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RETROSPECCHIO


Una ballata, quella del si dice, da ballare e da leggere. Al femminile





Si potrebbe dire che tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino nel descrivere il libro di queste tre signore, Maria Caterina Federici, Igea Frezza e Fiorella Soldà, «La ballata del si dice... - Identità e memorie nella cultura postmoderna», nel quale emergono pulsioni umane dall’analisi dei proverbi agresti di tutti i tempi. Ci lascia lo zampino la femminilità, che è eterna lotta tra il bene e il male, e la declinazione delle generazioni che, tramandando detti, tramandano dolori ed esperienze per farne tesoro. E un tesoro, infatti, è questo volumetto che si aggiunge al patrimonio di cultura che viene rivendicato, lo stesso che fa ricordare all’uomo le proprie origini nel ritualizzare gli eventi negativi del vivere per sdrammatizzare la morte, nel riconoscere il gruppo e la comunità, nel perdere se stesso. Per questo le tre autrici - l’una professoressa ordinaria di Sociologia all’Università degli Studi di Perugia e già autrice di decine di libri, l’altra impegnata nella conservazione delle tradizioni di Amelia, la terza insegnante di lingua francese nei licei e scrittrice - si confrontano in questo testo come tre amiche colte che ammettono la saggezza della vecchiaia e dell’esperienza - soprattutto quella del contadino umbro - e pure la paura di veder scorrere gli anni senza trovare il tempo di ringraziare il passato per quanto di prezioso ogni singolo contadino ha lasciato sull’amore e sul (non)senso del dimenticare. Proverbio dopo proverbio.
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