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TAJEDDINE BADDOU:
MAROCCO, UN VICINO CHE CERCA
AMICIZIA E PROGRESSO

 

Tajeddine Baddou,
ambasciatore del Marocco
presso il Quirinale



«Tra i due Paesi
esistono relazioni
di amicizia derivanti
da interessi comuni
e reciproca stima;
i rapporti politici sono soddisfacenti; l’Italia
è il quarto partner
del Marocco, dove
il made in Italy
è molto apprezzato,
occorre una maggiore presenza italiana»


tato musulmano di lingua araba, il Marocco, divenuto indipendente nel 1956 e retto da una monarchia costituzionale - il re è Mohammed VI -, ha tra i principali obbiettivi la realizzazione dell’unità del Magreb, ma, agendo nell’ambito di organismi internazionali di cui fa parte, ne condivide i principi, i diritti e gli obblighi. Oltre a garantire il diritto di proprietà e la libertà di impresa, il Marocco riafferma solennemente il rispetto dei diritti dell’Uomo. Nel Paese vige un sistema parlamentare bicamerale formato da due Camere: la Camera dei Consiglieri, che rappresenta le associazioni professionali e dei lavoratori dipendenti e le collettività locali; e la Camera dei Rappresentanti. Entrambe sono elette a suffragio universale diretto. Un Consiglio Superiore della Promozione nazionale elabora i Piani di sviluppo economico.
Il Governo è composto dal primo ministro nominato dal re, e dai ministri pure nominati dal re ma su proposta del primo ministro. In politica estera il Governo svolge un’intensa attività diplomatica per consolidare le relazioni politiche ed economiche con i partner tradizionali, che sono i Paesi dell’Unione Europea, gli Usa il Canadà; con i Paesi dell’Europa orientale, con i Paesi asiatici e del continente africano, oltre ai Paesi arabi: Tunisia, Libia, Giordania, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti. Il Marocco ha sempre avuto un rilevante ruolo internazionale, perfino superiore alla sua estensione, dovuto sia alla posizione strategica sia all’azione di alcuni suoi sovrani, come lo scomparso Hassan II. Dopo il Trattato di Roma nel 1957 è stato tra i primi Paesi del Sud a firmare un accordo di associazione con l’Unione Europea; il suo obiettivo principale è la creazione di una zona di libero scambio da realizzarsi prima del 2012. Illustra la situazione interna del Marocco, le prospettive di sviluppo economico, i rapporti con gli altri Paesi e soprattutto con l’Italia, gli aspetti del turismo, della cultura e dell’emigrazione, Tajeddine Baddou, ambasciatore del Regno del Marocco presso lo Stato italiano.

Domanda. Qual’è la situazione politica e soprattutto economica, sociale e occupazionale del vostro Paese?
Risposta. Da un punto di vista generale il Marocco attraversa un momento favorevole, vi regna Sua Maestà Mohammed VI, assiste a uno sviluppo mai avvenuto prima. La società si sta modernizzando, la vita pubblica si apre alla democrazia, si aprono grandi prospettive in campo sociale ed economico. La società marocchina avverte la necessità di superare le sofferenze e gli orrori di quelli che anche noi chiamiamo gli anni di piombo; parallelamente si affermano la democrazia e la lotta all’esclusione, alla precarietà e alla povertà. Il Marocco appare oggi sotto una nuova luce, tutti gli riconoscono questi risultati. È riconosciuto un partner privilegiato dell’Unione Europea, un laboratorio di modernità e di democratizzazione.

D. Quali sono gli anni difficili?
R. Soprattutto gli anni 70, dopo l’ottenimento dell’indipendenza, quando il Paese ha conosciuto grandi problemi di adattamento al nuovo regime e non è stato facile sbarazzarci dell’eredità coloniale. Oggi la popolazione aspira a una maggiore prosperità, pace e sicurezza, ma sa che non si possono ottenere da soli. Viviamo in un mondo di interdipendenza. Il Marocco ha scelto di agganciarsi all’Europa e parallelamente sente il bisogno di un’integrazione a livello regionale. L’unione del Magreb arabo è un’aspirazione fondamentale, il mezzo per superare i conflitti territoriali, economici, politici. Un Magreb forte e unito sarebbe un ottimo partner per l’Europa e per il resto del mondo. Il nostro partner più stretto è l’Europa, principalmente la Francia, la Spagna, l’Italia, il Portogallo e la Gran Bretagna; anche la Germania, ma certamente i Paesi più vicini a noi sono quelli del Mediterraneo.

D. Ha avuto effetti per voi l’introduzione dell’euro?
R. L’euro non influisce su di noi, perché abbiamo la nostra moneta nazionale, il dirham, ogni giorno quotata rispetto a un paniere di monete straniere, principalmente il dollaro, l’euro e le monete dei Paesi con cui abbiamo molti scambi. Abbiamo un sistema monetario molto flessibile, e questo ci permette di mantenere una certa indipendenza nei confronti delle monete più forti.

D. Quali conseguenze avete avuto dall’aumento dei prezzi petroliferi?
R. Il Marocco non produce idrocarburi, dipendiamo dal mercato internazionale, acquistiamo il petrolio a prezzo di mercato. Siamo comunque amici di Paesi produttori, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Kuwait. L’aumento del prezzo del petrolio ha fatto aumentare quello di tutti i prodotti di base; per non farlo pesare troppo su prodotti e beni di consumo quotidiano, il Marocco ha introdotto un sistema di compensazione grazie al quale i cittadini possono beneficiare di un peso minore sul loro paniere. Nonostante questo, l’economia gode di buona salute. Quello passato è stato un anno difficile; abbiamo dovuto importare grandi quantitativi di prodotti agricoli, abbiamo avuto la siccità e quest’anno ne abbiamo subito le conseguenze, con una rilevante importazione di cereali. Malgrado questi problemi che frenano lo sviluppo economico, il prodotto interno quest’anno aumenterà del 6,8 per cento.

D. In Europa e in Italia è in atto una sensibile tendenza inflazionistica; e nel vostro Paese?
R. Da noi l’inflazione, che riusciamo a controllare e speriamo di continuare a farlo, è di circa il 3 per cento. Gli indicatori economici sono positivi, rivelano una buona salute. Ma abbiamo bisogno di un tasso di crescita più accentuato per risolvere problemi strutturali come la povertà, l’analfabetismo, le malattie endemiche, gli ambienti e le abitazioni insalubri. Speriamo in una società dal benessere diffuso, per questo abbiamo bisogno di più investimenti, creazione di posti di lavoro, maggiore ricchezza. I disoccupati sono di più che in Italia, il 10 per cento della forza lavoro.

D. Quali rapporti intercorrono con l’Italia e in quali settori?
R. Esistono relazioni di amicizia derivanti da interessi e prospettive comuni e dalla reciproca stima; anche i rapporti politici sono soddisfacenti e quando c’è bisogno ci offriamo spesso aiuto reciproco; del resto con il tempo le relazioni aumentano e migliorano. Oggi l’Italia è il quarto partner del Marocco, nonostante il ritardo con il quale sono cominciati gli investimenti italiani. Il made in Italy è molto apprezzato dai marocchini, e per svilupparne maggiormente il consumo sarebbe opportuna una maggiore presenza dell’industria italiana. Francia, Spagna e Portogallo investono molto di più nel Marocco. Speriamo che anche gli investimenti italiani aumentino.

D. E i rapporti con i vostri vicini?
R. Abbiamo un problema - l’integrità del nostro territorio - che, conosciuto come il conflitto del Sahara occidentale, dura da molto tempo, e chi ne paga il prezzo è la popolazione rifugiatasi nei campi profughi in Algeria e quella che è presa in ostaggio. La popolazione di quella regione è formata in maggioranza da sahariani che vivono in pace e contribuiscono allo sviluppo sociale ed economico nazionale; ma la minoranza, sostenuta dall’Algeria, punta all’indipendenza, una soluzione inconcepibile per chiunque, in Europa e fuori, perché la creazione a tavolino di un’entità fittizia non può che provocare una catastrofe per la regione, per l’Europa e per il resto del mondo. Il Marocco desidera risolvere il problema nel rispetto del diritto all’autodeterminazione dei popoli, dotando questa parte del territorio nazionale di un’ampia autonomia come è stato fatto in Italia e in altri Paesi europei, per esempio in Sicilia, Sardegna, Trentino-Alto Adige, e Val d’Aosta, proclamate Regioni autonome. In Spagna varie Regioni, tra cui la Catalogna, hanno avuto analoga autonomia. Chiediamo ai Paesi amici, principalmente all’Italia, di aiutare noi e i nostri avversari a negoziare una soluzione giusta, durevole, consensuale.

D. Di quali organismi internazionali il Marocco fa parte?
R. Di tutti, non abbiamo problemi con nessuno, ad eccezione dell’Unione Africana perché il Marocco, che ne è stato membro fondatore, è stato ferito durante la guerra fredda, quando essa ha ammesso, sotto la pressione dell’Algeria alleata storica dell’Urss, la fantomatica Repubblica araba democratica Sharawi. Da quel momento il Marocco non fa più parte dell’Unione Africana, esigendo che essa rispetti la legalità internazionale. Se non altro perché le Nazioni Unite non riconoscono questa entità, e non è possibile che sia riconosciuta da un organismo regionale quando non lo è da un organismo internazionale.

D. Che cosa rappresenta per voi l’Unione per il Mediterraneo?
R. Sin dal primo giorno il Marocco ha giudicato l’iniziativa promettente e interessante. In un discorso a Tangeri il presidente francese Nicolas Sarkozy ha definito questa città un luogo simbolico per questa organizzazione, in quanto crocevia di culture e porta del Mediterraneo. Il Marocco opera attivamente all’interno dell’Unione mediterranea e del Processo di Barcellona; tra i Paesi della riva sud è il più impegnato nel partenariato. Dal momento che l’Europa deve comunque rivolgersi a sud, il Marocco è un cancello aperto e noi siamo i migliori studenti di essa. L’iniziativa rafforza lo stesso Processo di Barcellona che presenta qualche problema, contribuendo a promuovere in maniera più efficace il dialogo tra culture e religioni e ad eliminare intolleranza, violenza, terrorismo.

D. Che cosa esporta e importa in prevalenza il Marocco?
R. Tradizionalmente esporta prodotti del sottosuolo; è il primo produttore nel mondo di fosfati, la cui industria di trasformazione puntiamo a sviluppare per esportare prodotti finiti e quindi di maggior valore. In Italia il Marocco esporta molti prodotti agricoli, pomodori, arance clementine, mandarini, legumi; ma anche prodotti industriali tra cui i tessili. Molti imprenditori marocchini del settore inviano tessuti a Milano o a Shanghai. Il Marocco esporta altresì prodotti dell’industria meccanica come automobili Renault fabbricate in uno stabilimento a 50 chilometri da Tangeri. Molte imprese europee si stabiliscono nel nostro Paese grazie a un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, per cui i prodotti fabbricati in Marocco non pagano tasse all’arrivo negli Usa; insediandosi in Marocco, possono quindi conquistare il mercato americano.

D. A quanto ammonta l’interscambio commerciale con Italia?
R. Il volume globale si aggira su un migliaio di euro; la bilancia commerciale è favorevole all’Italia perché noi importiamo merci varie, soprattutto prodotti tecnologici. L’anno scorso abbiamo acquistato dall’Italia 16 treni interi, mentre esportiamo in Italia merce di minore valore commerciale. Speriamo che in futuro gli scambi siano più equilibrati. Stiamo cercando di rinegoziare gli accordi più antichi, tra cui quello di cooperazione giudiziaria firmato nel 1972; l’evoluzione dei rapporti fra i due Paesi e la presenza in Italia di una numerosa comunità marocchina ne impongono l’aggiornamento. Ma l’esistenza di un rapporto bilaterale fra i due Paesi e di un rapporto multilaterale con l’Unione Europea complica e ritarda questa azione.

D. Qual è la situazione di Tangeri?
R. Situato in una zona del Mediterraneo contraddistinta da notevole profondità, il suo porto è stato concepito per i container e per il trasporto di merci provenienti dall’Atlantico e anche dall’Est, e viceversa. Posto all’entrata del Mediterraneo, è uno dei più grandi dell’area. Tre mesi fa ha cominciato a ricevere le navi, ma i lavori continuano, va allargato ulteriormente. Alle sue spalle esiste un’area industriale che diventerà zona franca, per cui le imprese potranno installarvi le loro industrie, produrre merci e spedirle. Sono anche in costruzione gli stabilimenti di una grande fabbrica che produrrà 400 mila automobili l’anno, destinate all’esportazione.

D. Come fate a far conoscere alle aziende italiane queste opportunità?
R. Numerose di esse, operanti nei settori della meccanica e dell’automobile, sono interessate a investire in questa zona; sto cercando di convincerle a farlo, con vantaggi per entrambi i Paesi. In Marocco si registrano investimenti in tutti i settori, anche nell’aeronautica, che ha avuto un grandissimo sviluppo: realizziamo ad esempio componenti per la Boeing e per l’Airbus. A Casablanca c’è una zona specializzata in tale campo; sto cercando di convincere aziende come l’AgustaWestland ed altre, che possono essere interessate, anche perché l’Italia possiede industrie aeronautiche molto avanzate.

D. Qual è il mercato dei fosfati?
R. Nel campo della chimica concernente i fosfati si sono registrati consistenti investimenti stranieri. Non considerando gli Stati Uniti, faccio l’esempio dell’India che, essendo il maggiore Paese agricolo del mondo, è un grande importatore di tali prodotti ed è quindi il più grande cliente del Marocco. Con essa abbiamo stretto accordi per costruire, nell’uno e nell’altro Paese, industrie produttrici di fosfati. Poiché il trasporto dei prodotti finiti è più conveniente, esiste una grande cooperazione tra India e Marocco basata su ingenti investimenti tra i due Paesi.

D. Le aziende in India sono marocchine o insegnate loro le tecniche?
R. In India il Marocco ha investito molto nell’industria dei fosfati. Per noi è un’industria nazionale, si chiama Ufficio Sceriffale dei Fosfati, dipende dallo Stato, presto sarà quotata in Borsa e poi privatizzata; è una impresa gigantesca, una delle rare imprese marocchine che non sono state ancora privatizzate.

D. Come va il turismo?
R. Il Marocco è un Paese mediterraneo a forte vocazione turistica; è geograficamente avvantaggiato, dotato di una costa lunghissima lungo l’Atlantico. Ha un clima estremamente diversificato, sono presenti montagne di media e di notevole altezza, altipiani affascinanti, pianure verdeggianti e un deserto di meravigliosa bellezza. Anche la popolazione è molto diversa, possiede una cultura ricca e diversificata, a volte anche contrastante. Tutte queste caratteristiche fanno del Marocco un Paese turistico speciale; con una superficie di oltre 700 mila chilometri quadrati, ha una popolazione di 30 milioni di abitanti, il 10 per cento dei quali sono all’estero.

D. Che cosa vi chiedono i turisti?
R. Il turismo è molto sviluppato e dobbiamo soddisfare le richieste e le esigenze dei turisti occidentali, europei e americani, che desiderano un facile accesso al mare, stabilimenti confortevoli, campi di golf ovunque. Stiamo pertanto creando nuove città turistiche che si affacciano sia sul Mediterraneo sia sull’Atlantico, e che riscuotono già molto successo. Sono frutto di investimenti stranieri, principalmente spagnoli, francesi, belgi e molto degli Emirati e del Kuwait. Con essi si costruiscono alberghi, ville e appartamenti che si vendono soprattutto agli stranieri, che affluiscono numerosi in questi resorts e spendono molto. Io amo molto il Mediterraneo, ma preferisco l’Atlantico perché vi è più iodio.

D. Quanti sono i turisti stranieri?
R. Quest’anno ne sono stati registrati sei milioni ma il nostro obiettivo è di giungere a 10 milioni nel 2010, sperando che poi questa tendenza continui, anzi aumenti. Vorremmo superare l’Italia ma è un’impresa difficile. Non capisco però perché l’Italia non raggiunge la metà dei turisti che si recano in Francia. Io sono innamorato dell’Italia e ho cercato di intensificare, migliorare, dare l’importanza che meritano alle relazioni culturali tra questo Paese e il Marocco, compatibilmente con i limitati mezzi finanziari di cui disponiamo.

D. Come considera la cultura?
R. Sono tra coloro che la considerano il pilastro principale sul quale si basano la diplomazia e le relazioni tra i Paesi; e ritengo che non si può fare, costruire e intraprendere nulla senza la conoscenza reciproca. Solo la cultura può creare la fiducia e le emozioni comuni. Per me questo è essenziale. Abbiamo realizzato molte iniziative, purtroppo limitate. È dipeso anche dal fatto che l’Italia è un Paese molto diversificato, avremmo dovuto essere presenti ovunque, ma non è possibile. Quello che oggi nel nostro mondo riesce a raggiungere tutti è soprattutto la tv; ma è stato molto difficile per me coinvolgere le televisioni italiane, perché hanno i loro programmi, le loro politiche editoriali. Tuttavia sono riuscito ad avere dei risultati, e a far conoscere a molti marocchini le espressioni più belle della cultura italiana.

D. Che cosa in particolare?
R. Ho organizzato due bellissimi concerti, la prima volta lo scorso anno a Meknes con l’Orchestra sinfonica di Verona diretta da Riccardo Muti, la seconda volta nel giugno scorso a Fez e a Casablanca con l’Orchestra sinfonica Toscanini diretta da Lorin Mazel. È stato eseguito il Requiem di Giuseppe Verdi. Fez è più importante perché è la città spirituale del Marocco, Meknes è una delle città imperiali. È necessario sviluppare le relazioni culturali tra i due Paesi, moltiplicare gli incontri attraverso la musica, le arti, gli scambi universitari. I professori italiani devono soggiornare in Marocco e quelli marocchini in Italia, occorre aumentare gli scambi di studenti, aprirsi gli uni verso gli altri: è il solo modo per arricchirsi vicendevolmente dal punto di vista intellettuale, economico, sociale.

D. Qual’è la situazione dell’emigrazione?
R. I fenomeni migratori sono connaturati alla storia dell’umanità. Senza migrazioni non si sarebbe sviluppata la civiltà, non vi sarebbe stato sviluppo. In generale nelle dinamiche demografiche esistono differenze tra il Nord e il Sud del Mediterraneo, e questo si traduce in maggiore offerta di lavoro da una parte, di manodopera dall’altra. Come quella della maggior parte dei Paesi europei, la popolazione italiana registra un processo di invecchiamento e un deficit considerevole di forza lavoro. È così che gli stranieri si trovano oggi in Italia come nel XIX secolo gli italiani negli Stati Uniti, in Australia, in Argentina e in Sud America. Ora in Italia la situazione è migliorata, gli italiani tendeno a tornare e lo stesso fenomeno si è verificato in altri Paesi. Nel XIX secolo irlandesi e svedesi non avevano altra scelta che quella di emigrare, perché a casa loro morivano di fame; oggi Irlanda e Svezia sono Paesi economicamente prosperi, hanno un’economia più dinamica.

D. Quanti sono i marocchini attualmente presenti in Italia?
R. Non ho in mente il numero, ma la comunità marocchina è la più numerosa e in generale ben integrata nella società italiana. Quando mi sposto nelle province e nelle città, sindaci e presidenti si dicono felici di avere abitanti marocchini. La comunità marocchina registra qualche problema all’interno, ma questo è normale. Quanto al fenomeno dell’immigrazione illegale, i due Governi, italiano e marocchino, operano in perfetta cooperazione. Noi riteniamo l’immigrazione illegale un fenomeno perverso che costringe gli individui a vivere fuorilegge, ad evitare l’integrazione, ad avere comportamenti inadeguati anche perché si sentono sfruttati da un’economia sommersa ed esclusi da qualsiasi attività regolare. In questo campo non troviamo il rispetto dei diritti umani e si registra un alto tasso di criminalità. Noi continuiamo a lavorare con le autorità italiane affinché il Marocco possa coprire il deficit di lavoratori in Italia.

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