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Iniziativa economica privata

DIRITTI IN
CONTROLUCE

 

di MASSIMILIANO DONA
segretario generale
dell’unione nazionale
consumatori



Il consumatore non è
nominato nella Carta
costituzionale perché nel 1947
gli ordinamenti
continentali non
gli riservavano
autonoma considerazione.
Eppure Adam Smith,
padre della moderna
scienza economica, aveva dichiarato nel 1776,
ne «La ricchezza delle
nazioni», che il consumo è l’unico fine della produzione e gli interessi del produttore vanno tenuti in conto solo se servono a promuovere
quelli del consumatore


« iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali». È quanto si legge nell’art. 41 della Costituzione della Repubblica italiana, in questi ultimi tempi finito al centro di un acceso dibattito scatenato dalla proposta di modificarlo formulata dal ministro dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti.
Affinché il nostro mercato possa dirsi davvero competitivo a livello europeo - e ad insegnarmelo è anche l’esperienza che ho di recente intrapreso come rappresentante dei consumatori italiani nel Gruppo Consultivo Europeo per i consumatori (ECCG) -, non si può e non si deve trascurare la rilevanza di tale disposizione costituzionale, che ricorda perentoriamente come la libertà di impresa non debba in nessun modo travalicare il rispetto nei confronti dell’individuo.
In controluce ritengo che vi si possano leggere i diritti dei consumatori, quella controparte naturale del mondo imprenditoriale le cui esistenze, al giorno d’oggi, non possono pienamente dirsi (per usare proprio le parole scritte nella Costituzione) «sicure», «libere» e «dignitose». Mi spiego: la crescente presenza sul mercato italiano di prodotti e servizi spesso privi dei seppur minimi requisiti di sicurezza (anche a causa degli scarsi controlli che vengono attuati dal nostro sistema di sorveglianza), l’ampio diffondersi di pratiche commerciali scorrette, ingannevoli ed aggressive (certificato dai continui interventi dell’Antitrust, Autorità garante della concorrenza e del mercato), la reiterata escalation dei prezzi e delle tariffe, spesso ormai fin troppo svincolate dai reali costi di produzione, sono tutti inequivocabili segnali di un triste decadimento dei valori indicati dal sopracitato articolo della Costituzione italiana.
Se il consumatore non è mai nominato nella nostra Carta costituzionale è per il fatto che nel 1947 questi non era ancora un soggetto cui gli ordinamenti continentali riconoscevano un’autonoma considerazione. Eppure Adam Smith, da più parti considerato il padre della moderna scienza economica, aveva già dichiarato nel lontano 1776, nella sua «Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni» (comunemente conosciuta come «La ricchezza delle nazioni»), che «il consumo è l’unico fine e l’unico proposito della produzione. E gli interessi del produttore debbono essere tenuti in conto, solo nella misura in cui servono a promuovere quelli del consumatore». Dunque, già quasi tre secoli fa c’era chi - come il filosofo ed economista scozzese - aveva intuito la centralità del consumatore nel mercato, pur senza un adeguato seguito nel vedergli riconosciuta la considerazione che gli spetta.
Del resto neppure i Trattati di Roma firmati nel 1957 (che diedero vita alla CEE, Comunità Economica Europea) pur citandolo incidentalmente, dedicavano al consumatore l’attenzione che oggi gli è invece riconosciuta nella moderna Unione Europea. Ma questa evoluzione deve indicare che è davvero giunto il momento di riformulare anche l’art. 41 della Costituzione italiana nella prospettiva di un espresso riconoscimento della figura del consumatore quale titolare dei diritti fondamentali che già gli sono riconosciuti dall’art. 2, comma 2, del Codice del consumo italiano (decreto legislativo n. 205 del 2006).
La nostra Unione Nazionale Consumatori ha già presentato questa formale proposta di modifica al Capo dello Stato, ai presidenti della Camera e del Senato della Repubblica, al presidente del Consiglio dei ministri, e intende raccogliere intorno a questa richiesta la più ampia mobilitazione possibile di giuristi, di economisti, di tutti gli operatori presenti oggi sul mercato, dei colleghi delle altre organizzazioni dei consumatori e, soprattutto, della gente comune.
Sono proprio loro, i cittadini-consumatori, l’anello debole di un mercato troppo spesso assoggettato allo strapotere delle lobbies imprenditoriali: ogni volta che uno spot racconta della centralità del consumatore, celebra una realtà patinata che non esiste nella quotidianità del supermercato, in banca, nelle offerte delle compagnie telefoniche. Ogni volta che qualcuno inneggia al consumatore se ne fa beffe, sapendolo vittima di quella asimmetria economico-informativa che lo vede soccombere di fronte alla sua controparte professionale, vittima di una vera e propria «segregazione di consumo».

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