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DIARIO ROMANO

I costi fantasma della
politica locale




Il Palazzo dei Senatori in Campidoglio, sede del Comune di Roma

ressoché ignorata dalla massa dei romani impegnati negli ultimi modesti preparativi per le imminenti Festività di fine anno, la «letterina di Natale» diretta il 21 dicembre scorso al presidente del Consiglio Romano Prodi dal presidente del Consiglio comunale di Roma Mirko Coratti, e intitolata «Contenere i costi della politica ma senza impedirne l’espletamento», non può essere archiviata senza esaminare le argomentazioni usate dai politici locali rappresentati appunto dal Coratti, per sottrarre ai tagli della Finanziaria 2008 il «sistema di remunerazione» della loro attività, ovvero i loro privilegi e le loro prebende. La letterina si apre con un quesito: perché penalizzare soltanto coloro che «svolgono attività politica a diretto contatto con i problemi dei cittadini e del territorio», mentre nessun taglio è previsto per le remunerazioni dei politici regionali e nazionali?
Sembra proprio una commovente «letterina di Natale» ai genitori, piena di buoni propositi e di sincere promesse, tramite la quale l’autore, a diretto contatto i cittadini, intendeva trasmettere al Governo il loro desiderio di tagliare anche i compensi di queste due ultime categorie. Ma non era affatto così. La letterina chiedeva esattamente l’opposto, fornendo qualche esempio concreto degli effetti dei tagli prospettati: se i consiglieri municipali, comunali, provinciali, «decideranno di dedicarsi a tempo pieno all’attività istituzionale e chiederanno per questo motivo di essere collocati in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato, dovranno assumere a proprio carico l’intero pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura».

Invece tali oneri dovrebbero essere accollati, sotto l’una o l’altra voce, all’Amministrazione locale? Altro che tagli ai compensi, semmai aumenti. Un argomento convincente, ma solo apparentemente. Come farebbero tali amministratori a «dedicarsi a tempo pieno all’attività istituzionale» se la legge 81 del 1993 impone, nei Comuni sopra i 15 mila abitanti, Giunte formate da assessori non consiglieri, scelti dal sindaco al di fuori del Consiglio comunale? E ammesso che alcuni, volontariamente e per loro scelta, in qualità di amministratori si impegnino a tempo pieno nelle rispettive istituzioni e si pongano in aspettativa senza stipendio nelle aziende da cui dipendono, possono pretendere che il Comune o la Provincia paghi per loro gli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura, prima gravanti sulle aziende stesse?

Stiamo a parlare di persone che volontariamente si sono candidate alle elezioni, hanno faticato per farsi eleggere, hanno preteso o comunque accettato spontaneamente cariche e incarichi; non si tratta di dipendenti, di lavoratori subordinati, di prestatori di opera. Secondo il presidente Coratti, dal contenimento dei costi della politica riceverebbero anche un altro svantaggio: non potrebbero più richiedere l’indennità di funzione prevista in precedenza per la loro attività istituzionale, ma sarebbero retribuiti esclusivamente con un gettone di presenza, per un ammontare complessivo di circa mille euro al mese, somma «ormai individuata come soglia della condizione di indigenza sociale».

Quindi consiglieri poveri quasi come il Bambino Gesù, per la cui nascita hanno sempre sperperato denari dei cittadini in riti pagani, feste paesane, sprechi pubblici. A proposito di sprechi: «La possibilità di impegno dei consiglieri sarà ulteriormente limitata dalle restrizioni aggiuntive previste nel caso di partecipazione a commissioni comunque denominate, o a missioni fuori dal territorio dell’Ente locale–ha aggiunto Coratti nella letterina–. Infatti nel primo caso non potranno percepire alcun compenso; nel secondo caso sarà abolita la specifica indennità precedentemente prevista, sostituita con il rimborso delle spese effettivamente sostenute e di un rimborso forfettario omnicomprensivo».

La letterina di Natale, forse proprio perché era Natale, ha fatto capire a tanti cittadini che abolire compensi per la partecipazione a commissioni è l’unico sistema per bloccare la proliferazione delle stesse, create appunto per elargire somme a commissari solitamente scelti tra amici di partito e sostenitori. E che abolire l’indennità di missione per viaggi fuori del Municipio, del Comune o della Provincia, non significa impedire ai rispettivi consiglieri di spostarsi da Piazza del Popolo a Piazza Cavour, da Ciampino a Fiumicino o da Roma a Viterbo; semmai da Roma a Pechino, a Tokyo, a New York, a San Paolo del Brasile. Spostamenti di massa: tutti insieme in folte e costosissime carovane: consiglieri di maggioranza e di opposizione, accompagnatori, consulenti, amici, modelle, ballerine, cantanti ecc.

«La forte penalizzazione a carico dei consiglieri comunali, provinciali e municipali potrebbe comportare un pericoloso contraccolpo su alcuni importanti obiettivi delle politiche di efficientamento delle amministrazioni locali–avverte Coratti–; i consiglieri municipali di Roma sono lo strumento pensato per realizzare l’avvicinamento del governo di molte funzioni di base ai cittadini residenti». E con il mancato «efficientamento», un altro rischio concreto: «Far diventare l’attività amministrativa locale un privilegio per benestanti: infatti chi potrà permettersi di dedicarsi a tali attività con dedizione e massimo impegno, così come richiesto in una capitale europea come Roma, per mille euro al mese e caricandosi gli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura?».

Un rischio che preoccupa tutti i cittadini perché sanno che purtroppo non si realizzerà; per cui non potranno beneficiare del contenimento dei costi della politica e quindi delle tasse subite. Quanto all’esistenza di un sufficiente numero di benestanti disposti ad accollarsi gratis l’attività amministrativa, si dovrebbero fare i conti con le infinite aspirazioni di chi addirittura pagherebbe per farlo.

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