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ROBERTO CASTELLI:
QUELLO CHE FA IL GOVERNO
PER LE LIBERE PROFESSIONI

intervista al ministro di Giustizia


ella riforma delle libere professioni si parla da anni; sono stati compiuti studi e se ne sono occupati in passato esperti e Commissioni parlamentari. Ma gli avvenimenti politici - il subentro di una maggioranza e quindi di un Governo di centrodestra a uno di centrosinistra nelle elezioni del 2001 - hanno notevolmente ritardato l’iter di provvedimenti legislativi di iniziativa sia governativa sia parlamentare. Il malcontento nelle categorie interessate - un esercito di quasi due milioni di liberi professionisti appartenenti alle varie professioni, avvocati, medici, ingegneri, architetti, veterinari ecc. - è andato via via aumentando, anche a causa di altri provvedimenti dai quali si sentono penalizzati. Questa situazione ha indotto i vari organismi e associazioni a scendere in campo con una grande manifestazione che si è svolta domenica 9 maggio scorso nel Teatro Mediterraneo della Fiera d’Oltremare di Napoli.
Organizzata dal Cup-Comitato Unitario delle Professioni presieduto dall’arch. Raffaele Sirica, e dall’Adepp-Associazione degli Enti previdenziali privati presieduta dall’avv. Maurizio De Tilla, la manifestazione, definita «Convention nazionale delle Professioni - Manifesto per le Professioni per l’Europa», ha registrato una massiccia partecipazione dei vertici di ben 27 fra Consigli nazionali degli Ordini, Collegi nazionali e Federazioni nazionali; di 19 Casse nazionali di previdenza e assistenza di altrettante categorie; di innumerevoli dirigenti di Comitati territoriali degli Ordini e Collegi professionali rappresentanti 16 regioni.
In totale una platea di 1.500 partecipanti, che un giornale ha definito «La carica dei millecinquecento», ha assistito con estremo interesse e passione allo svolgimento dei lavori consistenti nelle relazioni dettagliate, e abbondantemente polemiche nei riguardi del Governo, svolte dai massimi dirigenti delle categorie professionali, e negli interventi dei rappresentanti politici: i ministri per gli Affari regionali Enrico La Loggia, per le Politiche comunitarie Rocco Buttiglione, per l’Ambiente Altero Matteoli; i sottosegretari Michele Vietti, Maria Grazia Siliquini, Alberto Brambilla; i parlamentari Antonino Lo Presti, Anna Finocchiaro, Vincenzo Siniscalchi, Pierluigi Martini, Guido Calvi; gli eurodeputati Giuseppe Gargani e Stefano Zappalà, il segretario del Nuovo Psi Gianni De Michelis.
«Finalità dell’iniziativa–era spiegato nel programma–, è quella di sottoporre all’attenzione dell’opinione pubblica e delle Istituzioni, e alla valutazione dei candidati alle prossime elezioni europee, obiettivi e priorità delle professioni italiane nel quadro più ampio di una unificazione culturale e strutturale con i professionisti dell’Europa intera. Le nuove direttive europee, le conseguenti leggi nazionali e regionali, possono trasformare notevolmente le professioni intellettuali in Europa. Una forte e motivata presenza di professionisti potrà garantire maggiore attenzione della politica per i provvedimenti legislativi, in itinere, sulle professioni».
L’atmosfera si è subito riscaldata e dagli oratori sono partite accuse ai governanti e ai politici in genere. Al ministro della Giustizia Roberto Castelli è stato rimproverato di non essere intervenuto e di aver dimenticato la propria origine di libero professionista; al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è stato osservato che, mentre interviene alle assemblee della Confindustria e della Confcommercio, a quelle dei liberi professionisti si limita ad inviare messaggi augurali.
Sono fondate le critiche rivolte al Governo e alla classe politica in generale? Che cosa è stato fatto nei primi tre anni della presente legislatura? Quali sono i programmi per il futuro? Oppure i partiti non tengono conto di una forza elettorale di quasi due milioni di voti? A questi interrogativi Specchio Economico ha voluto offrire esaurienti risposte interpellando il ministro della Giustizia Castelli, al cui Ministero spetta la competenza relativa alla disciplina e al controllo, e quindi alla riforma degli Ordini professionali. Così il ministro ha risposto.
Domanda. Per quale motivo non ha partecipato alla Convention nazionale delle libere professioni?
Risposta. Non ho partecipato al convegno di Napoli non certo per mia volontà, ma perché ero impegnato proprio in quei giorni nella riunione dei rappresentanti dei Paesi del G8 in programma a Washington. Anzi, ho dovuto addirittura anticipare la mia partenza per gli Stati Uniti, proprio alla vigilia della manifestazione di Napoli, perché il vertice della capitale statunitense andava preparato accuratamente anche in loco e di ciò avevo avvertito gli organizzatori. Alcune affermazioni fatte nella Convention mi hanno comunque offerto la possibilità di constatare come spesso manchi un’adeguata informazione sull’attività del Governo e dei suoi ministri. Per questo tengo a far conoscere agli organizzatori, agli oratori intervenuti, agli invitati, soprattutto ai rappresentanti degli Ordini e delle altre organizzazioni professionali, e in generale a tutti i liberi professionisti italiani, sia il mio pensiero personale nei riguardi di questa categoria, sia l’azione svolta in sua difesa nel corso di questi ultimi tempi dal Governo, dal Parlamento e da me personalmente.
D. Qual’è in particolare la posizione del Governo?
R. Quella di portare a termine la riforma delle professioni il più rapidamente possibile. E in questa direzione il Governo si è mosso e sta operando. Quei liberi professionisti che ci rimproverano ritardi non debbono dimenticare che non più tardi di tre o quattro anni fa, nella passata Legislatura, c’era chi proponeva addirittura di abolire gli Ordini professionali. L’attuale Governo, invece, sta mantenendo l’impegno, a suo tempo assunto, di difenderli in quanto li considera portatori di irrinunciabili requisiti di qualità del servizio, di etica e di capacità professionali degli iscritti.
D. Ma le soluzioni previste nella progettata riforma sono accettate del tutto dagli interessati?
R. Non possiamo chiudere gli occhi di fronte alla realtà e ignorare che in questi anni, e soprattutto nell’ultimo scorcio del secolo passato, si sono verificati mutamenti radicali nella società e si è assistito alla nascita di nuove professioni che richiedono una regolamentazione. Ricordo, ad esempio, che la disciplina relativa alla professione dei ragionieri è del 1906; da allora certamente la società è profondamente cambiata e quindi noi ci siamo trovati dinanzi un compito molto impegnativo.
D. Ma perché per elaborare una riforma occorrono vari anni?
R. Se il Governo avesse voluto vararne una per così dire «di bandiera», cioè a puro scopo propagandistico, al fine di ingraziarsi le categorie interessate, non avrebbe incontrato tante difficoltà: gli sarebbe bastato presentare un provvedimento che accogliesse tutte le loro richieste, e io stesso personalmente avrei acquisito subito dei meriti, sapendo bene però che poi quel testo non avrebbe avuto nessuna possibilità di sopravvivere una volta giunto in Parlamento, o dinanzi alla Corte Costituzionale, o dinanzi all’Unione europea. Avrei acquisito facili e immediati consensi, salvo tradire nella sostanza sia gli Ordini professionali sia altre categorie di lavoratori intellettuali.
D. Per evitare questo pericolo che cosa ha fatto?
R. Abbiamo scelto una strada diversa, meno demagogica ma più seria. Abbiamo costituito una Commissione presieduta dal sottosegretario Michele Vietti che ha elaborato un progetto di riforma che è certamente valido, ma che ha bisogno di una messa a punto su tre fronti. Come mi è stato più volte pubblicamente fatto osservare credo correttamente anche dal ministro per gli Affari regionali Enrico La Loggia, il progetto non teneva conto del nuovo articolo 117 della Costituzione, che inserisce le professioni tra le materie di competenza sia dello Stato sia delle Regioni per cui avrebbe dato vita ad alcuni inconvenienti; pertanto abbiamo dovuto affrontare questo problema, in vista soprattutto dell’emanazione del decreto legislativo di attuazione dell’art. 117 della Costituzione.
D. Qual è l’iter di questo decreto?
R. Per definirlo ci siamo sottoposti a un tour de force e siamo riusciti a farlo approvare dal Consiglio dei ministri lo scorso venerdì 7 maggio, quindi due giorni prima della Convention di Napoli. Siamo in presenza ora di un importante provvedimento che ci consente anche di modificare il testo della Commissione nel senso indicato dall’articolo 117 della Costituzione. Il secondo aspetto che abbiamo dovuto approfondire nel progetto di riforma riguarda il fatto che all’esame della Commissione Giustizia del Senato è una proposta di legge per la riforma delle professioni presentata dalla maggioranza, e che pertanto non poteva essere ignorata; quindi abbiamo dovuto svolgere un impegnativo lavoro di raccordo tra i due testi.
D. E qual è il terzo fronte che avete dovuto superare?
R. L’osservanza della direttiva della Commissione europea numero 92/51 che riguarda, appunto, la disciplina delle professioni. In conclusione, non solo il Governo non ha «assassinato» alcun testo, come da qualcuno con una frase di dubbio gusto è stato detto a Napoli; ma, per continuare ad usare una terminologia propria della fisiologia, ha rivitalizzato un neonato che rischiava di nascere morto. Spero che gli esponenti di tutte le professioni, regolamentate o no, riconoscano il notevole e impegnativo lavoro che hanno svolto e stanno tuttora svolgendo non il solo ministro Castelli ma collegialmente i Ministeri della Giustizia, degli Affari regionali, delle Riforme istituzionali.
D. Allora in definitiva qual’è l’intenzione del Governo?
R. Il Governo ha una linea molto chiara e la sua azione si svolge lungo una direttrice ben precisa, con l’obiettivo di riconoscere l’insostituibilità degli Ordini professionali e di tutto il ricco e insieme variegato mondo delle professioni, che garantiscono un insostituibile apporto al sistema economico del Paese. Se qualcuno, per meschine strumentalizzazioni demagogiche, intende disconoscere il lavoro compiuto sinora, è un altro problema, ma io non mi riconosco in questo modo di agire.
D. Quali saranno le sue iniziative?
R. Ho assunto l’impegno di sottoporre il più rapidamente possibile il testo della riforma, così corretto, al Consiglio dei ministri per la sua approvazione; vedremo poi come unificare questo testo con quello all’esame della Commissione Giustizia del Senato, eventualmente presentando alcuni emendamenti per una questione di praticità.
D. Alla Convention di Napoli le è stato rimproverato di essersi dimenticato della sua origine. È così?
R. Se qualcuno ha affermato che avrei dimenticato la mia origine di ingegnere iscritto all’Albo, rispondo che come ministro è proprio mio dovere dimenticarlo. Devo infatti tutelare l’interesse generale, non solo quello particolare degli ingegneri o degli Ordini; ma questo non significa che abbia dimenticato le professioni. In questi ultimi dieci mesi me ne sono occupato moltissimo, non per il bene dell’ingegner Castelli o di questa o quella categoria professionale, ma per il Paese.
D. Perché il capo del Governo interviene alle assemblee della Confindustria e della Confcommercio e non a quelle dei liberi professionisti?
R. Non sono il difensore d’ufficio del presidente Berlusconi. Il presidente ha innumerevoli impegni, non ultimo la questione dell’Iraq.
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