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RETROSPECCHIO


Tabarelli (Nomisma): biocarburanti, tutto da rivedere

Dall’agricoltura sempre più biocarburanti

Presentato a fine settembre a Roma, lo studio commissionato a Nomisma Energia dall’Unione Petrolifera su «I biocarburanti in Italia, opportunità e costi» approfondisce un tema molto contrastato. Secondo le sue conclusioni, illustrate dal presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli, i consumi di biocarburanti oggi rappresentano il 2,3 per cento di quelli mondiali di carburanti; nel 2020 potranno arrivare al 6 per cento. In Brasile e in Usa coprono il 92 per cento della produzione mondiale di bioetanolo e l’11 di biodiesel. In Usa nel 2008 un terzo della produzione di mais è destinata a produrre bioetanolo, il doppio rispetto al 2006. In Europa si preferisce la miscelazione tra bioetanolo e biodiesel; nel 2010 essa coprirà il 5,75 per cento dei consumi mentre la Commissione europea pone l’obiettivo del 10 per cento nel 2020. È necessaria una più stretta collaborazione con l’industria automobilistica in quanto l’evoluzione dei motori limita fortemente la miscelazione con combustibili diversi dagli idrocarburi. In Italia la direttiva europea ha ridotto la produzione e il consumo di biocarburanti che prima del 2007 ammontava a 200 mila tonnellate l’anno. È pertanto necessario rivedere gli obiettivi. Tra i biocarburanti oggi è più conveniente il biodiesel rispetto al bioetanolo che presenta costi maggiori dal lato infrastrutturale, ma che sarà necessario per una miscelazione più alta. Per una miscelazione equilibrata tra i due biocarburanti il maggior costo nel 2020 sarà di 2 centesimi al litro: se la materia prima sarà importata, il vantaggio ambientale sarà negativo, com’è accaduto finora. Per raggiungere l’obiettivo del 5,75 per cento nel 2010, in Italia servirebbero 2,1 milioni di ettari di superficie agricola, mentre il potenziale è di 0,6 milioni. Il massiccio ricorso alle importazioni annullerà qualsiasi vantaggio ambientale. Oggi i biocarburanti provengono da prodotti agricoli alimentari; per non incidere sui loro prezzi occorre sviluppare biocarburanti di seconda e terza generazione usando cellulosa delle piante o delle alghe. Ciò richiederà nuove tecnologie. Secondo il direttore dell’Unione Petrolifera Piero De Simone, con le superfici disponibili è improbabile raggiungere il 5,75 per cento nel 2010. Con la «direttiva fuel» all’esame del Parlamento europeo, poi, la meta sarebbe irraggiungibile e si dovrebbe ricorrere in misura massiccia alle importazioni. Conclusione: l’industria petrolifera si adopera per rispettare gli obblighi di legge. Ma in Italia per arrivare nel 2010 al 5,75 per cento di consumi da biocarburanti, occorrerebbe per il solo biodiesel un’area 8,5 volte superiore a quella attualmente coltivata a colza e girasole, il che appare improbabile. Da parte sua, l’industria petrolifera non si oppone a nuove tecnologie e a soluzioni più avanzate; ritiene che la decisione più responsabile sarebbe quella di congelare la situazione fissando, per il 2020, obblighi non vincolanti, da rivedere in base allo sviluppo tecnologico futuro dei biocarburanti di seconda e terza generazione.
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