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ROBERTO GRAPPELLI:
ECCO COME E DOVE
IL TEVERE POTREBBE FARE I CAPRICCI



L'ing. Roberto Grappelli,
Segretario generale
dell'Autorità di Bacino del tevere

he succederebbe a Roma se il Tevere dovesse straripare come spesso avveniva un tempo? La costruzione dei grandi muraglioni avviata a fine ‘800 e conclusa nel ‘900 salverebbe effettivamente la città dall’inondazione? Normalmente i romani non pensano a tale eventualità sia per le ingenti opere eseguite per evitarle - la costruzione dei possenti muraglioni sui Lungotevere -, sia perché proprio questi, nascondendo il fiume ai romani, impediscono di vederlo e di pensare alla minaccia costituita della massa di acqua che potrebbe riversarsi tra essi. Ma se loro non ci pensano, lo fa l’Autorità di Bacino del Tevere che, diretta dal Segretario generale ing. Roberto Grappelli, ha commissionato un apposito studio al raggruppamento temporaneo di prestatori di servizi costituito dalle società Montgomery Watson Harza, Vams Ingegneria e Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio.

Diretto ad individuare eventuali opere da realizzare per la difesa di Roma dal rischio di alluvione, lo studio è stato presentato nelle scorse settimane dall’ing. Grappelli nei locali del Circolo Canottieri Lazio a Roma ai rappresentanti del mondo accademico, presenti il Capo di Gabinetto del Ministero dell’Ambiente Paolo Togni, gli assessori all’Ambiente Dario Esposito e all’Urbanistica Roberto Morassut del Comune di Roma, il sindaco del Comune di Fiumicino Mario Canapini.

Sin dalla sua istituzione l’Autorità ha compiuto studi e adottato provvedimenti a carattere tecnico e amministrativo per la prevenzione del rischio-Tevere: tra essi il Piano stralcio 1994-1998 relativo al tratto del fiume tra Orte e Castel Giubileo, per salvaguardare un’ampia area di naturale espansione delle piene prima del loro arrivo nella città; il Piano straordinario 1999 con il quale sono state perimetrate le aree a più elevato rischio di inondazione in ambito metropolitano; il Piano di assetto idrogeologico del 2002 che ha aggiornato le precedenti perimetrazioni; il Piano stralcio n. 5 del 2003 per il recupero e la riqualificazione dell’ambito fluviale tra Castel Giubileo e la foce. L’ultimo studio costituisce il necessario approfondimento tecnico propedeutico alle future fasi operative.

Attraverso i risultati ottenuti sono stati sviluppati, dal punto di vista tecnico ed economico, una serie di interventi per garantire la sicurezza idraulica all’area metropolitana romana dalla traversa di Castel Giubileo alla foce di Fiumara Grande. L’Autorità ha puntato non solo all’obiettivo prioritario della difesa idraulica di Roma, ma anche alla possibilità di esaudire le richieste di romani e turisti di recuperare quel rapporto diretto con il fiume che fu bruscamente interrotto con la realizzazione dei grandi muraglioni nel secolo scorso. Articolato in tre fasi, lo studio esamina quindi anche la fattibilità di interventi allo scopo di consentire alla cittadinanza un maggior uso del fiume.

Nella prima fase è stato verificato lo stato attuale del sistema di difesa, dal punto di vista idraulico e statico, del tratto oggetto di indagine; nella seconda è stata studiata l’efficacia di una serie di progetti per adeguare le opere di difesa esistenti e realizzare nuove strutture destinate a mettere in sicurezza l’intero sistema fluviale; nella terza sono stati inseriti, soprattutto nel tratto urbano da Ponte Flaminio a Ponte Marconi, interventi per utilizzare le aree fluviali. Nello studio del Tevere si è tenuto conto del verificarsi di una «piena» ogni 200 anni.

Costituita dal tratto urbano ed extraurbano del Tevere delimitato a monte dalla traversa di Castel Giubileo e a valle dalla foce di Fiumara Grande, l’asta fluviale riprodotta nello studio si estende per la lunghezza di circa 56 chilometri; poiché a 7 chilometri dalla foce il Tevere incrocia il Canale di Fiumicino, si è calcolato che in caso di piena quest’ultimo possa ricevere dal fiume e smaltire una parte della portata pari a un massimo di 500 metri cubi al secondo.

«Lo studio ipotizza un’onda di piena che, arrivando a Castel Giubileo a nord di Roma, cresce per 10 ore innalzando il livello delle acque di circa un centimetro al minuto; dopo 127 ore la portata raggiunge circa 3.100 metri cubi d’acqua al secondo; segue una fase di esaurimento, della durata di circa 54 ore. Nel complesso la piena simulata dura poco più di 7 giorni», spiega l’ing Grappelli. Dopo aver ricevuto altre acque provenienti dal fosso Cremera, dal fiume Aniene e dal fosso dell’Acqua Traversa, la piena entra nel tratto urbano a una velocità media di circa 2 metri al secondo raggiungendo all’idrometro di Ripetta un’altezza al colmo corrispondente alla portata di 3.300 metri cubi al secondo.

Domanda. Che cosa potrebbe avvenire successivamente?
Risposta. Proseguendo verso la foce, la piena incontrerebbe tratti fluviali i cui argini sono insufficienti a contenerla completamente per cui si determinerebbero delle esondazioni. Nell’ipotesi di argini tracimabili ma non erodibili, le esondazioni comincerebbero nella zona di Dragoncello, alla sinistra del Tevere, dove tuttavia le acque tracimate rimarrebbero confinate in un’ampia depressione naturale del territorio delimitata dal Monte Cugno. Pressoché alla stessa ora comincerebbe ad essere sommersa, al Centro di Roma, l’Isola Tiberina che, inondata sia dal ramo sinistro sia da quello destro, resterebbe sott’acqua per circa 100 ore.
D. Che avverrebbe lungo gli altri tratti del Tevere?
R. Due ore dopo comincerebbero le esondazioni a Fiumara Grande, sia a destra del fiume nel Comune di Fiumicino, sia a sinistra verso Ostia; l’acqua scavalcherebbe un tratto di argini di circa 980 metri. Dopo 6 ore, circa 190 mila metri cubi di acqua strariperebbero nel tratto a destra del fiume in prossimità degli scavi di Ostia Antica; dopo 39 ore il Tevere comincerebbe a esondare a Ponte Flaminio, riversando sotto il viadotto di Corso Francia 128 mila metri cubi di acqua in un arco di 11 ore. Dopo ulteriori 42 ore verrebbero scavalcati circa 200 metri di argine a monte di Ponte Flaminio, con una uscita in 15 ore di circa 267 mila metri cubi. Dieci ore più tardi, quindi a distanza di circa 120 ore dall’inizio della piena, l’esondazione si manifesterebbe a Ponte Milvio.

D
. Quale sarebbe a questo punto la situazione in tutta l’area interessata?
R. Nel momento di superare gli argini di Ponte Milvio il Tevere sarebbe già rientrato a Dragoncello, a Ponte Flaminio e a monte di questo, mentre continuerebbe ad inondare le zone degli Scavi di Ostia Antica e di Fiumara Grande. L’Isola Tiberina sarebbe ancora sommersa. A Ponte Milvio l’esondazione interesserebbe la zona di destra; la piena scavalcherebbe frontalmente il ponte invadendolo, quindi l’acqua, a causa della pendenza della strada, attraversata la Torre del Valadier finirebbe nel piazzale di Ponte Milvio, provocando il rigurgito delle fogne; in 15 ore uscirebbero complessivamente dal fiume poco più di 14.500 metri cubi.

D
. Quali interventi dovrebbero attuarsi per evitare questi disastri?
R. I risultati delle simulazioni hanno evidenziato la presenza di tratti critici in ambito urbano ed extraurbano nei quali si verificherebbero esondazioni anche di notevole entità; e l’esistenza di numerose zone del corso fluviale in cui le sponde, pur risultando idonee a contenere le acque di piena, non offrirebbero un adeguato grado di sicurezza. Sono stati ipotizzati, pertanto, una serie di interventi per la complessiva messa in sicurezza del sistema delle opere di difesa sulla base di una serie di considerazioni.

D
. Quali in particolare?
R. In primo luogo si è tenuta presente la necessità di attuare gli interventi fuori dall’abitato di Roma e dal suo Centro storico in particolare, per ridurne l’impatto visivo e non ostacolare, ma semmai favorire il recupero dell’antico legame tra la città e il suo storico fiume. In secondo luogo si è valutata l’opportunità di soluzioni alternative sui tratti fluviali o sulle opere che costituiscono un patrimonio storico e culturale della città, come nel caso, ad esempio, di Ponte Milvio. Pertanto sono stati individuati due tipi di interventi: la modifica dell’alveo fluviale a valle di Roma, tra il grande raccordo anulare e Fiumara Grande, con l’ampliamento degli argini e la ricalibratura dell’alveo di magra; il rialzo e la risagomatura degli stessi, affinché la parte non lambita dall’acqua sia pari ad almeno un metro.

D
. Quali risultati potrebbero ottenersi con tali interventi?
R. L’eliminazione delle tracimazioni a Ponte Milvio e a Dragoncello, dove si potrebbe attuare la difesa con opere rimovibili, consentite dall’arrivo delle piene 18-24 ore dopo il loro preavviso, con possibilità quindi di intervenire in modo articolato nei tratti di argine interessati. È stata anche verificata l’influenza, sul deflusso delle acque, dei vari interventi eseguibili nell’alveo fluviale.

D
. Le opere previste dal nuovo Piano regolatore consentirebbero tale difesa?
R. Per verificare la compatibilità delle opere previste dal Piano con il deflusso della piena sono state simulate la realizzazione sui muraglioni del Tevere, nel tratto urbano da Ponte Milvio a Ponte Marconi, di affacci e passerelle in aggetto, l’apertura di percorsi ciclabili e pedonali, il rimodellamento di spallette, l’installazione di barriere, scale e ascensori tra le banchine e i Lungotevere. I risultati hanno indicato una ridotta influenza di tali strutture, che farebbero innalzare il livelli di piena in media di una decina di centimetri.

D
. I «galleggianti» sono compatibili con le piene?
R. Nel caso che una o più strutture del genere rompessero l’ancoraggio e fossero trascinate verso valle, costituirebbero un serio pericolo. Questo perché durante il deflusso della piena le luci di quasi tutti i ponti del tratto urbano di Roma subiscono una parziale ostruzione; in alcuni casi, ad esempio a Ponte Milvio, a Ponte Sant’Angelo e a Ponte Cestio, l’acqua scorre con notevole pressione prima ancora che la piena giunga al colmo. In tali condizioni, i galleggianti sospinti dalla corrente potrebbero bloccarsi al primo ponte che incontrano, ostacolando ulteriormente il deflusso delle acque con conseguente esondazione nel tratto a monte e un potenziale rischio di crollo del ponte stesso. Le simulazioni condotte per studiare il comportamento dei singoli galleggianti nel caso che il loro ancoraggio resista al trascinamento della corrente hanno dimostrato, invece, una loro scarsa influenza nei confronti del deflusso. Deve esserne comunque controllato il numero, evitando il sovraffollamento degli specchi di acqua: i risultati delle simulazioni eseguite permettono di prevedere, ai fini della sicurezza, la compatibilità di ulteriori occupazioni di aree golenali.

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