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MICHELE GREMIGNI:
GLI SCOPI SOCIALI
DELL'ENTE CASSA
DI RISPARMIO
DI FIRENZE

a cura di Luigi Locatelli


L’avv. Michele Gremigni,
presidente dell’Ente Cassa
di Risparmio di Firenze



«Le attività sociali
e filantropiche sono
il compito principale
dell’Ente, dovendo
esso intervenire nei settori indicati dalla legge e dallo statuto:
ricerca scientifica,
istruzione, salute,
sostegno arte,
ambiente e
patrimonio culturale,
insomma l’interesse pubblico»


opo il ritiro per motivi di salute dell’avvocato Edoardo Speranza, dal marzo 2009 mi sono trovato, in qualità di nuovo presidente, a gestire la mancata distribuzione di dividendi decisa da una società nostra partecipata dopo che era già stato approvato dall’Ente Cassa il piano erogativo», racconta l’avvocato Michele Gremigni, presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. «Abbiamo quindi dovuto fare di necessità virtù–prosegue–, e ripartire nel miglior modo possibile le poche risorse rimaste disponibili. Certo, è stato difficile spiegare alle grandi istituzioni come alle piccole associazioni abituate a percepire contributi dall’Ente, che quest’anno avrebbero potuto contare su minori entrate per la realizzazione dei loro progetti. Il nostro è stato comunque uno sforzo significativo a conferma di una presenza attiva che non è mai venuta meno, neanche nel momento di crisi che stiamo attraversando».
L’avvocato Gremigni si è occupato dell’Ente Cassa fin dal momento della sua costituzione nei primi anni 90, frutto della normativa introdotta dalla legge Amato che delineava un nuovo soggetto giuridico, quello delle Fondazioni bancarie distinto dalle vecchie Casse di Risparmio che diventavano società per azioni.
Dopo la laurea in Giurisprudenza, nel 1958, ha insegnato materie giuridiche nelle scuole superiori. Per un paio d’anni è stato al Mediocredito finché nel settembre 1962 è entrato nell’Ufficio legale della Cassa di Risparmio di Firenze percorrendo tutti i gradini della carriera interna fino a diventarne il titolare. Nel 1992 ha ricevuto l’incarico di direttore generale alla Fondazione nella quale in seguito è entrato a far parte del Consiglio di amministrazione, fino alla vicepresidenza e all’attuale presidenza assunta, come si è detto, per la rinuncia del suo predecessore, l’avvocato Edoardo Speranza. Nell’esercizio della propria attività professionale Michele Gremigni ha maturato un’ampia esperienza dei problemi e delle difficoltà operative, in particolare, del mondo bancario nel rapporto con le realtà produttive, e dal proprio osservatorio qualificato ha potuto valutare l’andamento dell’economia nazionale nei vari periodi.

Domanda
. Quali differenze di funzionamento e di finalità ha potuto constatare nel nuovo assetto giuridico che ha caratterizzato il passaggio da un’istituzione prettamente bancaria, come la Cassa di Risparmio di Firenze, a quella della Fondazione?
Risposta. È bene chiarire innanzitutto che la legge di riforma che ha determinato questo cambiamento, nota come «legge Amato» dal nome del promotore che ha disegnato i nuovi assetti, ha voluto stabilire una precisa distinzione fra le due diverse anime che fino ad allora caratterizzavano le vecchie Casse di risparmio, quella propriamente bancaria che è confluita in società per azioni, e quella tradizionalmente filantropica che è stata assorbita dalle Fondazioni bancarie. Essendo stato coinvolto fin dall’inizio nella Fondazione, ho dovuto affrontare tutta una serie di problemi strutturali e organizzativi non indifferenti, legati a un nuovo soggetto che muoveva i primi passi in un rapporto ancora molto stretto, da un punto di vista logistico, con la banca ormai società per azioni, di cui l’Ente era diventato l’azionista di maggioranza. Nel tempo poi l’Ente si è gradualmente reso sempre più autonomo sviluppando un proprio profilo operativo che oggi gli permette di far fronte a tutte le necessità che si presentano nel suo operare con la realtà circostante. Mi piace comunque sottolineare come l’Ente Cassa, nel recepire la missione filantropica della vecchia istituzione bancaria costituita nel 1829, ne ha ereditato anche quell’antica tradizione solidaristica che fa parte della storia civile di Firenze e della Toscana. Il Testo Unico del 1939 a suo tempo ha peraltro fissato regole e norme della funzione benefica che assegnavano proprio alle Casse di risparmio di allora il compito di accantonare una parte degli utili a tale scopo.

D. C’è stato un considerevole incremento di funzioni sociali e filantropiche nella Fondazione?
R. Direi che, più che incremento, si deve parlare di un ruolo preminente del settore sociale nell’ambito dell’Ente Cassa, essendo questo il compito principale che è chiamato a svolgere nei settori di intervento indicati dalla legge e dallo statuto, e cioè Arte e Cultura, Attività Socio Assistenziali, Ricerca Scientifica, Ambiente. L’evoluzione normativa e lo sviluppo che le Fondazioni di origine bancaria hanno avuto nel contesto della società civile hanno quindi portato a un’ulteriore definizione del loro rapporto con il sistema bancario, laddove il legislatore, con la successiva legge Ciampi, ha ritenuto che tali istituzioni dovessero dismettere il controllo delle aziende di credito, mantenendo tuttavia piccole quote azionarie.

D. A quanto ammontano attualmente queste quote?
R. Fino a circa due anni fa avevamo conservato una rilevante quota di maggioranza. Poi si è ritenuto opportuno far entrare la Banca CR Firenze nel Gruppo Intesa San Paolo. L’operazione è stata compiuta cedendo a quest’ultimo una partecipazione di circa il 40 per cento e ricevendo come contropartita il 3,40 per cento delle azioni del colosso bancario. A sua volta, com è stato stabilito negli accordi parasociali, la Banca CR Firenze ha costituito una sub holding con le Casse di Risparmio di Pistoia, La Spezia, Orvieto e Civitavecchia. In seguito, su indicazione dell’Autorità Antitrust, ha ceduto alla Banca Popolare di Bari la quota posseduta nella Cassa di Orvieto, rilevando però da Intesa San Paolo otto Casse dell’Italia centrale che vanno ad aggiungersi alle altre della sub holding per un totale di 12. L’Ente Cassa ha mantenuto all’interno di Banca CR Firenze il 10 per cento del pacchetto azionario quale soglia di garanzia a tutela dell’istituto di credito fiorentino nel suo legame storico con la città e con il suo tradizionale territorio di riferimento, che si allarga ad ampie zone della Toscana, con una capillare diffusione a livello locale. Si può dire sicuramente che lo sviluppo dell’economia regionale è stato nel tempo favorito proprio dal sostegno della Cassa di Risparmio di Firenze.

D. Da dove provengono le risorse finanziarie dell’Ente Cassa?
R. Ovviamente, dagli utili che si ricavano dalla gestione del patrimonio dell’Ente, costituito da due componenti fondamentali: i beni mobiliari e la partecipazione già ricordata al Gruppo Intesa San Paolo, più una piccola presenza nella Cassa Depositi e Prestiti.

D. A quanto ammonta attualmente il patrimonio?
R. A valore di libro, ammonta a 1.500 milioni di euro; a valore di mercato, a circa 1.800 milioni. Le risorse ottenute dalle gestioni patrimoniali servono a finanziare i progetti nei settori rilevanti adottati dall’Ente per lo svolgimento delle proprie attività, che non sono tutti quelli previsti dalla legge, ma solo alcuni, quelli che ho già citato, ritenuti funzionali al nostro territorio di riferimento. Naturalmente in una città come Firenze e in una regione come la Toscana con un patrimonio storico, artistico e ambientale ricchissimo, non potevamo non operare in maniera significativa nel settore dei beni culturali. Abbiamo privilegiato anche la ricerca scientifica, per la presenza di ragguardevoli centri di eccellenza, in particolare, nell’ambito del Polo scientifico di Sesto Fiorentino.

D. L’Ente opera in determinati ambiti operativi attraverso Fondazioni strumentali, quali?
R. La prima che abbiamo costituito è stata la Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron per progetti nel settore ambientale. In particolare, la Fondazione amministra, su concessione demaniale, Villa Bardini a Firenze, un prestigioso complesso storico, naturalistico e architettonico, restaurato e aperto al pubblico con i finanziamenti dell’Ente Cassa, all’interno del quale, oltre al bellissimo giardino con straordinari affacciamenti sulla città, è possibile visitare due esposizioni museali, la prima dedicata agli stupendi abiti di Roberto Capucci e l’altra all’opera pittorica di Pietro Annigoni. C’è poi la Fondazione Predieri che si occupa di studi giuridico finanziari e organizza convegni di interesse nazionale e internazionale. La fondazione strumentale più recente è la Fondazione Rinascimento Digitale, alla quale è demandato il compito di svolgere studi e ricerche nell’ambito dell’informatizzazione dei beni culturali.

D. Come distribuite gli interventi?
R. Al settore Ambiente, nel quale rientrano anche le iniziative per Villa Bardini, è assegnato il 4 per cento della somma globale disponibile; il 42 per cento spetta al settore Arte e Cultura, in cui rientrano la conservazione del patrimonio architettonico e artistico e le iniziative legate allo spettacolo. Seguono Beneficenza e Filantropia, cioè le attività socio-assistenziali, con il 30 per cento; quindi il 24 per cento va alla ricerca scientifica e Innovazione Tecnologica, quota sensibilmente cresciuta negli ultimi tempi.

D. In particolare, cosa fate nell’ambito della Beneficenza e Filantropia?
R. La filantropia comprende diversi filoni come l’accoglienza e l’assistenza di categorie protette (persone disabili o a rischio), interventi a favore di istituzioni di carattere religioso, contributi per l’acquisto di ambulanze, realizzazione di centri sanitari ecc. Anche in questo ambito si è fatto molto, ma con la media annuale di 1.800 domande ricevute non si può essere sempre incisivi in tutte le direzioni.

D. È vero che le banche non favoriscono la ripresa economica?
R. Chi afferma che le banche non sostengono le aziende non tiene conto della realtà. Che qualche banca stringa i cordoni è possibile, ma bisogna conoscerne i motivi. Di qui a pensare che raccolgano il risparmio e, anziché prestarlo agli imprenditori, azzardino nel campo finanziario, è come dire che il medico non vuole visitare i pazienti. La loro cautela è dovuta anche alla presenza, nel loro capitale, delle Fondazioni come la nostra. Il fatto poi che nel 2009 non siano stati distribuiti dividendi andava proprio nella direzione di avere la disponibilità di risorse da prestare alle imprese. Certo, si tratta di una soluzione che va ricomposta per un graduale ritorno alla normalità, altrimenti finisce per danneggiare le Fondazioni stesse che hanno bisogno di mezzi economici non per sé ma per alimentare i progetti del territorio.

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