GIANFRANCO SGRO:
LOGISTICA,
L'ITALIA
SUPERATA
DA ALTRI PAESI
a cura di
FRANCESCO PIPPI
L’ing. Gianfranco Sgro,
amministratore delegato
della Ceva Logistics
per il Mediterraneo
«Come mercato
logistico, l’Italia avrebbe
potuto svilupparsi
molto più di quanto
abbia fatto;
la conseguenza è che
oggi non rappresenta
un Paese di primaria
importanza per
gli operatori logistici
internazionali; studiosi
calcolano che il ritardo
strutturale italiano
provochi un gap
di produttività di almeno
il 20 per cento
rispetto agli altri
Paesi europei»
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rima notizia: la partita logistica italiana è persa, per almeno un decennio. «Per molti anni si è descritta l’Italia come la banchina o la portaerei naturale del Mediterraneo, punto di scambio ideale per le merci che arrivavano dall’Est asiatico ed erano dirette al mercato europeo, e viceversa. Ma gli investimenti in infrastrutture necessari per trasformare questa potenzialità in realtà non ci sono stati. Nel frattempo la Spagna ci ha superato. E, fatto ancora più importante, vi sono Paesi del Medio Oriente - come Dubai nel quale è oggi attiva una gru su quattro attualmente in funzione in tutto il mondo -, che saranno ben presto banchina e portaerei insieme: nello stesso Dubai già oggi il porto e l’aeroporto operano in piena sintonia:per partire gli aerei attendono le merci che arrivano via nave».
Seconda notizia: anche la battaglia per un autotrasporto nazionale più efficiente, se non perduta, certamente non volge al meglio: «Siamo un Paese nel quale il regime delle tariffe obbligatorie a forcella, un sistema che predeterminava i prezzi dell’autostrasporto in base a parametri predefiniti e non al libero esplicarsi del mercato, è stato abolito ufficialmente due anni fa. Ma, anche a prescindere dagli innumerevoli contenziosi che ne sono seguiti, ancora oggi l’autotrasporto italiano ha un indice di saturazione dei carichi di circa il 50 per cento, le aziende sono ancora centinaia di migliaia e la loro poca efficienza le porta a risparmiare su aspetti, quali l’ammodernamento, che invece andrebbero incentivati».
La terza notizia, in apparente contraddizione con le prime due, è che per il quarto operatore mondiale del settore - il Gruppo Ceva Logistics nato dalla recente fusione fra l’olandese Tnt Logistics e l’americana Egl e controllato dal fondo americano Apollo Management -, il mercato italiano della logistica comunque rappresenta il primo mercato nazionale, fatturando oltre un miliardo di euro dei 6,2 complessivamente fatturati nel mondo. E il primato non è solo quantitativo ma qualitativo, spiega l’amministratore delegato del Gruppo per il Sud Europa, il Medio Oriente e l’Africa, ing. Gianfranco Sgro: «La nostra leadership è il risultato di un continuo affinamento dell’offerta, messo a punto insieme ai nostri partner, e di scelte particolarmente innovative che ci pongono all’avanguardia non solamente nel mercato nazionale, ma anche rispetto agli altri Paesi».
A qualche cinefilo verrà forse in mente la scena finale di «Maccheroni», il film di Ettore Scola nel quale un riconquistato (a Napoli e all’Italia) Jack Lemmon apparecchia la tavola in attesa dell’ennesima resurrezione, che puntualmente avviene, del suo amico Marcello Mastroianni e di tutto ciò che egli rappresenta: per un motivo o per l’altro e malgrado tutto, alla fine l’Italia ce la fa, va avanti e produce ricchezza, posti di lavoro, prospettive per il futuro. «In un certo senso è così, ma dietro non c’è nessun miracolo», conferma Sgro.
Che cosa ci sia dietro, lo spiega questo manager torinese fresco quarantenne, laureato al Politecnico di Torino e con una carriera tutta all’interno della Tnt, della quale ha vissuto le recenti evoluzioni societarie: dall’acquisto nel 1996 della compagnia australiana fondata nel 1946, da parte dell’olandese Kpn, alla divisione della stessa, avvenuta due anni dopo, in tre divisioni, Tnt Logistics, Tnt Express e Tnt Post; dall’annuncio dell’azionista a fine 2005 della volontà di vendere le attività logistiche, all’acquisizione nell’autunno 2006 da parte del fondo Apollo Management L.P., con il cambio di denominazione della società in Ceva Logistics; dall’acquisizione, nell’agosto 2007, della Eagle Global Logistics fino alla conclusione, in pochissimi mesi, del processo di fusione fra le due entità e alla nascita ufficiale, a fine 2007, di un unico operatore con 52 mila dipendenti e oltre 8 milioni di metri quadrati di magazzini gestiti.
Domanda. Che cosa rappresenta oggi la Ceva Logistics?
Risposta. È la quarta «pure logistics company» del mondo, con una presenza globale che le fa realizzare circa la metà del fatturato in Europa, Medio Oriente e Africa, il 30 per cento nelle Americhe e il restante 20 per cento nella regione Asia-Pacifico. I principali settori serviti sono l’auto, 30 per cento; la parte tecnologica, 20 per cento; il mondo consumer, 15 per cento, mentre le attività coprono tutte le fasi della fornitura: dai trasporti internazionali, prevalentemente navali e aerei, alla logistica nazionale con il magazzinaggio, la distribuzione e una serie di servizi che ruotano intorno all’attività principale.
D. Che cosa rappresenta attualmente l’Italia per la logistica internazionale e per il vostro Gruppo?
R. Come mercato logistico - parlo anche come vicepresidente di Assologistica, organizzazione italiana di categoria che raggruppa circa 250 operatori del settore -, l’Italia avrebbe potuto svilupparsi molto più di quanto abbia fatto, con la conseguenza che oggi non rappresenta un Paese di primaria importanza per gli operatori logistici internazionali. Questo è avvenuto per la debolezza della sua infrastruttura, rimasta sostanzialmente immutata nell’ultimo trentennio, e per il persistere di notevoli complessità normative e burocratiche. Nel frattempo altri Paesi sono andati avanti molto velocemente: la Spagna nella logistica ci ha sorpassato; gli Emirati Arabi Uniti registrano elevatissimi tassi di crescita grazie a una pianificazione fortemente sostenuta dai Governi locali, e ben presto scavalcheranno il nostro Paese per servire un bacino di circa 2 miliardi di persone. Oggi per il Gruppo Ceva Logistics l’Italia è il più grande nell mondo, con un fatturato annuo di oltre 1,1 miliardi di euro e 6.500 dipendenti.
D. Come è riuscita a conquistare questo primato?
R. Decisiva è stata la partnership con la Fiat Auto, della quale gestiamo dal 1994 la distribuzione mondiale dei ricambi per i marchi Fiat, Lancia e Alfa Romeo e, dal 1998, anche la logistica interna per gli stabilimenti dell’area di Torino e per alcuni del Sud Italia. Oggi la Ceva Logistics è ai primi posti nel mondo nella fornitura di servizi logistici integrati alle aziende del settore auto. In Italia siamo poi tra i primi in tre altri settori: le telecomunicazioni, con una quota di circa del 30 per cento, una partnership esclusiva con la Telecom Italia e, nell’ambito della telefonia mobile, clienti quali Tim, Vodafone e Wind; l’editoria, con una quota del 50 per cento nei libri e di circa il 30 nella distribuzione di giornali e periodici; nell’elettronica di consumo, di cui deteniamo oltre un quarto del mercato totale. La nostra crescita è stata continua nel tempo, e nel 2007 abbiamo segnato un ulteriore aumento del 3 per cento del fatturato. Intendiamo proseguire così anche nel 2008.
D. Come si fa a conquistare i primi posti nel mercato e a rimanervi?
R. Fornendo un servizio all’avanguardia per efficienza e tempestività; perseguendo una continua innovazione tecnologica; non smettendo mai di cercare soluzioni nuove da affiancare al tradizionale servizio logistico. Prendiamo il caso della Telecom Italia: il nostro Gruppo fornisce a tutti i tecnici che ogni giorno effettuano riparazioni i necessari pezzi di ricambio. Ciò richiede la gestione quotidiana di decine di migliaia di ordini, in modo che che ognuno riceva il pezzo richiesto per compiere il proprio lavoro. Tecnicamente questo si chiama «direct flow», o logistica diretta. Recentemente, però, siamo entrati nel campo della cosiddetta «logistica inversa»: Ceva Logistics non solo raccoglie le componenti o gli apparecchi guasti del cliente, ma li ripara o, come si dice, li «ricondiziona» per immetterli di nuovo nel circuito distributivo. A tal fine ha costituito, in joint venture con la Celltel, la società Telis, operante a Scarmagno vicino Torino: ha reperito sul luogo personale specializzato per lo più proveniente dall’Olivetti, che aveva qui un importante insediamento, e ha cominciato un’attività che oggi dà lavoro a 300 persone e fattura circa 100 milioni di euro all’anno, non solo con aziende italiane.
D. E con chi altro?
R. Nel febbraio 2006 l’allora Tnt Logistics ha stipulato un accordo con la giapponese Denso del Gruppo Toyota, leader mondiale nella produzione di scanner manuali per codici a barre, per la riparazione e la gestione logistica dei propri prodotti nel territorio europeo. Ha potuto farlo perché si è creata, accanto al centro di riparazione, un’efficiente rete logistica capace di offrire un servizio completo, comprendente la raccolta del pezzo, la riparazione e la riconsegna al sito o al cliente finale. Un meccanismo vincente, che consente alla Ceva Logistics di aumentare il fatturato e ampliare la clientela, ma anche, in termini generali, di strappare lavoro ad altri Paesi per portarlo in Italia.
D. Questo modello è stato replicato?
R. Sì. Porto due esempi, uno dalle utilities e uno dall’auto. Con l’Enel abbiamo siglato un contratto che ci renderà fornitori di un milione di contatori digitali bidirezionali all’anno, prodotti nello stabilimento di Pagani presso Salerno. La Telmec, posseduta interamente dalla Telis, con impiego di 60 persone assemblerà le componenti provenienti da un fornitore cinese e, prodotti i contatori, li consegnerà all’Enel che provvederà alla distribuzione finale. Nell’auto abbiamo una produzione industriale nella parte ricambistica, in particolare nel trattamento delle parti metalliche delle vetture, che impiega centinaia di persone in processi tipicamente industriali.
D. Logistica e produzione non sono più, per voi, ambiti separati?
R. Nei settori in cui siamo avanti il concetto di gestione della catena del rifornimento si è ampliato ad ambiti nuovi, ma strettamente connessi. Per rimanere prima sul mercato la Ceva Logistics ritiene indispensabile oltrepassare il classico servizio «muri e ruote», vale a dire il trasporto e il magazzino delle merci. Da questo punto di vista l’esperienza italiana costituisce oggetto di riflessione anche per gli altri Paesi.
D. Com’è possibile in un mercato arretrato come quello italiano?
R. L’arretratezza è un dato di fatto: gli studiosi calcolano che il ritardo strutturale italiano provochi un gap di produttività di almeno il 20 per cento rispetto agli altri Paesi europei. Tuttavia l’Italia è un grande mercato che può e deve essere servito nel modo migliore, nonostante le difficoltà. È quanto la Ceva Logistics intende fare. Visto che su gomma continuano a viaggiare circa i tre quarti delle merci, indubbiamente il settore del trasporto e quindi dell’autotrasporto soffre di gravi ritardi nel versante organizzativo. Lo testimoniano l’abolizione troppo recente di regimi anti-mercato come il sistema delle tariffe a forcella; la perdurante opposizione alle norme in favore della liberalizzazione provenienti da Bruxelles e all’introduzione di strumenti, come il tachigrafo digitale, che dovrebbero aiutare a farle rispettare; il permanere di un’offerta troppo variegata e parcellizzata, nella quale troppe aziende sono costituite da una persona e da un camion.
D. Un’offerta vasta e frammentata non dovrebbe portare alla guerra dei prezzi?
R. Potrebbe sembrare così, ma il risultato è una competizione senza regole nella quale troppi, combattendo solo a colpi di sconti, rinunciano a qualsiasi prospettiva di miglioramento del servizio - mezzi più moderni e meno inquinanti -, e soprattutto a una più razionale considerazione dei costi di trasporto. Oggi la saturazione media dei camion in Italia non raggiunge il 50 per cento. La Ceva Logistics ha in giro ogni giorno nel Paese quasi 2 mila mezzi, e se uno di loro parte con una saturazione inferiore all’85 per cento diventa per l’azienda motivo di grande preoccupazione. La strada verso la razionalizzazione del settore è lunga, ma spetta a noi operatori il compito primario di riorganizzare i flussi e migliorare tutte le fasi della filiera logistica.
D. Quali sono le linee di sviluppo della Ceva Logistics in Italia?
R. Consolidare la leadership nei nostri quattro settori di riferimento, per ciascuno dei quali c’è un grande lavoro da compiere. Un esempio: nella distribuzione di giornali e riviste l’indice medio delle rese è circa il 30 per cento: su 100 quotidiani, 30 tornano indietro. Siamo impegnati a ridurre in maniera significativa tale valore, con i principali operatori del settore.
D. Avete individuato nuovi mercati?
R. Rivolgeremo particolare attenzione alla moda, dai vestiti alle calzature, che sta avendo un notevole sviluppo non solo nell’ambito nazionale. Guardiamo a tutto il mondo delle medie imprese che, complice un cambio generazionale, si affacciano al mercato, interno e internazionale in modo più moderno. Diciamo loro di concentrarsi sulle proprie possibilità di sviluppo: da noi avranno strumenti e servizi necessari alla crescita.
D. Quanto ha influito sulla vostra azienda la ripresa della Fiat ?
R. In quasi 15 anni di collaborazione abbiamo vissuto tutti i momenti della storia della Fiat. Il recupero registrato negli ultimi tempi riguarda i volumi di vendita; ma l’aumento delle vendite è l’effetto, e non la causa, dell’attenzione alla qualità dei processi e del livello del servizio esercitata dal nuovo gruppo dirigente. Tale politica ha costituito anche per noi, che siamo il consolidato partner logistico, un forte stimolo al miglioramento. Quando i volumi hanno cominciato a crescere, abbiamo sviluppato il settore auto: nel 2007 delle oltre 120 persone assunte, di cui l’85 per cento laureate, metà sono state impiegate in questo settore. Negli ultimi due anni la Fiat ha recuperato credibilità e sistemato i conti. Ora occorre consolidare i risultati, compito altrettanto se non più difficile del precedente. L’attenzione e l’impegno sono massimi anche da parte nostra.
D. In meno di due anni la ex Tnt Logistics, per dar vita a un gruppo ora al quarto posto per fatturato, ha cambiato padrone e nome, e ha assorbito una concorrente: che giudizio dà?
R. Quando uscì dall’orbita della multinazionale Tnt per entrare in quella dell’Apollo Management, molti di noi nutrivano dei dubbi. Sui fondi di private equity si è detto di tutto, raramente in positivo, sono stati descritti come locuste e cavallette, interessate solo a far fruttare l’investimento compiuto e a spremere ricchezza dalla preda conquistata. Nel nostro caso non è andata così, e i vantaggi derivati dall’acquisizione sono largamente superiori agli svantaggi. I tempi di approvazione di rilevanti investimenti, pari anche a molti milioni di euro, sono scesi dai 20-30 giorni precedenti a non più di 48 ore. Non per mancanza di controllo o per superficialità, ma per l’accresciuta fiducia nel management, che è socio dell’azienda. L’azionista non entra in merito alle decisioni dei vari manager locali, in quanto non è il suo mestiere; limita l’esame agli aspetti finanziari dell’investimento che il management propone, con un’attenzione paragonabile a quella del buon padre di famiglia. L’aumentata velocità decisionale ci rende più credibili agli occhi dei clienti che apprezzano la nostra capacità di rispondere tempestivamente alle loro richieste. I tempi d’integrazione fra Tnt ed Egl sono stati poco più di tre mesi mentre nelle multinazionali processi del genere richiedono anni distogliendo il management dall’attività.
D. Non è vero che i fondi cercano di aumentare i guadagni per andarsene appena possibile?
R. Non so rispondere in generale, ma nel nostro caso non è così: fra il 2006 e il 2007 gli investimenti sono cresciuti dell’8 per cento; riguardo al tempo in cui Apollo Management rimarrà azionista di controllo del Gruppo, i precedenti indicano una durata media di permanenza di 5-6 anni. Siamo di fronte a tutt’altro che a un investimento speculativo.
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