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Corsera Story

Corrispondenti
esteri, un’Italia
vista dai salotti

L'opinione del Corrierista

La sede della Stampa Estera
a Roma

on dico che la stampa estera, in particolare alcuni giornalisti stranieri o, meglio ancora, quelli di un giornale straniero, l’Economist, siano più autorevoli e più veritieri di tutta la stampa italiana, ma certamente in alcune periodiche occasioni sembra proprio che sia così. Sembra. Anzi si vuole far sembrare. Quel giornale, infatti, si distingue per criticare, al limite della diffamazione, non solo la maggioranza governativa e quindi la maggioranza degli italiani che l’hanno eletta, ma tutta l’Italia, anche se una parte politica interna, la minoranza parlamentare, plaude a certe esternazioni perché ne trae vantaggio, tanto da alimentare il sospetto che ne sia ispiratrice o comunque favoreggiatrice.

Ma è innegabile che i risultati di tali iniziative, e più precisamente dei giudizi e delle valutazioni contenute in certi articoli, si risolvano in un pregiudizio per l’immagine complessiva dell’Italia all’estero, ovvero in tutto il mondo. Dinanzi a tali giudizi e comportamenti, le prime domande da porsi sono le seguenti: come fa un corrispondente o un Ufficio di corrispondenza di un giornale in una capitale straniera, anche se vi opera da alcuni anni, a conoscere la storia, la cultura, la mentalità, i modi di essere e di pensare, il carattere, le reazioni intime di un popolo dalla civiltà ultramillenaria? Di un popolo abituato sempre ad essere piuttosto un’infinità di soggetti indipendenti e autonomi dal potere e dai potenti, a cominciare da quelli eletti proprio da esso, e che rispecchiano pertanto il suo carattere, i suoi vizi, difetti, virtù. Come fa, avendo una mentalità e una preparazione diversa, a comprendere non solo gli atti risultanti da leggi e da procedimenti pubblici, ma il pensiero e anzi il retropensiero non solo del popolo, ma degli stessi politici?

Neppure se vi trascorresse una vita intera potrebbe comprendere idee, umori, reazioni degli italiani, o meglio di piemontesi, lombardi, veneti, toscani, romani, napoletani, calabresi, siciliani e altri ancora. So come lavorano i corrispondenti di giornali stranieri da Roma; essendo stato all’estero e avendolo fatto anch’io per qualche periodo, ho visto anche come lavorano i corrispondenti nelle capitali straniere. Conosco bene questo tipo di attività, come e dove si attingono le notizie, quali ambienti si frequentano, quali amicizie si coltivano.

Certamente bisogna distinguere caso per caso quello che avviene , ma alcuni casi sono estremamente eloquenti. E dinanzi all’arroganza di certe valutazione inesatte e periodicamente ripetute da alcuni corrispondenti stranieri e da alcuni giornali, tanto autorevoli quanto inattendibili, cito qualche episodio. Ero capo della redazione romana del Corriere d’Informazione, edizione pomeridiana del Corriere della Sera, e mi occupavo di politica, quando cominciai a ricevere telefonate dal corrispondente di un importante giornale svizzero il quale mi chiedeva informazioni e spiegazioni sugli avvenimenti politici italiani della giornata. Che io, cortesemente, gli fornivo.

Via via le telefonate si fecero più frequenti fino a diventare quotidiane; per di più avvenivano sempre nella stessa ora, quasi in coincidenza con l’orario in cui il mio interlocutore doveva trasmettere l’articolo al proprio giornale. Andò avanti così per vari mesi e talvolta ero anche un po’ infastidito perché impegnato nel mio lavoro, ma la cortesia per un collega per di più straniero non mi consentiva di rifiutare. Finché non scoprii che il collega, invece che da Roma, mi telefonava dalla Svizzera, scrivendo dalla sua redazione elvetica informatissimi e puntuali corrispondenze sugli avvenimenti politici romani. Dai suoi articoli sembrava in pratica che avesse compiuto i miei stessi studi in Legge e Scienze politiche, che avesse avuto le mie stesse esperienze, che avesse vissuto dove avevo vissuto io, che frequentasse gli ambienti e parlasse con le persone che incontravo io. Involontariamente mi ero creato un sosia, o un clone, come si usa dire oggi.

Non intendo dire che i corrispondenti dall’estero, a cominciare da quelli che operano a Roma, siano cloni di personaggi politici italiani interessati a parlar male dei propri avversari. Oggi essi sono liberi di muoversi, girare, viaggiare, parlare con la gente, frequentare gli ambienti più diversi. Quindi farsi un’idea esatta e pertanto formulare un giudizio equilibrato sull’Italia, sui suoi governanti, sugli oppositori, sulla situazione economica. Ma se facessero così, non potrebbero e non dovrebbero esprimere un giudizio netto, definitivo, cattedratico, tutto positivo o tutto negativo sul Governo, sulla maggioranza parlamentare, sugli italiani e sull’Italia.

Se lo fanno significa che sono o disinformati, o male informati, o in malafede. Non sono più gli anni 50 in cui giornalisti e diplomatici dei Paesi d’Oltrecortina non potevano uscire da Roma, e per recarsi semplicemente a fare un bagno a Ostia dovevano chiedere il permesso alla polizia; e quelli occidentali a Mosca erano affidati 24 ore su 24, come è capitato a me, a poliziotti travestiti da angeli custodi, ovvero da giovani, bionde e avvenenti interpreti; trattamento riservato non solo a giornalisti e diplomatici stranieri, ma anche a semplici e innocui turisti, perfino filosovietici.

Sappiamo benissimo che oggi la libertà di movimento c’è ma non si esercita, perché i giornalisti, stranieri o italiani, restano imbottigliati da mattina a sera nelle redazioni dove riescono a stento a leggere e cestinare migliaia di notizie, e-mail, fax, comunicati, agenzie, telefonate da cui sono sommersi; tanto è vero che sono sparite le inchieste giornalistiche un po’ perché infastidiscono gli amici degli editori, un po’ per pigrizia ma molto perché richiedono tempo, libertà di movimento, contatti diretti con il mondo esterno, costi finanziari.

Ma allora perché alcuni giornali stranieri periodicamente emettono giudizi negativi su governanti, forze politiche, situazione economica italiana? La spiegazione è semplice: perché nell’ambito dell’Unione Europea hanno interesse a denigrare l’Italia, a sminuire le sue capacità, le sue risorse, la sua concorrenzialità su ogni piano, soprattutto quello economico. Ma per farlo devono parlar male ovviamente di chi la guida e la simboleggia, quindi di Silvio Berlusconi, del Governo. Facendo così anche un grande favore alla minoranza, dalla quale traggono ispirazione e informazione. Che la minoranza non esista a fornire, visto che ne ha convenienza.
Il Corrierista

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