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FILAS.
FLAMINIA SACCÀ:
PUNTIAMO
A FAR EMERGERE
IL GENIO ITALIANO

a cura di Romina Ciuffa


Flaminia Saccà, presidente della Filas

«Operiamo affinché
la ricerca abbia
i finanziamenti e i giovani,
una volta formati,
non siano indotti
ad andare all’estero ma trovino opportunità in Italia.
Nel Lazio ve ne sono
molte: la Filas ha fatto
proprio il compito
di farle emergere»


l genio c’è, in Italia, ma non è favorito e - per cause obiettive (mancanza di fondi, eccessiva burocratizzazione, lentezza endemica del sistema) e soggettive (crollo motivazionale, scarsa autoefficacia percepita, generalizzazione delle esperienze negative che sono all’ordine del giorno) - si lascia andare, non crea e, nella migliore delle ipotesi, fugge all’estero. Chi vuole farlo emergere è la Filas, società dedicata al sostegno dei processi di sviluppo e di innovazione del tessuto imprenditoriale della Regione Lazio, oggi guidata da Flaminia Saccà che, rientrata anche lei da una formativa esperienza lavorativa all’estero, con professionalità e senso pratico intende rendere il territorio fertile per le micro, piccole e medie imprese e per i giovani ricercatori italiani, competitivo rispetto agli altri Paesi, innovativo per una realtà italiana spesso non flessibile né aperta.

Domanda
. Che cos’è la Filas?
Risposta. La Filas è nata nel 1975 come strumento di attuazione della programmazione economica della Regione Lazio, ed è poi divenuta la società regionale dedicata al sostegno della ricerca e dei processi di sviluppo e innovazione che costituiscono leve fondamentali per la crescita economica.

D. In che modo svolge questo ruolo?
R. Attraverso un meccanismo partecipativo: coinvolge Università, organismi di ricerca, imprese pubbliche e private e istituzioni finanziarie con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo di imprese innovative, di stimolare un proficuo rapporto tra università, enti di ricerca e imprese e di assistere l’Amministrazione regionale nel controllare costantemente lo stato e le necessità del sistema produttivo e della rete universitaria e di ricerca. Per questo negli ultimi anni la Filas è stata anche chiamata a svolgere il ruolo di soggetto gestore e coordinatore dei tre distretti istituiti dalla Regione Lazio e dal Governo.

D. In che cosa consistono i distretti tecnologici?
R. I distretti rappresentano tre settori di eccellenza dell’economia locale - l’Aerospazio, le Bioscienze e i Beni culturali - e mirano a diffondere innovazione e competitività nei settori in cui il ruolo della Regione è fondamentale, svolgendo una rilevante funzione di stimolo e di accelerazione nell’evoluzione delle nuove tecnologie.

D. Come sono finanziati?
R. La Regione Lazio metterà a disposizione, tra il 2009 e il 2013, un fondo pubblico ammontante a 45,34 milioni di euro per il distretto tecnologico dell’Aerospazio, che è il primo del genere in Italia. Al distretto tecnologico delle Bioscienze, invece, sono destinati più di 77 milioni di euro ed entro il 2010 sono previsti interventi della Regione Lazio per 37,5 milioni di euro e del Ministero dell’Università per 30 milioni. Infine, l’investimento pubblico dello Stato e della Regione per il distretto tecnologico dei Beni e Attività culturali è previsto in 40 milioni di euro nel periodo 2008-2010, ai quali si aggiungeranno ulteriori fondi del Ministero dell’Università e della Ricerca. Quest’ultimo sarà, poi, in grado di attivare investimenti privati per circa 30 milioni di euro attraverso il meccanismo del co-finanziamento, per un totale di circa 100 milioni di euro. Sono in fase di progettazione due ulteriori distretti tecnologici, uno dedicato alle tecnologie informatiche, della comunicazione e multimediali, l’altro alle energie rinnovabili e alle tecnologie sostenibili. Complessivamente, nei prossimi anni per questi 5 comparti la Filas gestirà fondi pubblici regionali, nazionali ed europei per un totale di 148,5 milioni di euro.

D. Qual’è la situazione dell’economia nel Lazio?
R. Anche se è noto all’estero soprattutto per Roma e la sua storia millenaria, il Lazio è una delle regioni italiane meglio strutturate e più dinamiche dal punto di vista economico: la seconda regione italiana per contribuzione al prodotto interno nazionale (nel 2006 con 157.431 milioni di euro), la terza per popolazione residente (5,5 milioni) e l’ottava per superficie. Il nostro territorio presenta una particolare presenza di microimprese flessibili e creative, di grandi aziende di servizi in passato pubbliche e ora privatizzate, di prestigiosi centri di istruzione e di ricerca e di un notevole sistema di formazione universitaria. Tutto ciò ha determinato un’altissima concentrazione di imprese che basano la propria crescita sulla conoscenza e su un costante rinnovamento.

D. La Filas lavora soprattutto per consentire innovazione e sviluppo. Che vuol dire per un’impresa essere innovativa?
R. Una ricerca di prossima pubblicazione realizzata dalla Filas insieme alla Luiss su un campione di 680 aziende laziali, da cui sono state estrapolate 360 piccole e medie imprese «innovative», mostra come tra le micro, piccole e medie imprese vi siano molti modi di essere o almeno di sentirsi innovativi. Le piccole e medie imprese, però, innovano in maniera ancora poco sistematica. Meno di una su tre fa ricorso a investimenti in ricerca e sviluppo (il 16 per cento). La maggioranza introduce miglioramenti più che altro in seguito a input provenienti dal mercato: in primis per collaborazioni con clienti e fornitori (28 per cento), esperienze maturate all’interno dell’azienda (26 per cento), o per l’acquisto di impianti, strumenti e software ad alta tecnologia (17 per cento).

D. Si può fare innovazione in Italia?
R. Gli ostacoli principali sono costituiti dai tempi lunghissimi, dall’infinita burocrazia e da una scarsa attenzione al merito. Come si può fare innovazione con queste premesse? La Filas cerca di eliminarle alla radice anche nella messa a punto dei bandi, prescrivendo tempi brevi, richiedendo lo svolgimento online delle pratiche ed eliminando i passaggi burocratici; abbiamo fissato criteri di valutazione pubblici molto stringenti e vicini agli standards internazionali usati per la ricerca. Sono arrivati ottimi progetti e tale risposta dimostra le competenze presenti nel Lazio e la necessità di farle emergere. Bisogna lanciare un messaggio anche alle aziende e alle università, chiedendo loro un alto livello di progettualità.

D. La Filas si occupa di finanziamenti: cosa spinge le piccole e medie imprese a compiere investimenti nella ricerca?
R. Gli stimoli principali sono l’acquisizione di un vantaggio competitivo, il sostegno finanziario di enti pubblici e la presenza di competenze e di un’organizzazione adeguata. Tra le ragioni che frenano le aziende, al contrario, al primo posto c’è la scarsa utilità degli investimenti per la propria attività, seguita da risorse finanziarie insufficienti e problemi organizzativi. Due aziende su tre che non investono in ricerca giudicano poco probabile un’inversione del trend. Gli investimenti nella ricerca scientifica non sono però rari, soprattutto tra le imprese relativamente più grandi; e ancora più diffusa risulta la consapevolezza della loro importanza. In linea generale, gli operatori sono più orientati a svolgere attività di ricerca nel proprio interno piuttosto che cercare collaborazioni con centri di ricerca esterni.

D. In che modo è strutturata la rete delle piccole e medie imprese nel Lazio?
R. Queste sono innovatrici per necessità, ma innovano in solitudine, senza legami consolidati con altre imprese o con università e centri di ricerca. Resta basso il livello di collaborazione con enti esterni anche per chi investe in ricerca, mentre solo il 13 per cento ricorre a collaborazioni con gli atenei e questo costituisce un notevole spreco, viste le grandi ricchezze e potenzialità di cui il Lazio dispone nel settore della ricerca pubblica.

D. Com’è considerata la ricerca nella realtà italiana?
R. Sappiamo bene che il nostro tessuto imprenditoriale è composto da piccole e medie imprese che, in quanto tali, non hanno i mezzi necessari nel proprio interno per allestire laboratori e avviare linee di ricerca in proprio. La Filas le mette in contatto con i laboratori presenti nella nostra Regione e fornisce loro la possibilità di innovare. Siamo convinti che, in una società tecnologicamente avanzata come questa in cui la conoscenza non riesce a concretizzarsi, lo sviluppo passi per la ricerca, per la formazione e per la continua innovazione.

D. Come sono collegate, nel Lazio, ricerca e impresa?
R. Vi hanno sede la maggior parte degli istituti di ricerca pubblici e privati italiani, nei quali sono occupati 7.800 ricercatori, e per questo la Regione si sta impegnando per costruire una rete stabile di rapporti tra ricerca e impresa, soprattutto attraverso l’attività della Filas relativa alla costituzione dei distretti tecnologici, all’ottenimento di fondi, all’emissione di bandi per promuovere collaborazioni tra università, enti di ricerca e imprese, al potenziamento dell’azione dei Parchi scientifici e tecnologici, o Tecnopoli.

D. Cosa sono i «Tecnopoli»?
R. Nati in Italia negli anni 90 grazie ai finanziamenti del Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica, sono articolati nel nostro territorio in 4 diversi centri: il Tecnopolo tiburtino, un grande progetto caratterizzato da attività produttive e industriali ad alto contenuto tecnologico; il Tecnopolo di Castel Romano, orientato verso attività di studio e ricerca nel campo ambientale, nelle biotecnologie e nel trasferimento tecnologico; il Parco scientifico e tecnologico del Lazio meridionale (Palmer); infine il Parco scientifico e tecnologico dell’Alto Lazio. La Filas è parte attiva in tutte e quattro queste strutture, partecipa alla società Tecnopolo spa che gestisce i Tecnopoli Tiburtino e Castel Romano ed è tra i soci fondatori dei due Parchi scientifico-tecnologici.

D. In fatto di formazione il Lazio a che punto sta?
R. L’offerta formativa universitaria della Regione è tra le più ampie in Italia e vede convivere strutture pubbliche e private imponenti, come l’Università Sapienza (tra i più grandi atenei d’Europa) ed altre più agili e specializzate, e non solo a Roma. La nostra regione presenta un alto livello di istruzione, con il 27,9 per cento di laureati sopra i 25 anni.

D. Dopo l’università, i giovani vanno all’estero. Lei ha pubblicato due libri, «Cervelli in fuga» e «Cervelli in gabbia». Che cosa c’è negli altri Paesi più che in Italia?
R. Il tema mi è molto caro: il primo libro riguarda l’allontanamento dall’Italia in cerca di prospettive, il secondo tratta dei problemi che vivono coloro che restano. Noi della Filas, con la Regione Lazio, stiamo cercando di dare un sostegno concreto ai giovani che con grande passione e competenza hanno scelto la ricerca. Un ricercatore che se ne va costituisce una perdita per l’Italia, e non si tratta di un problema meramente soggettivo: il Paese investe in modo sostanziale nella formazione dei giovani, ed è normale che, fuori, essi vengano accolti a braccia aperte, perché la formazione italiana è ancora ottima, ma il mondo del lavoro non è altrettanto favorevole. All’estero i giovani vengono immediatamente inseriti in un sistema organizzato, efficiente, che ne riconosce le competenze e li rende nostri stessi concorrenti; per riaverli, l’Italia li ricompra a caro prezzo, quindi perde due volte. È giusto che partano per un periodo di apprendimento, il problema è farli rientrare. Con la Regione Lazio stiamo cercando di dare un contributo per mantenere qui queste competenze, che sono una risorsa per lo sviluppo economico del territorio. Da un lato finanziamo i contratti per i giovani ricercatori, dall’altro le piccole e medie imprese affinché riescano a fare ricerca.

D. Con l’esperienza che ha fatto all’estero può confermare l’importanza di un confronto?
R. Sono una ricercatrice universitaria e anch’io ho lavorato all’estero, in Inghilterra e negli Stati Uniti, dove sostanzialmente ho imparato un metodo di lavoro. Ho inoltre appreso meglio cosa significhi fare «innovazione» e ho notato la presenza di un sistema che sostiene gli imprenditori. In Italia abbiamo grandissime punte di eccellenza, ma sono occasionali e ci si affida solo al genio individuale, perché manca un sistema che aiuti gli aspiranti imprenditori a crescere.

D. Quali sono le iniziative della Filas per sostenere le imprese nei mercati mondiali?
R. La Filas partecipa a programmi nazionali ed europei e ad accordi con Paesi extra Unione Europea attraverso iniziative di cooperazione internazionale. Il progetto Inno-Deal, ad esempio, ha avuto inizio nel 2006 e si è chiuso il 2 luglio scorso con una conferenza internazionale dedicata a «Come fornire soluzioni alle start-up innovative e creative in tempi di crisi», organizzata dall’Agenzia di sviluppo regionale della Ljubljana Urban Region. Questo progetto, coordinato dalla Filas che ha contribuito con un budget di 335.308 euro su un totale di oltre 2.100.000, ha coinvolto 12 regioni europee, mirando a creare le condizioni necessarie per promuovere la diffusione sistematica di informazioni e di pratiche relativamente ai programmi attualmente in corso a sostegno dell’innovazione e dello sviluppo delle piccole e medie imprese.

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