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SINDACATI. SI ATTUI L'ART. 39 DELLA COSTITUZIONE
di Marco Paolo Nigi,
segretario della Confsal

Secondo il massimo esponente
del sindacalismo autonomo,
si è affievolita la rappresentatività di cui si sono appropriate in passato la Cgil,
la Cisl e la Uil, riducendola
in un monopolio





a rappresentatività sindacale dei lavoratori della quale si sono sempre appropriate la Cgil, la Cisl e la Uil usandola, di fatto, in un regime di stretto monopolio, contrastando con ogni mezzo possibile altri soggetti sindacali, si è andata via via affievolendo nel tempo fino a giungere inevitabilmente a un punto di rottura. Ciò ha travolto impietosamente sia le convinzioni dell’Esecutivo di poter intavolare e risolvere le vertenze contrattuali con interlocutori sensibili alle sollecitazioni dei partiti politici collaterali, sia le illusioni della Confindustria di avere a disposizione nel sindacato triconfederale un unico punto di riferimento certo, portatore di tutte le istanze del mondo del lavoro, disponibile al compromesso e alla facile trattativa.
Quanto è accaduto alla Fiat di Melfi, all’Alitalia e nella vertenza degli autoferrotranvieri è assai significativo in merito. I lavoratori nella stragrande maggioranza hanno contestato se non addirittura respinto gli accordi sottoscritti dalla triplice confederale, hanno proseguito gli scioperi e hanno dato corso a forme di ribellismo culminate in azioni di protesta anche clamorose e di difficile controllo sociale.
E che prima o poi un fatto del genere si sarebbe verificato non vi era alcun motivo per dubitarne. L’operato della Cgil, della Cisl e della Uil negli ultimi dieci anni, infatti, non è stato sempre rispondente alla tutela dei diritti e degli interessi reali dei lavoratori, e anzi ha registrato innaturali e spudorati intrecci di colpevole complicità tra sigle sindacali e Governi di turno. Basti pensare - solo per fare alcuni esempi eclatanti - all’avventato Patto di stabilità del luglio 1993 di cui ancora oggi stiamo pagando le conseguenze; alla soppressione della scala mobile che era l’unica reale tutela contro il fenomeno inflazionistico; alla limitazione se non addirittura alla soppressione del diritto di sciopero.
Questo quadro di riferimento, che evidenzia i guasti determinati dal monopolio sindacale triconfederale, impone di reclamare nuove regole di rappresentatività che coinvolgano l’intero mondo del lavoro, regole che devono essere rispettate prima di tutto dall’Esecutivo e dalle parti datoriali. L’assenza di regole certe e la non osservanza delle stesse non può che portare a un’ulteriore degenerazione di un sistema che, come si è detto, va ora ripensato e corretto.
Va evidenziato che non siamo i soli ad affermarlo, tanto che lo stesso ministro delle Politiche sociali Roberto Maroni ne ha avvertito la necessità dichiarando, il 2 maggio scorso, che «la rappresentanza sindacale deve essere aggiornata; bisogna cominciare a tenere conto di quelle forme di rappresentanza che finora sono state considerate ai margini». Il problema è particolarmente sentito dalla Confsal che ha più volte posto l’accento sul fatto che la mancanza di regole provoca l’estromissione del sindacalismo autonomo dalla contrattazione, anche se esso è presente nei luoghi di lavoro e spesso con maggiore rappresentatività. E questo in netto dispregio dell’articolo 39 della Costituzione, ignorato volutamente per oltre mezzo secolo, ma che ora deve necessariamente essere attuato.
Il punto di riferimento va individuato nel pubblico impiego nel quale i contratti nazionali di lavoro sono sottoscritti esclusivamente da quelle organizzazioni sindacali che raggiungono la quota del 5 per cento nelle rappresentanze sindacali unitarie e nel numero degli iscritti. I sindacati autonomi, se rappresentativi, devono avere il diritto di esercitare la loro funzione istituzionale senza discriminazione alcuna. Il che, fino ad oggi, non si è verificato dal momento che, in merito, l’Esecutivo ha assunto spesso posizioni non coerenti e soprattutto non rispondenti agli interessi dei lavoratori, ma frutto di una vera e propria «combine» con i sindacati compiacenti.
Accogliamo, quindi, con molto interesse, ma con la cautela del caso, la dichiarazione del vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini che ha sottolineato come qualsiasi vertenza del mondo del lavoro può trovare il giusto equilibrio solo dal confronto con tutte le parti sociali interessate, senza discriminazioni di sorta.
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