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ANTONIO SIURANA: ITALIA
E SPAGNA PIU' ALLEATE
PER IL MEDITERRANEO

intervista all'assessore della Catalogna

Secondo l'esponente politico spagnolo,
il federalismo regionale in arrivo in Italia
non romperà la coesione sociale
ma l'arricchirà perchè ogni regione vorrà fare
meglio di quella vicina


 

 

el nuovo Governo tripartito di sinistra che nelle ultime elezioni ha conquistato la maggioranza nella Catalogna, la grande regione della Spagna, figura Antonio Siurana i Zaragoza, assessore all’Agricoltura, agli Allevamenti e alla Pesca. Esponente politico di rilievo in una delle regioni più ricche e sviluppate d’Europa, Siurana i Zaragoza è stato sindaco, dal 1979 ad oggi, della città di Lleida e vicepresidente della Federazione spagnola dei Comuni e delle Province. In tale veste ha presieduto, fino alla sua designazione nel nuovo Governo catalano, la delegazione spagnola nella Commissione per i Poteri locali del Consiglio d’Europa a Strasburgo, maturando una vasta esperienza europeista. In questa intervista concessa a Specchio Economico illustra i nuovi impegni cui va incontro, a suo parere, l’Unione europea dopo avere incorporato il primo maggio scorso dieci nuovi Stati e soprattutto come i partners europei giudicano il processo federalista in atto in Italia.
Domanda. La formazione di una nuova maggioranza tripartita di sinistra nella Generalitat, ossia nel Governo della Catalogna è in relazione con il cambiamento della maggioranza registratosi recentemente nel Parlamento e nel Governo spagnolo? Quest’ultimo è conseguenza della prima o è il risultato di un mutamento nell’elettorato che i sondaggi compiuti dal precedente Governo non avevano messo in luce?
Risposta. Sicuramente nella società spagnola c’è stato un mutamento di opinione che aveva cominciato a manifestarsi con la lotta dei movimenti anti-globalizzazione, e che è stato accelerato dalla considerazione che l’appoggio dato agli Stati Uniti nella guerra in Iraq avrebbe comportato conseguenze negative per il Paese. Questo convincimento di molti, che non si era materializzato in precedenza, si era poi manifestato nelle elezioni regionali ma è stato rafforzato dall’attentato terrorista dell’11 marzo scorso a Madrid e dalle prime informazione errate diffuse dal vecchio Governo, che indicava come probabile responsabile l’Eta anziché Al Quaeda. A quel punto tutti i dubbi latenti negli animi hanno avuto una conferma e gli spagnoli, desiderosi di un maggiore rispetto dei diritti dei cittadini, hanno partecipato alle elezioni politiche in misura maggiore che nel passato. Credo che in fondo alla questione vi sia la volontà dell’elettorato che il Governo tenga in maggior conto l’opinione pubblica. Il nuovo Governo tripartito è l’espressione di una società in cerca di un dialogo permanente con esso e di nuovi valori che facciano riferimento ai diritti delle persone e al rispetto dell’ambiente. Questo atteggiamento dell’elettorato non solo ha trovato rispondenza nel nuovo Governo, ma è stato da questo accentuato con una radicale presa di posizione contro la guerra e contro l’appoggio da noi dato alle operazioni militari.
D. L’orientamento politico emerso nella Catalogna e successivamente in tutta la Spagna può indurre a qualche cambiamento anche i Paesi limitrofi, o siamo in presenza di una situazione particolare e limitata?
R. Risulta difficile pensare a un’influenza verso Paesi maturi ideologicamente e che, pertanto, hanno comportamenti diversi. Ma è certo che la conferma di una tale influenza c’è stata nelle elezioni regionali francesi; pertanto sembra in atto una tendenza in questo senso. I partiti che fino a quel momento contavano su un’ampia maggioranza stanno subendo un rovesciamento di posizioni; l’opinione pubblica cambia più rapidamente di un tempo, perché dispone di un numero maggiore di informazioni. Più l’informazione è «globalizzata», più l’opinione pubblica cambia, e con maggiore velocità, le proprie posizioni. Le nuove conoscenze determinano paragoni tra un Paese e l’altro, con il risultato di instaurare in tutta l’Europa un atteggiamento comune. La tendenza al mutamento delle posizioni esiste, ma più come effetto del sistema informativo e delle grandi manifestazioni attuate dai movimenti alternativi che come adesione personale all’uno o all’altro partito politico.
D. In Italia si segue con attenzione l’evoluzione delle autonomie locali spagnole, e in particolare di quella catalana, per i legami culturali ed economici esistenti tra le due aree. Il modello di sviluppo delle regioni italiane ha qualche similitudine con quello catalano? Con quale regione italiana la Catalogna divide una strada comune nell’ambito della costruzione europea?
R. Ho l’impressione che su questo tema siano in atto in Italia tendenze diverse, che non sono equiparabili a quella esistente nella Catalogna; anzi vi è molta diversità. L’Italia del Nord potrebbe avere somiglianze con la Catalogna, ma mentre in Spagna tutta l’Andalusia ha registrato, con un processo autonomo, uno sviluppo e un riequilibrio territoriale, l’Italia meridionale non ha registrato un’analoga trasformazione. Diciamo pertanto che il modello spagnolo ha risposto maggiormente alla richiesta dell’Europa di un rinnovamento della classe dirigente e di un avvicinamento del Governo ai cittadini. Questo processo è stato attuato più dal Governo spagnolo, e in modo particolare da quello della Catalogna, che dalle regioni italiane nelle quali esso è rallentato dalla classe politica; credo comunque che in questo momento tale processo si stia accentuando.
D. Dal momento che l’economia di entrambi i Paesi, Italia e Spagna, si basa sull’agricoltura, l’allargamento dell’Europa a 25 Paesi porrà ad essi problemi in questo specifico settore?
R. È vero che la Spagna e l’Italia sono economie agricole, ma esse non hanno motivo di temere perché il loro grado di sviluppo in questo settore è molto diverso. L’agricoltura spagnola e quella italiana forniscono prodotti dotati della garanzia sanitaria e della qualità richieste dal consumatore. E questo anche perché oggi l’attività agricola è, nello stesso tempo, attività industriale e commerciale. Non si può separare una fase dall’altra; non s’improvvisa la capacità di trasformare prodotti agricoli in prodotti agroalimentari. Pertanto dovremo mettere le nostre conoscenze a disposizione di quei Paesi, e sicuramente sia l’Italia che la Spagna riceveranno più benefici che pregiudizi; si avrà un consistente aumento del numero dei consumatori europei di prodotti affermati nel mondo per il marchio, il prestigio e il successo che hanno da tempo conquistato. Perché non approfittare di queste nuove risorse, delle nostre conoscenze, della nostra ricerca, per far sì che le terre di coltura dei nuovi Paesi possano ottenere prodotti alimentari di qualità?
D. L’ampliamento dell’Unione europea è ritenuto necessario per lo sviluppo dell’economia. Cosa succederà per i Fondi di coesione e strutturali?
R. È evidente che i Fondi regionali andranno a vantaggio di questi Paesi. La differenza di reddito pro capite tra essi e il resto dell’Unione europea è molto alta, pertanto i nuovi partners saranno ammessi a usufruire di tali benefici. Dobbiamo prevedere che per la Spagna resteranno pochi fondi, e anzi che progressivamente essi verranno del tutto meno; e ritengo che succederà così anche per le regioni italiane che ora ne usufruiscono. Nell’Europa allargata diventerà pertanto più difficile per l’agricoltura l’accesso agli aiuti. Ma si deve anche pensare che d’ora in poi questi dovranno compensare gli squilibri esistenti e garantire le possibilità di sviluppo di un settore che, prescindendo anche dalle variabili climatiche, non potrebbe sopravvivere se lasciato alle sole regole del mercato.
D. In quale direzione agire?
R. Non possiamo stare sempre sotto la minaccia di una crisi del settore; dovranno attuarsi politiche di compensazione per garantire condizioni di vita accettabili per gli addetti all’agricoltura, e nello stesso tempo compiere uno sforzo per equiparare i terreni dei nuovi venuti con quelli nostri. Dovremo proteggere il mondo rurale e garantire una compensazione per le colture più deboli. L’applicazione regionalizzata della politica agricola comune offrirà margini di manovra ad ogni regione; e dovrà diffondersi la consapevolezza che è necessario operare bene in questo senso. Spero che tutti siano convinti che il territorio deve essere coltivato e che, per fare questo, occorre aiutare il mondo rurale.
D. Con l’ingresso dei 10 Paesi non si spostano a Est i confini dell’Unione con il rischio di trascurare il Sud costituito dall’area mediterranea, che merita molte attenzioni? In base alla sua esperienza e nell’ambito della sua responsabilità che cosa proporrebbe per porre le nostre regioni in testa ai Paesi del Mediterraneo?
R. Dovremmo fare una politica comune e nello stesso tempo complementare. Ho sempre pensato che l’Italia e la Spagna, nonostante caratteristiche simili e interessi coincidenti, siano Paesi diversi, per di più l’uno abbastanza sconosciuto all’altro. Nell’area mediterranea andrebbe stretta una grande alleanza tra italiani del Sud, spagnoli, greci, turchi, magrebini, per fare in modo che il Mediterraneo torni a essere il centro di collegamento tra tutti i Paesi e un luogo in cui regni una buona convivenza. Se l’Italia e la Spagna non si uniscono in questo sforzo, resterà sempre aperta qualche vertenza. Occorre sommare gli sforzi ad esempio per sostenere il settore della pesca, per prevenire la contaminazione del Mediterraneo, difendere il delta del Po, curare la varietà della produzione agraria e la diversificazione dei prodotti alimentari rispetto alla monotonia di quelli del Nord-Europa. L’epoca di un’alimentazione unica, di massa, è passata, oggi i gusti costituiscono un fattore di scelta nell’alimentazione quotidiana; è necessario sviluppare la dieta mediterranea. In questo il nostro territorio offre grandi prospettive future.
D. Lei conosce l’Italia. Ritiene compatibile lo sviluppo di Governi regionali con la posizione degli Stati dell’Unione europea?
R. Non soltanto è compatibile, ma è necessario. Credo che con l’avvicinamento dei Governi alle popolazioni la politica abbia più senso in quanto si instaura una relazione più diretta, più frequente, quotidiana, tra i cittadini e i governanti. Il decentramento non rompe la coesione sociale, al contrario penso che l’arricchisca. Ognuno vuole fare meglio del vicino, e se le azioni attuate da una regione riescono, si propagano alle altre. Pertanto esiste un incentivo positivo all’identificazione e all’efficacia, sempre però intendendo che l’unità del Paese deve essere una causa fondamentale di collaborazione tra le autonomie locali.
D. Dalla sua posizione di massimo responsabile del Governo della Catalogna nel settore dell’Agricoltura, dell’Allevamento e della Pesca, crede che questi settori possano avvantaggiarsi della vicinanza con l’Italia?
R. Esiste una gran corrente di traffico tra i due Paesi. Bisognerebbe fare in modo che il Mediterraneo offra sempre più ricchezza ittica. In Catalogna abbiamo attuato divieti temporali di pesca in una parte del litorale per consentire la riproduzione; se fosse possibile estenderli a tutto il Mediterraneo e se fossero rispettati, otterremmo il risultato di renderlo ancor più ricco di quanto non sia già. La Catalogna ha un solo tratto di costa, l’Italia ne ha molta e quindi molta ricchezza in questo senso; sarebbe logica una complementarietà tra i due Paesi.
D. Quali prospettive ha davanti a sé l’Europa allargata?
R. La più grande prospettiva è la coesione tra società e culture di origine, tradizione e influenza diversa; questa frammentazione ha, in qualche modo, dato vita a Stati totalitari in una buona parte di questi Paesi. Tutto questo si dovrà eliminare incorporando via via valori e comportamenti morali. Speriamo che il rispetto della persona esistente nei Paesi occidentali e caratteristico dell’Europa si conservi e possa essere diffuso nel resto del mondo. In definitiva, il grande impegno che ora ha l’Europa è dare risposte ai problemi di una società ingiusta, di un’alimentazione insufficiente, di uno sfruttamento delle persone.
D. Cosa rappresenterà la Costituzione europea? Quale sarà la prospettiva e la situazione dell’Italia?
R. L’Italia è uno dei Paesi che conta moltissimo nelle decisioni dell’Unione europea. Ha saputo attuare una buona politica e ha davanti a sé il ruolo importantissimo di fare da collegamento con il Mezzogiorno grazie ai rapporti che intrattiene con la Grecia, il Portogallo, la Spagna, Malta, Cipro. Penso pertanto che dovremo attuare una politica coincidente con quella dell’Italia.
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