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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA.

TECNOLOGIE.
Nucleo della società
è oggi il mercato:
contano le cose,
non più le persone

di Maurizio de Tilla,
presidente dell'OUA


La nuova tecnologia
porta la democrazia
e la libertà in giro
per il mondo
ma nello stesso tempo
non è in grado di tutelare
la riservatezza e di sanzionare
comportamenti
palesemente antigiuridici
e illegali; negli Stati Uniti
oggi si pongono
seriamente
questo problema

 


el concetto di modernità rientrano alcuni fattori estremamente positivi: nuove scienze, bio-medicina, globalizzazione, nuova era dell’accesso, come l’ha illustrata l’economista Jeremy Rifkin: la new economy è un’accelerazione incredibile, cose che si pensava si realizzassero in un anno, oggi possono realizzarsi in tre mesi. E poi i grandi progressi temporali e spaziali, l’avanzamento delle tecniche, le nanotecnologie, ed altro. Ogni giorno apprendiamo che esistono delle innovazioni derivanti da ricerche, studi, applicazioni, intelligenze intuitive; anche il genoma di per sé è un motore di modernità, di avanzamento della civiltà.
Ma c’è anche un’altra faccia della medaglia. Anzitutto va segnalato il grande avanzamento della scienza medica che ha accresciuto la qualità della vita ma ha determinato anche la possibilità di vivere solo meccanicamente. Per cui oggi è sorto il problema del testamento biologico, della parola al paziente: «No, non voglio vivere meccanicamente, mi rifiuto di vivere meccanicamente, voglio vivere nella pienezza della mia capacità mentale. Dico no all’alimentazione artificiale, redigo un testamento biologico e manifesto la stessa volontà che posso esprimere da lucido e consapevole». Ma questo «no» all’alimentazione artificiale pare che sia contrastato e allora sorge il dubbio che il progresso della scienza medica possa anche annullare l’autodeterminazione, la libertà dell’individuo.
Abbiamo letto nei mesi scorsi sui giornali di una condanna penale inflitta ai responsabili di Google in quanto erano state divulgate immagini di un disabile picchiato, insultato, svillaneggiato. E l’episodio è tanto più grave in quanto è avvenuto in un circuito di informazione globale in cui si agisce in nome della libertà e della democrazia con messaggi e immagini che arrivano dappertutto, tant’è vero che in Cina hanno cercato di bloccare questa forma accentuata di comunicazione universale.
Quindi la nuova tecnologia porta la democrazia e la libertà in giro per il mondo, ma nello stesso tempo non è in grado di tutelare la riservatezza e di sanzionare comportamenti palesemente antigiuridici e illegali. Sul tema ho posto un interrogativo ad un rappresentante americano in Italia e mi ha detto che oggi negli Stati Uniti si pongono seriamente questo problema.
Bisogna ricercare strumenti tecnici e giuridici per vietare e, comunque, sanzionare le immagini violente e quelle lesive della riservatezza senza ridurre la diffusione democratica delle idee e degli eventi. Altrimenti dobbiamo dubitare che l’evoluzione tecnologica sia un mezzo di evoluzione umana e civile e non sia invece un mezzo lesivo e pericoloso, tanto più quando viene ad incidere sui valori della persona.
La prima bolla speculativa è avvenuta nel settore tecnologico. E perché è avvenuta proprio in tale settore? Probabilmente la ragione risiede nel fatto che non sono stati realizzati idonei ed efficienti sistemi di controllo del mercato tecnologico, finanziario e borsistico. Nel tecnologico si sono inseriti la speculazione, il grande capitale, le multinazionali. Il potere finanziario ha usato borsisticamente l’innovazione tecnologica. E così è stato ammazzato il risparmio privato e anche qui il moderno ha avuto una ricaduta perniciosa e lesiva dei diritti.
Si sono salvati solo i grandi speculatori, quelli che sapevano quando uscire fuori dal rischio del mercato borsistico, quelli che maneggiavano speculativamente il settore tecnologico finanziario. Quando siamo andati negli Stati Uniti, come amministratori della Cassa Forense, una banca di affari ci ha suggerito di acquistare un titolo azionario tecnologico del quale aveva ben studiato i fondamentali. Non l’abbiamo acquistato. Ed abbiamo fatto bene perché il titolo si è polverizzato ed è sceso all’uno per cento del suo valore di mercato.
Sul piano di una riflessione più approfondita vorrei segnalare il libro di Sygmunt Bauman, «La modernità liquida». La modernità liquida che cosa è? «I fluidi scorrono, traboccano, si spandono, filtrano, colano, gocciolano, trapelano e non si possono fermare». Questo è importante, non possiamo fermare i cambiamenti di status della modernità liquida. A volte repentini. Spesso non facilmente apprezzabili. La liquidità che Bauman pone alla base della modernità deriva dal superamento dell’eccessiva solidità.
Alcuni pensatori moderni auspicano che dalla liquidità del sistema possa scaturire una nuova solidità, una nuova stabilità seppure basata sulle nuove tecnologie. La finalità primaria non è, quindi, quella di sbarazzarsi una volta per tutte dei corpi solidi e di liberare per sempre il mondo dalla loro presenza, bensì quella di preparare la società a percepire corpi solidi nuovi e migliori, a sostituire la serie ereditata di corpi solidi scadenti e inefficaci con un’altra migliore e preferibilmente perfetta, e dunque non più alterabile.
Bisogna, poi esaminare l’impatto della modernità sotto un’altra prospettiva ben illustrata da Umberto Galimberti nel volume «Nei miti del nostro tempo». Praticamente nella modernità, in questo grande e incessante cambiamento, si individua al centro il mercato che riguarda le cose e non gli uomini, non le idee che circolano nelle cose. Con le regole del mercato innovativo non si parla più di rapporti tra gli uomini, ma di rapporti tra le cose.
Quindi il nucleo della società è diventato il mercato, che è alimentato dalle nuove tecnologie. Gli uomini non contano più, ma contano le cose. E gli uomini sono diventati cose. E le prestazioni intellettuali dei professionisti sono diventate prodotti. Si attribuisce significativa prevalenza alle cose, ma non perché l’umanità deve evolversi con lo sviluppo civile ed economico, ma perché tutto questo deve concorrere a ripristinare uguaglianze, abbattere con le risorse materiali la povertà nel mondo.
Ma l’intenzione è spesso smentita dai fatti. Le risorse economiche universalmente offerte cadono il più delle volte nelle mani di coloro che hanno il potere politico ed economico e usano per se stessi gran parte dei vantaggi e dei benefici che dovrebbero andare alla collettività. Con la globalizzazione non c’è stato alcun beneficio nel terzo mondo: doveva scomparire la fame e non è scomparsa; bisognava ridistribuire le risorse, ma le risorse sono state ancor più accentrate: una parte ne usa molte con spreco e una parte non ha nemmeno la capacità di usarle. Ebbene, il mercato sotto le spoglie della modernità ha messo in campo valori mercantili abbattendo valori etici.
Sui rapporti tra etica ed economia una parola significativa l’ha detta il premio Nobel Amartya Sen. L’economia, quale si è venuta costituendo, può essere resa più produttiva prestando maggiore e più esplicita attenzione alle considerazioni di natura etica che informano il comportamento e il giudizio umani. L’economia del benessere può essere arricchita prestando maggiore attenzione all’etica. I diritti sono considerati non solo quali entità legali con un impiego strumentale, quanto piuttosto come entità in possesso di intrinseco valore.
L’etica riguarda principi solidi che devono accompagnare l’economia. Nell’ultima enciclica papale si parla di bene comune e di giustizia come aspetti essenziali della società civile. Perseguire il bene comune è una scelta etica. Ci si deve però chiedere se l’innovazione serve anche al bene comune o serve soltanto alla produzione. E infatti cosa ha determinato l’obiettivo del profitto ad ogni costo? E qui c’è un bel libro di Marino Caferra, che è un magistrato ed ha parlato della corruzione, che è una delle disfunzioni della finalità mercantile del proprio operare.
L’uso del denaro nella corruzione si qualifica illecito perché è diretto a retribuire un abuso, cioè una deviazione nell’esercizio del potere. Va bene se il potere viene esercitato da chi produce idee e benessere in sintonia con l’etica. Ma non va bene se chi esercita il potere è spregiudicato e corrompe, e non s’accorge nemmeno che qualcuno gli ha comprato o fittato la casa, non si accorge più di niente. È così «intontito» dalla finalità di acquisire ricchezza e vantaggi che non ha nessuno scrupolo, nessuna scelta etica, tutto quello che riceve gli è dovuto e non può essere mai il frutto di un imbroglio.
Un’ultima riflessione: le professioni sono dentro la modernità liquida? Come scrive puntualmente G. Paolo Prandstraller, anche il lavoro nell’impresa si sta professionalizzando. È diventato ancora più intellettuale e interdisciplinare; tutto il sistema scolastico e il sistema universitario e il sistema delle professioni devono essere valutati in via trasversale. Gli Ordini professionali non assolvono solo al compito di certificazione, ma hanno una più importante funzione di sviluppo e di propulsione. Tutto l’impegno per lo sviluppo trova occasioni determinanti nel mondo degli studi universitari e della formazione professionale.
In un professionista convivono il diritto, l’economia, la finanza, la psicologia, le nuove tecnologie e via dicendo. Con una prospettiva che si attesta su basi stabili e consistenti. Pensiamo innovativamente alle professioni. Ma non si può nascere ed entrare in professione già specializzato, si deve entrare con un ampio bagaglio culturale (ecco i «solidi precedenti» che bisogna diventino i «nuovi solidi»), con una preparazione innovativa in cui sia presente tutto ciò che produce gli elementi stabili della modernità.
La preparazione, se alimentata dal segno culturale, porta ad avere una visione complessiva del sistema delle discipline e più si ha tale complessiva concezione più si è bravi, eccellenti, capaci, più si attrae clientela, più si è utilizzabile, più si è fruibile. Qualcuno ha detto: «Voi professionisti siete dei mercanti, dovete aprire le botteghe di strada». Quel personaggio politico non ha capito niente delle professioni, se ne deve andare a casa. Allora ecco la missione della professione: etica, non mercantile, diretta al compimento della propria funzione per lo sviluppo civile della società. Ci sono alcune professioni (quelle di avvocato, medico) che risalgono a vari millenni e quindi sono consolidate all’interno del tessuto sociale. Le professioni vanno rimeditate e ammodernate, ma non stravolte. Deve rimanerne l’identità.
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