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l rafforzamento conseguito dalla Lega di Umberto Bossi nelle elezioni politiche del 13 e 14 aprile scorso e il conseguente maggior condizionamento che questo partito può esercitare nell’ambito della maggioranza e del Governo, in particolare con l’acquisizione delle deleghe per gli affari interni, le riforme e il federalismo, potrebbero preoccupare una grande parte di italiani, soprattutto del Centro-Sud. Non è un mistero il programma della Lega di aumentare al massimo l’autonomia delle Regioni soprattutto in campo fiscale, a scapito della politica di solidarietà attuata per un cinquantennio, e avvalorata negli anni 80 dall’abolizione delle gabbie salariali in base alle quali le retribuzioni dei lavoratori dipendenti erano inferiori nelle aree in cui era più basso il costo della vita, ovvero nel Centro-Sud, mentre i prodotti del Nord avevano gli stessi prezzi dovunque.

Proprio da qualcuno del Nord è stata fatta balenare, nelle settimane pre-elettorali, anche la proposta di una reintroduzione di tali gabbie. Io ho sempre ritenuto e affermato che la Lega non sarebbe neppure nata se, nel secondo dopoguerra, non fosse stata adottata la politica della solidarietà nazionale; se non fossero state compiute azioni definite sprechi, parassitismi e furti da certi ragionieri assurti, dopo la caduta del muro di Berlino e l’azione di Mani Pulite, a luminari della politica economica e monetaria nazionale; quella che ci ha regalato l’attuale, pesante e lunga inflazione e stagnazione.

Parlo dei lavori a regia, dei cantieri-scuola, dei piani-casa, della Cassa per il Mezzogiorno, delle pensioni facili, dei falsi invalidi, delle assunzioni alle Poste ecc. ecc.: se non vi fosse stato tutto questo, finanziato con le imposte versate non solo dai contribuenti del Nord ma da tutti gli italiani, non si sarebbe formato quel massiccio flusso finanziario che tuttora continua a risalire la Penisola andando ad alimentare i fatturati delle industrie del Nord, ricostruite e rilanciate, per di più, dai milioni di braccia di lavoratori meridionali.

Ritengo che l’affermazione elettorale e il maggior peso politico e governativo della Lega non debba preoccupare più di tanto il Centro-Sud per due motivi. Il primo è costituito dal fatto che sarà questo stesso partito ad avvertire e a temere un rischio; perché se la cosiddetta Padania acquisterà una maggiore autonomia in special modo in campo fiscale e quindi finanziario, avrà certamente dei vantaggi, ma saranno inesorabilmente destinati ad essere vanificati da ulteriori svantaggi in aggiunta a quelli che proprio la Lega oggi lamenta. La maggiore autonomia spetterà, infatti, anche alle altre Regioni, per cui in Italia si moltiplicheranno disordine, sprechi, clientelismo; diminuiranno i redditi da spendere nel Nord; ci si arroccherà in difesa delle economie locali; cresceranno l’ostilità verso gli estranei e la chiusura verso le imprese settentrionali. Ed avranno una giustificazione ed eserciteranno una maggiore influenza le mafie locali.

Già oggi le imprese del Nord lamentano che, a causa di tali mafie, nel Centro-Sud non possono investire e quindi esportarne i profitti; figuriamoci se sarà attribuita alle Regioni quell’autonomia impositiva che, parzialmente concessa 15 anni fa ai Comuni con l’Ici, non ha responsabilizzato affatto gli amministratori locali come promesso, ma è diventata per essi un’ulteriore fonte di sprechi e, per famiglie e imprese, un altro odioso balzello. Tutto questo si aggiungerebbe ai diktat dei grandi gruppi finanziari e bancari privati europei i quali, avvalendosi dei Patti firmati da ragionieri e politicanti nostrani non autorizzati da alcun referendum popolare, ci costringono ad eliminare non solo la solidarietà sociale attuata in passato tramite l’intervento dello Stato nell’economia, ma addirittura l’osservanza delle più elementari e fondamentali regole di politica economica e monetaria.

Il secondo motivo per il quale l’affermazione elettorale della Lega non deve preoccupare più di tanto gli italiani del Centro-Sud consiste nel fatto che, in fondo, la stragrande maggioranza degli italiani sono anche un po’ leghisti. Almeno per il fatto che questo partito si dichiara contro la disamministrazione, gli sprechi di pubblico danaro, la corruzione, il disordine, l’assenteismo, la delinquenza, l’immigrazione clandestina e selvaggia, lo strapotere della burocrazia, l’inanità dei politici, le contraddizioni e i ritardi della magistratura, il malcostume e tanti altri difetti che amareggiano la vita quotidiana di tutti. Se questa è la Lega, chi non è leghista soprattutto nel Centro-Sud, dove è innegabile che tali difetti sono accentuati?
Se la Lega punta solo a questo, non bisogna temerla né combatterla, ma sostenerla. Del resto non è la prima volta che dal Nord parte un’azione di moralizzazione del Paese; senza rifarci agli avvenimenti del 1922, evolutisi negli anni purtroppo negativamente e finiti tragicamente, basta riandare solo a 15 anni fa, all’inchiesta giudiziaria di Mani Pulite avviata e condotta dalla Procura della Repubblica milanese che ha travolto a freddo un’intera classe politica e decretato, senza alcun referendum popolare, la fine della Prima Repubblica.

Diverso sarebbe, però, il caso di una maggiore autonomia impositiva, ovvero di un federalismo fiscale destinato non tanto a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni del Nord, del resto già abbastanza soddisfacenti, quanto ad incrementare i grandi affari del capitalismo settentronale alleato con quello europeo, dei monopoli, degli oligopoli privati e delle multinazionali, a carico delle piccole e medie imprese, delle famiglie e dei lavoratori non solo del Centro-Sud ma di tutto il Paese. Nel 1922 il Fascismo si impose in Italia per ristabilire l’ordine e la legalità e alle prime elezioni del 1924 ottenne oltre il 66 per cento dei voti espressi, poi si scoprì che era finanziato dai capitalisti dell’epoca, gli agrari.

Non si possono fare paragoni tra allora e oggi perché il quadro internazionale è profondamente cambiato, ma in un’economia aperta e in un mercato globalizzato gli insegnamenti della storia sono più che mai validi. E nel caso del Nord e del Sud d’Italia basta ricordare l’apologo raccontato da Menenio Agrippa ai plebei romani in rivolta contro i patrizi: quello della complementarietà dei vari organi del corpo umano, ovvero di una società e di un Paese.

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