarie necessarie?
R. Le somme a disposizione dei Fas e dei Fondi europei sono molto consistenti; complessivamente, tra programmi nazionali e regionali, si aggirano sui 100 miliardi di euro; vanno ripartite tra Regioni e tra settori, per cui bisogna intervenire sul meccanismo esistente per modificare le modalità di intervento. Dare più fondi al Sud, senza una specifica finalità d’insieme, non è stata una scelta positiva; le risorse vanno erogate sulla base dei comportamenti, quindi esattamente il contrario di quanto è accaduto sinora. La loro quantità va collegata obbligatoriamente alla qualità del loro uso; questo è il fattore fondamentale che fino ad oggi ha determinato la differenza fra il Nord e il Sud, differenza che dobbiamo gradualmente eliminare per cambiare l’assetto territoriale e contribuire allo sviluppo di una parte del Paese.
D. Quali provvedimenti avete in cantiere?
R. Al momento stiamo eseguendo una ricognizione sul precedente utilizzo delle risorse e presto avvieremo una riorganizzazione del settore. Credo che la maggior parte dei cittadini del Mezzogiorno condivida questa logica. Il contrasto Nord-Sud in alcuni casi è dovuto alla presenza di classi dirigenti non adatte alle esigenze del territorio; nel Nord spesso si registra una reazione eccessiva, che talvolta ha una giustificazione nei fatti. Sono molto fiducioso nel lavoro che stiamo compiendo; ho avviato incontri con ogni singola Regione per avere il quadro chiaro e completo di ciascuna rispetto ai fondi impiegati e, sulla base di questa ricognizione, ricalibrare le risorse nel modo più adeguato possibile.

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