back


AFFARI E CULTURA.
MOSTRE, PRESENTAZIONI, AVVENIMENTI ECC.


a cura di Romina Ciuffa

 

 

 

C’è qualcosa di sacro
oggi nel toccare di nuovo
Terra. Perché è un disegno

Alcune opere in mostra

Vale la pena compiere questo viaggio a Padova, nella Terra, nell’animazione e, in parte, nel nostro inconscio di bambini, mai perfettamente sopito. Quello in cui si credeva alle figure - leoni, pesci, alberi, colori rosa, giallo, verde, blu, rosso sangue - che riportano all’ideale fiabesco del pianeta. C’è qualcosa di sacro in «Terra! I colori del Sacro», la rassegna internazionale di illustrazione alla sua quinta edizione nel Museo Diocesano fino all’11 aprile, pronta poi a girare l’Italia e l’Europa. Un grido, «Terra!», lanciato nel 1492 da un marinaio di Cristoforo Colombo in vista del nuovo mondo apre questa mostra per guardare ai tre regni - minerale, vegetale e animale - di un’unica Grande Madre, considerata il più sacro e divino tra gli elementi perché materna e nutriente, concreta, palpabile. La toccano un centinaio di illustratori, appartenenti alle culture di 35 Paesi diversi.

Un dono da imperatori:
la Croce gemmata con cui
soggiogare il nemico degli uomini

Il Recto della Crux
Vaticana prima (sopra)
e dopo il restauro

Testa di felino in rame dorato e spondylus, Cultura Moche
(100-750 d.C.)

In Vaticano, nella Cappella dei Beneficiati, è esposta, fino al 12 aprile, la Croce gemmata «Vexillum Regis», ovvero la Crux Vaticana o Croce di Giustino». Trasformata da un accurato restauro che ha eliminato le sovrapposizioni subite dall’originario manufatto nel corso dei secoli a causa degli interventi e delle vicissitudini che ne hanno segnato la storia, la Croce di Giustino, emblema del Tesoro di San Pietro, è stata per secoli usata nelle funzioni solenni del Natale e della Pasqua. Caratterizzata da un prezioso corredo di gemme e di perle e dalla capsula circolare che contiene la santa reliquia, la Crux Invicta reca il testo, in latino: «Con questo legno, attraverso il quale Cristo soggiogò il nemico degli uomini, dona Giustino a Roma l’opera, e la sua compagna gli ornamenti». Da esso si evince l’intento votivo dell’imperatore Giustino e dell’imperatrice Sofia. Raro esempio di committenza imperiale di epoca bizantina, la Crux Vaticana arrivò a Roma da Costantinopoli fra il 565 e il 578.

Giorgione, questa casa aspetta te



Giorgione, «Omaggio a Saturno».

Sotto, serpente di un bronzista del 500

A Castelfranco Veneto, nel Museo Casa Giorgione, fino all’11 aprile l’omaggio della terra d’origine al grande pittore veneto: un nucleo rilevante di capolavori del maestro Zorzi da Castelfranco detto Giorgione, la cui biografia resta in parte incerta. Di certo muore a poco più di 30 anni nel 1510 con una produzione circoscritta a tre soli lustri. Accanto ai suoi dipinti trovano posto opere di artisti dell’epoca (Bellini, Dürer, Sebastiano del Piombo, Tiziano, il Perugino ecc.), i volumi dei suoi biografi e di letterati, musici, intellettuali (da Petrarca a Bembo), i bronzi dei Lombardo, del Riccio e di Severo da Ravenna, le incisioni di Teniers e di Zanetti.

Non si toccano nemmeno con un fiore

Henri Fantin-Latour, «Mazzo di rose e nasturzi in un vaso»


Autore ignoto,
«La Fiasca fiorita»

Dal 24 gennaio al 20 giugno, per tutta la primavera fino al solstizio d’estate, Forlì ospita i «fioristi». A partire dalla «Fiasca fiorita», di autore ignoto, l’opera più celebre conservata nei Musei del San Domenico e che è una della più belle nature morte di tutti i tempi, la mostra espone i fiori del naturalismo caravaggesco di fine Cinquecento, della modernità vangoghiana e simbolistica e del Novecento. Sono i capolavori di grandi pittori che eccezionalmente dipinsero fiori, che dimostrano l’interesse della società forlivese verso la botanica. Altri due esempi: il giardino allestito da Caterina Sforza alla fine del Quattrocento e il prestigio mondiale raggiunto dal botanico Cesare Majoli.

Scarnificante Music

«Ida», 1994

«Non siamo gli ultimi», 1976

Nella sede veneziana di Palazzo Franchetti l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti rende omaggio, fino al 7 marzo, a Zoran Music (Gorizia 1909-Venezia 2005), con la mostra «Zoran Music. Estreme figure» che celebra il centenario della sua nascita: oltre 80 opere, tra oli e lavori su carta alcuni dei quali esposti per la prima volta, eseguiti soprattutto negli ultimi 30 anni della sua traiettoria pittorica in cui la «scarnificazione» si fa estrema. Nel suo segno scabro l’opera di Music, che attraversa quasi tutto il secolo scorso, indica un itinerario di spoliazione verso l’intimo; grande fonte di ispirazione fu inoltre la moglie Ida, da sola o nel «Doppio ritratto» nel quale dipinse l’insondabile mistero della femminilità.

Quel ramo del lago che nascondeva Gertrude

Stefano Ussi,
Pia de’ Tolomei

Giuseppe Molteni,
La Signora di Monza

Trasferitisi a 12 anni in Germania, i giovani romeni Gert & Uwe Tobias fino al 14 febbraio 2010, offrono in visione a Reggio Emilia, nella Collezione Maramotti, il loro Manifesto e la loro fatica più recente, un’installazione costituita da 21 opere tra xilografie di grandi dimensioni, disegni, sculture e un disegno murale che copre tutte le pareti destinate all’esposizione. Vi collocano elementi iconici di facile leggibilità tratti dalla cultura popolare della terra d’origine, la Transilvania, e folklore europeo tradotto in un linguaggio che trova antecedenti artistici nel primo Modernismo, in Klee, nel Costruttivismo, nell’Art Brut oltre che nella cultura popolare.

L’età della pietra 2010

Opere di Giovanni Petagna

A Roma, nella galleria «4 punto 4» fino al 15 gennaio si può visitare su appuntamento la mostra di Giovanni Petagna, «Il segno e il colore»: 15 oli in «pittura di gesto», tele graffiate e movimenti istintivi, sulla falsariga dei graffiti dell’età della pietra e degli oggetti di uso quotidiano, come chiodi, chiavi oppure le stesse dita per marcare il tempo nello spazio. Il segno e il colore si fondono con gli elementi architettonici della grande sala absidata della galleria, antica cappella trasformata in luogo d’arte.

Vacanze romane

 

Scorcio romano dalla matita
di Turpin de Crissé

Fino al 13 febbraio 2010 la mostra «Disegni romani» di Lancelot-Théodore Turpin de Crissé porta, dalle collezioni del Louvre al Museo Mario Praz di Roma, i paesaggi dell’artista francese che giunse a Roma nel 1807 e vi tornò ripetutamente, traendo dalle vedute preziosi appunti di viaggio che furono poi alla base della sua fortuna di pittore. Sono visibili 24 disegni dell’artista, spunti romani che colgono i vari aspetti della città, il Tevere e i suoi ponti, i palazzi, le chiese, le rovine aggredite dalla vegetazione, le ville ricche di marmi antichi, i grandi parchi, gli ampi panorami fitti di cupole e altane e i vasti orizzonti della desolata campagna romana. I luoghi sono gli stessi ricordati e descritti da Mario Praz nei suoi molti, brevi, saggi sulla città.

Feltro rigeneratore

Due opere di Gaia Clerici

Il 14 gennaio il Chiostro di Palazzo delle Stelline a Milano inaugura «32», una personale di Gaia Clerici: trenta sculture realizzate in feltro, che l’artista crea con masse di lana grezza. Nel titolo una lettura simbolica dei numeri - il 3 è il principio maschile, il 2 femminile -, dunque una polarità tra i due sessi e il continuo generarsi della realtà. Le opere della designer varesina richiamano suggestioni orientali e memorie ancestrali, legate al culto della terra e a significati cosmologici.

back