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GIULIO PASCAZIO: BANCHE ROMANE
A NORD,
MONTEPASCHI A ROMA

a cura di
SERENA PURARELLI



Giulio Pascazio,
responsabile del
Progetto Corporate
per il Lazio del MPS



«La decisione
del Monte dei
Paschi di Siena
di espandersi fuori
della Toscana e
di cominciare dal Lazio
dipende
dalla situazione
economica
di questa regione,
dalla localizzazione
geografica della banca, dalla rilevanza
che assume
la presenza a Roma
della Pubblica
Amministrazione
centrale»

n nuovo progetto per le imprese targato Montepaschi per potenziare i rapporti tra comparti commerciali e specialistici attraverso una nuova struttura articolata su base territoriale: questo l’obiettivo enunciato nel corso della presentazione del Progetto Corporate per il Lazio nel novembre scorso. «Intendiamo valorizzare di più le diversità regionali in tema di produzione, consumo, investimenti, innovazione», dichiara Giulio Pascazio, responsabile del Progetto stesso. Laureato in Economia alla Luiss, Pascazio è entrato a far parte del team della banca più antica del mondo poco più di un anno fa, nell’autunno 2008, forte di un’esperienza professionale interamente vissuta nel settore, «con due tappe lunghe e caratterizzanti». «Per dieci anni ho lavorato alla Chase Manhattan Bank, a Roma, a Milano e successivamente a Londra. Nel 1997 sono entrato nel Mediocredito Centrale, dove sono rimasto per altri dieci anni, assistendo a tutti i passaggi di proprietà dell’istituto, all’epoca di diritto pubblico e interamente di proprietà del Tesoro: dalla cessione alla Banca di Roma nel dicembre 1999, alla nascita di Capitalia nel luglio 2002, all’accorpamento nell’Unicredito, nel 2007».
Entrato nel Gruppo Montepaschi nel luglio 2008 in qualità di vicedirettore generale di MPS Capital Services Banca per le Imprese, Pascazio ha assunto nell’autunno scorso la responsabilità di questa nuova iniziativa con la quale il Gruppo intende potenziare le relazioni tra strutture commerciali e specialistiche, articolando una struttura su base territoriale in grado di operare costantemente con tutti gli attori, dalla Pubblica Amministrazione alle associazioni di categoria, agli organismi di rappresentanza, alle imprese.
«Tradizione e territorio sono da sempre aspetti caratteristici della banca che deve il proprio nome alla garanzia statale concessa nel 1624 dal Granduca Ferdinando attraverso il vincolo delle rendite dei pascoli demaniali della Maremma, i Paschi appunto». Terzo gruppo bancario italiano, con quote di mercato di rilievo in tutte le aree di business, il Gruppo Montepaschi è oggi attivo nell’intero territorio nazionale e nelle principali piazze internazionali: l’operatività spazia dall’attività bancaria tradizionale al private banking, alla finanza d’impresa, con una particolare vocazione verso la clientela «famiglie» e verso le piccole e medie imprese, in piena coerenza con le tradizioni mercantili e bancarie del Medioevo delle sue origini. «Ora come 500 anni fa il nostro obiettivo è la creazione di valore nel tempo, ponendo attenzione prioritaria alla soddisfazione dei clienti, allo sviluppo professionale delle persone, agli interessi degli azionisti e al territorio di riferimento».

Domanda. Lei ha una grande esperienza, maturata in Italia e all’estero, in particolare nell’ambito dell’offerta corporate, ossia di gruppo. Ci può illustrare la ratio di questa nuova iniziativa e le ragioni che vi hanno portato a scegliere il Lazio?
Risposta. Il motore principale è stato senza dubbio la volontà della Direzione generale di essere più vicina al territorio di quanto non sia stato fatto in precedenza, ed è questa la ragione per cui la struttura che è stata creata ad hoc fa capo alla capogruppo bancaria. Siamo un’appendice di Siena che non risiede a Siena, un’antenna che, grazie al canale diretto e preferenziale con il centro, possa comunicare e trasmettere meglio le esigenze dell’imprenditoria locale. Quanto alla scelta del Lazio per il progetto pilota, le ragioni sono più di una, dalla situazione economica della regione a quella geografica della banca, alla rilevanza del ruolo della Pubblica Amministrazione.

D. Sono stati compiuti studi ed esami in proposito?
R. Si è partiti dalla considerazione che la regione Lazio è la seconda economia dopo la Lombardia, che certamente ha spazi maggiori di questa, che non manca davvero di banche. Inoltre, a parte una nostra tradizionale vocazione verso quest’area, occorre ricordare che, in seguito agli accorpamenti bancari degli ultimi anni, alcuni centri decisionali locali si sono trasferiti altrove. La banca di Roma per eccellenza, da cui era derivata Capitalia, è stata assorbita dall’Unicredit e la BNL, pur avendo mantenuto una presenza nella capitale è stata considerata l’appendice di una banca estera, Paribas. Il tessuto imprenditoriale di questa regione, che era abituato a confrontarsi con il centro decisionale di almeno due grandi banche, per fare questo ora deve rivolgersi a Milano. Al contrario noi, grazie allo stesso meccanismo delle acquisizioni, anche se non possiamo presentarci come romani, possiamo però proporci come la più vicina tra le banche grandi. Per questo riteniamo di poterne comprendere meglio le esigenze.

D. Si riferisce al fatto che il Montepaschi ha acquisito l’AntonVeneta e attraverso di essa la Banca Nazionale dell’Agricoltura?
R. Esattamente. Il rafforzamento della nostra presenza a Roma è avvenuto proprio grazie alla BNA, un autentico pezzo di storia dell’imprenditoria romana, e non solo per sportelli bancari. Se è vero che non tutto quello che si acquisisce attraverso un accorpamento si mantiene, è anche vero che la BNA aveva una storia molto particolare, privata e autonoma. Questo ha reso la nostra presenza nel Lazio più rilevante e ci ha convinti che è il momento di proporsi in modo più vicino all’imprenditoria, e che Roma e il Lazio si presentano come il terreno più fertile. Come ha sottolineato il nostro presidente, l’iniziativa non può dirsi un esperimento perché siamo certi di riuscire. Il progetto parte da qui per trasferirsi in altre regioni.

D. Come si articola l’iniziativa?
R. Questa struttura ha la responsabilità di coordinare l’offerta di tutte le società del Gruppo, in vari segmenti di mercato, dalla grande impresa seguita da un’apposita struttura del Montepaschi, alle medie e piccole. Inoltre dobbiamo guidare le banche prodotto, essenzialmente Montepaschi Capital Services per quanto riguarda la finanza strutturata e il capital market, e Montepaschi Leasing and Factoring per la locazione finanziaria e la cessione di crediti. All’interno di questa struttura intendiamo coprire tutta l’offerta, dal coordinamento delle piccole e medie imprese all’accompagnamento diretto dei large corporate, fino alle società prodotto che, anche dal punto di vista fisico, sono tutte a Roma.

D. Quando parla di grandi aziende, a quale si riferisce?
R. I large corporate romani sono grandi gruppi. Alcuni hanno un piccolo e medio indotto, come nel caso della Finmeccanica. Inoltre vi sono settori, come le telecomunicazioni, che pur non avendo i più grandi operatori di riferimento a Roma, hanno molte aziende che ruotano intorno. Poi c’è il settore pubblico che svolge un duplice ruolo: accanto alla collaborazione tradizionalmente diretta a soddisfare le esigenze della Pubblica Amministrazione, vi è quella, più nuova, riguardante le partnership pubblico-private per la realizzazione di opere pubbliche, di interesse generale. Mi riferisco a opere infrastrutturali come la metropolitana, o di riqualificazione urbana, come il riassetto dell’area degli ex Mercati Generali o della vecchia Fiera di Roma. Opere per le quali la collaborazione pubblico-privato non necessariamente consiste nel finanziamento della banca all’ente pubblico o territoriale. Spesso si tratta di porre in essere operazioni con una propria capacità di rimborso. In questi casi l’ente pubblico deve intervenire principalmente emanando i provvedimenti necessari. Le opere di interesse generale vengono realizzate con capitale privato dopo essere state negoziate con l’ente pubblico cui spetta la verifica dell’esecuzione. Il privato cerca il proprio tornaconto, ma in una logica che serva l’interesse generale.

D. Come creare, ad esempio, i parcheggi necessari se appena si scava si trovano reperti archeologici?
R. È un settore di grande interesse nel quale intendiamo svolgere un ruolo attivo. Il tema delle infrastrutture si lega a quello del turismo. Negli ultimi anni c’è stato un calo di presenze rispetto all’Europa; la realizzazione di infrastrutture può rappresentare un volano capace di far recuperare alcune posizioni nel turismo, fondamentale per l’economia della città e della regione. Occorre ricordare che il turismo bisogna andarlo a prendere dove c’è, deve essere importato. Non arriva autonomamente, dobbiamo sollecitarlo. Berlino ha fatto della musica un evento permanente intorno al quale hanno creato il turismo di chi si muove per andare a sentire un concerto. Sono stati bravi a sfruttare questo elemento; noi dovremmo sfruttare meglio le nostre possibilità.

D. Nel Laziale il ruolo delle aziende sanitarie, farmaceutiche e biotecnologicheè rilevante; come utilizzarle?
R. I servizi sanitari rivelano l’efficienza della Pubblica Amministrazione. Soprattutto a sud di Roma sono presenti molti centri di ricerca del settore farmaceutico, alcuni legati ad aziende straniere. Sono attività che necessitano di capitali e spesso soprattutto una possibile integrazione tra di loro. Alla necessità di capitale si affianca la considerazione che in questo settore piccolo non è bello. Spesso si tratta di iniziative estemporanee, basate su un’idea, e metterne insieme più di una può essere determinante per il successo. Così avviene nelle telecomunicazioni, dove c’è bisogno di innovazione dopo lo spontaneismo iniziale. Tutte quelle piccole iniziative ora hanno bisogno di innovare per crescere, perché non basta più l’idea quasi banale di chi dieci anni fa ha creato l’azienda; non è più sufficiente, occorre ricercare, sviluppare, le aggregazioni diventano un elemento fondamentale per la riuscita. Probabilmente questo è facile per un’imprenditoria giovane. Non siamo in un ambito di forte radicamento come nelle costruzioni, dove si suole portare avanti l’iniziativa avviata da un padre o da un nonno. È tutto molto giovane, recente, non c’è neanche il nome in ditta. Spesso è il prodotto, non il nome del fondatore a caratterizzare l’azienda.

D. Quali le vostre aspettative?
R. Ci siamo prefissati di raggiungere rapidamente dei target; entro il primo semestre 2010 contiamo di acquisire circa 500-600 nomi. Le prime indicazioni danno un riscontro positivo. C’è interesse per la nostra iniziativa. La migliore pubblicità devono essere i nuovi clienti, soprattutto in un periodo di crisi durante il quale anche le associazioni di categoria operano di più.

D. Qual’è al momento la vostra presenza nel Lazio?
R. Abbiamo circa 300 sportelli nella regione, una parte dei quali derivati dall’acquisizione dell’AntonVeneta e della BNA, soprattutto a sud di Roma. La ripartizione è regolata su base provinciale dall’Antitrust e dalla Banca d’Italia.

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