back


MARINA GROSSI:
IL MODELLO MANAGERIALE
TARGATO MBDA


di Serena Purarelli

L’ing. Marina Grossi,
direttore generale della MBDA Italia


Il direttore generale della società italiana facente parte della società europea operante
nel settore missilistico spiega
il nuovo modello manageriale
studiato per migliorare la gestione aziendale
e i risultati conseguiti o previsti

perante nel settore della Difesa e composta dalle industrie di tre Paesi europei - Gran Bretagna, Francia e Italia -, la società MBDA, nella quale il Gruppo Finmeccanica detiene il 25 per cento delle azioni, è al primo posto assoluto in Europa con un fatturato annuo di oltre 2 miliardi di euro e un portafoglio ordini per più di 13 miliardi da parte di oltre 70 clienti. La società dispone di un organico di circa 10 mila unità, in prevalenza laureati e tecnici, 1.300 dei quali dipendenti dalla MBDA Italia, operanti nei siti di La Spezia, Fusaro presso Napoli e Roma, dove si concentra l’attività di ricerca e sviluppo.
Elegante, cordiale, efficiente, entusiasta, laureata in Ingegneria elettronica all’Università di Firenze con il massimo dei voti, recentemente insignita dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi della onorificenza «Stella al Merito del Lavoro», Marina Grossi è il direttore generale della MBDA Italia, nella quale è giunta nel 2001 dopo un’esperienza di oltre sette anni nella Finmeccanica, di cui gli ultimi tre dedicati a un progetto di sviluppo e al brevetto di un modello di management da attuare nelle aziende del Gruppo.
La sua passione per gli aspetti gestionali risale alle prime esperienze lavorative compiute a Firenze e a Roma, e ha trovato una perfetta applicazione nel ruolo attualmente svolto. «Un’occasione straordinaria per mettere in pratica il modello di gestione che ho elaborato», spiega presentando il team costituito dal comandante Antonio Esposito, direttore del Program Management; dalla dottoressa Letizia Colucci, direttore degli Affari generali e legali; dal dottor Silvio Carrino, direttore delle Risorse umane e Organizzazione; dall’ingegner Elpidio Ciccone, direttore della funzione Technical and Project. Tutti coinvolti nel progetto che sta cambiando radicalmente il modo di lavorare dell’azienda, secondo una formula improntata alle regole della coerenza, della trasparenza, della motivazione, dell’impegno.
«Il top manager di un’industria tecnologicamente avanzata deve conoscere bene tutti gli aspetti tecnici, ma anche valorizzare la parte manageriale delle persone; deve essere perfettamente al corrente degli aspetti economici e finanziari, e fare in modo che questo tipo di cultura sia diffuso all’interno dell’azienda. Molti managers pensano che debba esistere una netta linea di demarcazione tra chi cura gli aspetti economici e chi segue il prodotto in tutto il suo ciclo di vita; ma questa impostazione nel mutato contesto industriale non è più valida».
Quali problemi particolari pone, però, il suo modello gestionale applicato a un’azienda come la MBDA che opera nel delicato settore della missilistica? «La peculiarità di questa azienda è data dalla complessità del prodotto e della sua realizzazione; ogni progetto e ogni commessa richiedono un arco di sviluppo molto lungo, che abbraccia competenze molto ampie e ad alto livello tecnologico–spiega l’ingegner Grossi–. Dal tempo impiegato dipende l’effetto di decisioni che incidono sui risultati aziendali; quindi per una corretta valutazione dei problemi occorre coinvolgere tutte le funzioni».
Marina Grossi è entusiasta dei risultati: «Siamo convinti della validità del modello che è frutto del lavoro di un gruppo italiano, e intendiamo esportarlo. La complessità dei problemi di un’azienda caratterizzata da un alto livello di tecnologia ci spinge a rendere partecipi altri di quello che riteniamo il modello migliore per incrementare la produttività e ottenere risultati migliori. L’abbiamo presentato nei forum della società e il mese scorso il comandante Esposito l’ha illustrato al Centro Alti Studi della Difesa; in autunno sarà presentato a livello europeo».
Il modello dell’ingegner Grossi coinvolge, nella logica della visione allargata del valore, non solo i dipendenti ma anche i fornitori, subfornitori e clienti. «Affinché l’applicazione del modello sia davvero larga e diffusa, stiamo investendo molto nella formazione gestionale sia all’interno dell’azienda sia all’esterno presso i nostri fornitori, perché è necessario che certi metodi siano attuati anche da loro. Il coinvolgimento deve essere totale, perché anche essi partecipano alla nostra produzione e quindi ai nostri risultati».
La formazione manageriale seguita dall’azienda punta a sviluppare e a potenziare le capacità delle persone di dirigere e di lavorare in team; a tal fine sono state istituite nuove figure manageriali: il «value manager», il «risk manager» e il «contract manager», operanti nei diversi team di commessa, e il «training manager» incaricato di una formazione specifica a seconda delle aree di intervento. «Poiché la formazione è una leva importante su cui fare affidamento, occorre avere uno strumento interno specializzato in grado di misurarla e di migliorarla; quindi la figura del training manager deve saper comunicare e nello stesso tempo, soprattutto in un’azienda come la MBDA, avere le necessarie competenze tecniche; non è stato facile selezionare le persone adatte», aggiunge Marina Grossi.
«Il piano di formazione manageriale–spiega il responsabile delle Risorse umane Silvio Carrino–, viene attuato in coerenza con il modello di gestione, tenendo conto del fatto che la nostra è un’azienda con limitata attività manifatturiera ma con notevole attività di progettazione, e dunque con una forte percentuale di personale di elevata professionalità. In luogo della classica piramide gerarchica, occorre creare gruppi multifunzionali fondendo attitudini manageriali sofisticate e grandi competenze tecniche e tecnologiche, rendendo il manager consapevole dell’importanza della comunicazione e di un rapporto interpersonale coinvolgente».
I risultati sono positivi: all’interno del ramo italiano l’assimilazione del modello è in uno stadio avanzato ed è in atto una larga partecipazione. «Siamo entrati nella fase della gestione–precisa Carrino–; l’ostacolo maggiore è rappresentato, talvolta, da comportamenti conservativi, che resistono al cambiamento. Sono processi graduali. Adottare un metodo nuovo può dare buoni risultati, ma è faticoso perché incide sulla cultura e richiede tempo, tecnologie e strumenti».
Per attuare un’innovazione di questa complessità occorre predisporre adeguatamente tutta la macchina e la MBDA ha compiuto uno sforzo in tal senso. «I nostri risultati scaturiscono dalla parte più nobile dell’azienda costituita dal patrimonio tecnologico di cui siamo molto orgogliosi e che intendiamo preservare e accrescere. A questo mira il progetto ‘Valorizzazione del patrimonio intangibile’ che, oltre alla formazione, comprende una serie di attività, dal recupero della capacità dell’azienda di conseguire brevetti al rilancio di rapporti più organici con Università e Centri di ricerca», aggiunge l’ingegner Elpidio Ciccone, responsabile della Funzione Technical and Project.
Nel recente passato il conseguimento di brevetti, che costituiscono un patrimonio dell’azienda e un importante riconoscimento esterno del suo valore anche scientifico, era stato un po’ trascurato. «Il loro rilancio ci consente di difendere validamente i nostri prodotti in campo internazionale», afferma l’ingegner Ciccone. Per completare le competenze specifiche dei nuovi manager è stata istituita una Corporate Missile University; e la Rivista Tecnica interna, che riprende una vecchia tradizione della Selenia dalla quale è derivato il Gruppo Alenia, è destinata a raccogliere e pubblicare il lavoro svolto in collaborazione e in cooperazione con l’Università.
«Tutte le iniziative relative al patrimonio intangibile dei programmi intraprese dalla MBDA sono coordinate attraverso un portale informatico che punta a realizzare una gestione ordinata e coerente–spiega Ciccone–. Stiamo valorizzando la biblioteca aziendale, ricca di 32 mila volumi, e dotata dei più avanzati collegamenti. Stiamo lavorando sui processi, perché è difficile e costoso correggere un malfunzionamento rilevato solo alla fine di un ciclo di attività. Abbiamo messo a punto un software capace di rilevare anomalie in modo da evitare l’accumulo dei problemi e di indicare gli strumenti più idonei per una rapida soluzione».
Quali risultati ha dato questo lavoro di organizzazione interna? Secondo il Comandante Esposito, direttore della Funzione Program Managment, ha già prodotto notevoli miglioramenti, ma il processo deve essere completato: «Senza conoscenze tecniche non si può governare, ma bisogna conoscere gli effetti delle decisioni tecniche sul bilancio, tenere conto delle normative–avverte Esposito–. Siamo un’azienda che si collega con il mondo esterno, con i clienti, con lo Stato, con le sue leggi e con le risorse che occorre valorizzare. L’Italia ha una struttura legislativa complessa e le aziende devono sapere come muoversi».
Responsabile degli Affari generali e legali, Letizia Colucci ha guidato il team che ha elaborato il Codice etico aziendale, un testo che fissa i comportamenti da tenere in azienda ai fini dell’osservanza delle disposizioni normative vigenti e in particolare alla luce del decreto legislativo 231 del 2001 che disciplina la responsabilità amministrativa degli enti per gli illeciti dipendenti da reato. «Il decreto legislativo–spiega Letizia Colucci–si riferisce alla trasparenza dei comportamenti che devono essere tenuti da tutti i dipendenti nei confronti di istituzioni, agenzie, pubblica amministrazione e clienti. Abbiamo individuato le aree critiche e unitamente al modello organizzativo in corso di preparazione saranno elaborate specifiche procedure cui dovranno attenersi le singole funzioni».
Precisa ancora Letizia Colucci: «L’azienda era già abituata ad attuare modelli di gestione che, prevedendo il coinvolgimento di tutte le funzioni aziendali in ogni fase del ciclo di vita del prodotto, assicurano la trasparenza; quindi siamo certamente agevolati nel processo di applicazione dei modelli comportamentali richiesti dalle modifiche legislative».
La riforma universitaria ha prodotto una proliferazione di indirizzi che dovrebbero essere preziosi per un’azienda come la MBDA per reperire personale destinato al management aziendale; l’azienda ha adottato una politica che accelera questo processo: attraverso convenzioni con Università, italiane e straniere, intende avere un ruolo propositivo anziché limitarsi ad accogliere i neolaureati. «Vogliamo partecipare attivamente alla formazione dei giovani–spiega Marina Grossi–. Abbiamo in corso vari progetti con le Università di Napoli, Ancona, Pisa, L’Aquila e Torino, che riguardano l’elettromagnetismo, il software, il project management». Gli ingegneri gestionali che escono dall’Università non sempre hanno un’adeguata preparazione operativa. I ragazzi però si mettono a lavorare con umiltà e notevole entusiasmo.
«Oggi essere giovani è più difficile di un tempo, perché il mondo è più competitivo, non ha frontiere, ma è importante non disperdere la voglia di fare», afferma l’ingegner Grossi che illustra un’altra iniziativa della MBDA, il Progetto Benessere che si occupa della vita dei dipendenti fuori dall’azienda: «È importante sviluppare in loro il senso di appartenenza a un’azienda nella quale lavorare volentieri; e, più che dallo stipendio, questo è determinato dalle politiche attuate, dalla motivazione che si riesce a infondere e da alcuni benefici accessori. Anche risolvere certi problemi relativi ai figli dei dipendenti può essere considerato uno strumento manageriale».
In riferimento a questo l’azienda sta individuando l’area in cui realizzare un nido aziendale. «Riteniamo in tal modo di risolvere un problema importante–spiega Alessandra Sampieri, assistente dell’ingegner Grossi e coordinatrice di tali iniziative–. Avere vicino i bambini può dare tranquillità e aumentare il rendimento. Per i ragazzi tra 8 e 15 anni ripeteremo un campus in un casale in Umbria con sport, svaghi e studio dell’inglese; per i più grandi, tra 18 e 25 anni, contiamo su uno scambio con la MBDA inglese». Si tratta di un progetto finalizzato anche a una maggiore integrazione tra le aziende della MBDA, che offrirà la possibilità di impegnare i ragazzi, nel periodo in cui sono liberi dagli studi, con uno stage lavorativo in un ambiente stimolante.
«Ai progetti della MBDA hanno aderito altre aziende del Gruppo Finmeccanica insediate nelle vicinanze, che possono trarne benefici maggiori rispetto all’investimento necessario, economico o semplicemente gestionale–aggiunge Alessandra Sampieri–. Tutto quello che si sta facendo è quasi a costo zero, in quanto si attinge anche a contributi esterni. Per i campus l’azienda offre la possibilità di pagare la quota in 6 rate scaglionate nel tempo; a questo si aggiungono le facilitazioni derivanti dall’appartenenza a un Gruppo industriale con un potere negoziale superiore a quello dei privati e con maggiori garanzie di sicurezza e qualità».
back