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AdEPP

Le buone ragioni
per discutere l’autonomia
delle Casse professionali

di Maurizio De Tilla, presidente della Cassa Forense e dell'AdEPP

a più parti è ormai riconosciuto che, nell’ambito della realtà previdenziale italiana, le Casse private dei professionisti rappresentano un esempio particolarmente indicativo di come si possa attuare una politica sociale dai più moderni connotati, conciliando l’impegno primario di raccogliere contributi dalle generazioni attive e trasferire un reddito a quelle non più attive e nello stesso tempo accumulare riserve a garanzia delle prestazioni future. Nella comparazione - e contrapposizione - tra pubblico e privato, gli enti dei professionisti si vanno oggi configurando come un modello innovativo del sistema italiano di politica sociale e, nello stesso tempo, come laboratorio di sperimentazione per l’individuazione di sistemi previdenziali.

Ciò è dovuto principalmente all’esercizio dei poteri conseguenti alla privatizzazione avvenuta con il decreto legislativo del 30 giugno 1994 n. 509 e all’istituzione di nuovi soggetti previdenziali privati in seguito all’emanazione del decreto legislativo 103 del 1996. La raggiunta autonomia degli enti di previdenza privati dei professionisti, aderenti all’AdEPP costituisce un traguardo importante da difendere e ampliare nella consapevolezza di aver svolto per i liberi professionisti, e insieme ai liberi professionisti, una fondamentale funzione di natura costituzionale, raggiungendo in piena autonomia obiettivi lusinghieri, anche non previsti, negli andamenti finanziari e nei risultati di bilancio.
Dopo dieci anni di gestione autonoma le Casse professionali costituiscono una realtà complessa plasmata sulle specificità di ciascuna professione, ma che si configurano unitariamente come un modello innovativo che coniuga l’autonomia privata con le finalità sociali che derivano dal dettato costituzionale.

Va sottolineato che la scelta di utilizzare il settore privato per attuare una finalità sociale è stata realizzata con profonda convinzione da parte delle rappresentanze professionali, e con una corrispondente assunzione di responsabilità e di rischio da parte dei professionisti iscritti, nella consapevolezza che provvedere in autonomia ai propri trattamenti previdenziali costituisce un’alternativa moderna, che consente di pensare alla previdenza professionale in termini non solo di trattamento strettamente pensionistico, ma di «tutela globale» intesa anche come tutela della salute e del tempo libero, e di solidarietà verso il professionista nel corso di tutto l’arco della sua vita. A tale scopo nel 1996 i soggetti di previdenza privati hanno istituito formalmente l’AdEPP, associazione per la rappresentanza dei loro interessi comuni che costituisce oggi uno strumento di sinergia di questi enti e svolge un ruolo importante di azione e di coordinamento nell’esprimere i punti unitari, nel dialogare con le Istituzioni e con l’esterno in generale.

Molte sono le battaglie intraprese dall’Associazione, alcune delle quali hanno già condotto a risultati concreti, tra i quali figura la possibilità di istituire forme di previdenza complementare e di assistenza sanitaria integrativa, oppure le nuove norme sulla totalizzazione dei periodi contributivi e sul tetto all’indennità di maternità. Va peraltro tenuto conto che, per effetto della creazione dell’associazione delle Casse dei professionisti, sono scaturiti un migliore spirito comune, una spiccata coesione e una maggiore responsabilizzazione del ruolo ricoperto. In questo modo è stato anche possibile uniformare i dati di bilancio attuariale e divulgarli nella loro essenza e verità.

Tali dati segnalano tutti un incremento del comparto economico delle professioni e una complessiva stabilità finanziaria; da essi emerge che le Casse professionali gestiscono oggi la previdenza e l’assistenza di circa un milione di professionisti, pari a oltre il 70 per cento del totale dei professionisti iscritti negli Albi; gli iscritti regolarmente alla propria Cassa di previdenza rappresentano quella porzione di professionisti che svolgono l’attività in modo continuo e primario. Tra l’altro, confrontando il numero dei professionisti esistenti in Italia con l’ammontare della popolazione, emerge la presenza di circa due professionisti ogni cento abitanti.

I dati raccolti sul numero di professionisti iscritti a ciascuna Cassa di previdenza rivelano un settore in continua e progressiva crescita, sintomo di un’economia italiana che spinge per una forte richiesta di attività professionali. I tassi medi annui di crescita del numero di professionisti sono generalmente elevati e in progressivo aumento; nel 2003 si è avuta una crescita media, rispetto al 2002, pari al 5,3 per cento, mentre nel 2002 era pari al 3,8. Ciò è dovuto essenzialmente al fatto che siamo di fronte a un comparto lavorativo relativamente «giovane», caratterizzato generalmente da flussi consistenti di nuovi ingressi in attività e, contemporaneamente, da flussi di uscita per pensionamento ancora numericamente contenuti.

Si evidenzia, infatti, un ottimo rapporto intergenerazionale rappresentato da circa quattro professionisti in attività per ogni professionista già pensionato, rapporto demografico di gran lunga migliore di quello riscontrato nella maggior parte di settori lavorativi italiani: nel settore pubblico tale rapporto è molto vicino all’unità. Tra l’altro, rispetto alla previdenza pubblica per la quale i rapporti demografici sono già fortemente critici, le previsioni attuariali delle Casse professionali mostrano che questi si manterranno positivi ancora per un paio di decenni.

Tuttavia il calo demografico e l’allungamento della vita media, eventi che hanno già prodotto i loro effetti nel sistema previdenziale pubblico, potrebbero mostrare, nel prossimo trentennio, i medesimi effetti, anche se con un certo ritardo, nella previdenza dei professionisti. Per far fronte a questo rischio le Casse professionali devono proseguire nell’efficace opera di accumulazione di riserve al fine di allungare il periodo temporale dei saldi positivi nelle proiezioni attuariali, assestando contributi e pensioni nell’ambito delle migliori garanzie per le generazioni future.

Per questo gli enti privati dei professionisti - fondazioni e associazioni private -, si avviano a disattendere, nella sostanza, il sistema a ripartizione per attuare schemi previdenziali che, a maggiore garanzia degli iscritti, prevedono l’accantonamento di capitale. Il trasferimento di parte delle risorse contributive ai mercati finanziari consente, peraltro, di ottenere progressivamente identici livelli di copertura a minor costo grazie ai migliori risultati degli investimenti nel mercato.
Il risparmio dei professionisti iscritti alle Casse, versato sotto forma di contributi previdenziali, viene oggi in parte utilizzato per finanziare il cosiddetto consumo dei pensionati alimentando la domanda di beni e servizi da parte di questi ultimi, e in parte accantonato e capitalizzato attraverso la gestione di un portafoglio unico, diversificato e più efficiente, rispetto a quanto ciascun contribuente singolarmente possa ottenere, grazie a una politica di investimento più equilibrata dal punto di vista delle tipologie di investimento e delle scadenze.

L’economista americano Beniamin Friedman ha posto in evidenza gli effetti positivi della previdenza privata nella destinazione del risparmio. Fondamentale appare il ruolo dei fondi pensione proprio come investitori istituzionali non speculativi. Gli enti privati dei professionisti possono così proporsi, già oggi, sul mercato produttivo come importanti e affidabili investitori istituzionali, non inclini a speculazioni o turbative e, nello stesso tempo, pronti a sostenere o addirittura a determinare, attraverso scelte strategiche mirate, lo sviluppo economico del Paese. In questa ottica vanno visti i significativi investimenti operati negli ultimi anni sia in occasione delle più importanti privatizzazioni sia, più specificamente, in campo bancario e assicurativo.

Si è giustamente detto che in Italia il risparmio c’è ma è utilizzato male. Una puntuale inversione di tendenza nella gestione del risparmio previdenziale si ha con la corretta diversificazione del portafoglio delle Casse private, che consente di ridurre notevolmente il rischio sistematico pur beneficiando di più elevati rendimenti. Difatti, se questi enti avessero avuto, alla stregua degli enti pubblici, l’unico obiettivo di perseguire il saldo positivo, avrebbero progressivamente consumato e trasferito interamente il reddito versato dagli iscritti, non avrebbero optato per investimenti delle risorse in surplus, e non sarebbero oggi parzialmente capitalizzati smentendo così di fatto gli effetti perversi del sistema a ripartizione.

Certamente non tutte le professioni mostrano i medesimi andamenti di crescita numerica, a causa della contemporanea presenza di professioni di più antica tradizione e di professioni di più recente diffusione; ma non bisogna dimenticare che in questa peculiarità si ritrovano la forza e la capacità del comparto professionale di rinnovarsi attraverso lo sviluppo di nuove attività che sostituiscono altre più tradizionali. Queste caratteristiche sistemiche, economiche e demografiche degli enti di previdenza privati fanno emergere l’esigenza di accurati studi per definire le strategie in grado di consolidare nel medio e nel lungo periodo gli attuali equilibri finanziari, e di garantire stabilità, sostenibilità finanziaria, efficienza, equità e solidarietà.

A tal proposito, se consideriamo le riforme varate da alcune Casse - per esempio la Cassa dei commercialisti, la Cassa dei ragionieri -, si rileva con chiarezza come i soggetti privati di previdenza stiano dimostrando che è possibile modificare, senza cambiarne l’identità, molte parti che compongono la propria struttura per quanto riguarda la natura concreta: aliquote contributive, metodo di calcolo delle prestazioni, offerta assistenziale, schemi di gestione patrimoniale. Identità che era nel passato, e che resta, di moderna realtà di tutela previdenziale autogestita, capace di adattarsi e conformarsi, con sorprendente duttilità, alle molte trasformazioni economiche, legislative e finanziarie, che riguardano ciascuna singola categoria professionale.

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