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PAOLO ROMANIN JACUR: L'ECONOMIA RIPRENDE
SE LAVORANO I CARRELLI
di Luigi Locatelli



L’amministratore delegato della CLS spiega come gli investimenti nella logistica
e nella movimentazione delle merci
contribuiscano a stimolare
la ripresa economica

Istat non li inserisce nel paniere per calcolare l’inflazione, né l’attento Ufficio Studi della Banca d’Italia li comprende nei diagrammi macroeconomici del Paese. Eppure i carrelli elevatori potrebbero avere una significativa presenza come indici dell’andamento delle imprese e delle prospettive generali dell’economia. Proprio i piccoli e agili carrelli che si vedono nei magazzini e nei supermercati mentre infilzano, sollevano e trasportano i «pallet», i basamenti di legno o di plastica sui quali sono accatastate pile di bottiglie, scatoloni, componenti di auto, merci grandi o piccole, pesanti o leggere, spostandole con rapidità e frequenza. Compresi gli elevatori di grandi dimensioni che sollevano i container per caricarli o scaricarli da navi e treni.
Grandi o piccoli, i carrelli non hanno la capacità di consentire agli studiosi l’elaborazione di nuove leggi economiche, ma sarebbero affidabili indicatori, sebbene sottovalutati nella possibilità di promuovere in un’azienda anche un diverso modo di concepire le relazioni con la clientela e un nuovo rapporto con il personale. Non è un paradosso: un esempio reale e concreto di tutto ciò lo suggerisce l’ingegnere Paolo Romanin Jacur, fiero delle origini padovane e del doppio cognome, il primo di chiara impronta veneta e il secondo greco di Corfù, derivatogli da un lontano antenato nativo dell’isola e arrivato a Venezia alla fine del ‘600.
Fu poi un suo bisnonno che non aveva figli maschi a unire i due cognomi, nell’800. Nato a Padova nel ’48, dopo la laurea in Ingegneria elettronica, nel ’74 ha cominciato ad occuparsi con impegno di carrelli, trasportatori, elevatori, macchine per movimento terra, a Milano, nella CGT, Compagnia Generale Trattori, nata negli anni 30 come importatrice delle americane Caterpillar per il Nord e Centro Italia. Vi ha ricoperto diversi incarichi, fino a diventarne uno degli amministratori delegati.
Ruolo che ricopre oggi anche nella CLS, la CGT Logistica Sistemi, nata nel settembre 2003 da una costola della società madre per scissione della Divisione Carrelli. Operativa dal gennaio scorso, la CLS ha l’obiettivo di incrementare la diffusione dei carrelli Hyster in un mercato che presenta buone potenzialità di crescita, al punto da creare un’azienda apposita, con un gruppo dedicato completamente alle particolari necessità del mercato della logistica. Dopo 30 anni di lavoro Paolo Romanin Jacur parla della società e dei suoi criteri operativi con inconsueta passione, con dedizione. Non usa la parola «operai» o «dipendenti» ma «persone», e la ripete spesso, con semplicità, riferendola anche ai clienti.
«Riteniamo che il nostro ruolo sia quello di convincere le persone che lavorano con noi, che il cliente ha esigenze reali che vanno capite e vanno servite–spiega–. La CLS è basata sull’assistenza e abbiamo costruito tutta l’organizzazione per il cliente e con l’idea che le nostre persone, se entusiaste e preparate, mettono sempre al primo posto le esigenze dello stesso, fornendogli prestazioni migliori di quelle dei concorrenti. Se ognuno pone nel lavoro la propria sensibilità e attenzione, riesce a dare qualcosa in più; il cliente si ricorda di chi ha trascorso una notte insonne per lui, di chi ha fatto qualcosa fuori dal comune per rispondere alle sue esigenze. Questa è la chiave del nostro rapporto».
Il mondo dei carrelli elevatori è dominato da tre marche, una per continente. Leader in Europa è la multinazionale tedesca Linde, che si occupa anche di acciaio, di componenti idrauliche, valvole, gas compressi. La Toyota, nota per moto e auto, è attiva in Giappone e in Estremo Oriente. Negli Stati Uniti leader di mercato è la Hyster, con direzione generale a Cleveland nell’Ohio, importante per le industrie siderurgiche, meccaniche e automobilistiche; ha fabbriche in vari punti degli Stati Uniti e in Europa, per il mercato europeo.
Le macchine vendute dalla CLS sono costruite in Scozia e in Irlanda; anche in Italia a Modena e a Masate, un centro a circa 25 chilometri da Milano. Queste fabbriche non sono grandi, hanno qualche centinaio di dipendenti ma curano un prodotto che in questo momento sta crescendo sul mercato internazionale. «Circa 10 anni fa c’erano due piccole fabbriche in Lombardia di imprenditori italiani, specializzate e con un prodotto ben identificato. La multinazionale Hyster le ha acquistate, ha trasformato le linee di montaggio e rinnovato la produzione, che adesso sta potenziando perché esporta in tutta Europa, anche nel Nord e nell’area mediterranea del Nord Africa».
I carrelli elevatori servono molto nell’industria, nella distribuzione, nella logistica, negli stabilimenti. Sollevano i pallet carichi di tutto, dalla materia prima al prodotto finito ai contenitori, e li immagazzinano o li caricano sui camion per la spedizione; all’arrivo compiono il processo inverso con lo scarico, il trasporto in magazzino e la distribuzione. Questa è la funzione del carrello classico, piccolo o medio, mosso da un motore elettrico o diesel.
Ma la gamma che la CLS noleggia, vende, assiste nella manutenzione e serve in maniera completa è molto ampia, comprende le grandi macchine con potenti motori capaci di sollevare i container che a pieno carico possono pesare fino a 30 tonnellate. Macchine particolari, sottoposte a forti pressioni, complesse, che con un dispositivo di presa afferrano il container ad altezze molto elevate, anche in sesta o settima fila-via sul ponte di una nave da trasporto, con bracci di 14 metri di lunghezza. Lavorano nei porti o nei centri intermodali, e senza sosta devono fornire elevate prestazioni.
«Sono molto impegnative soprattutto per l’assistenza, richiedono un’elevatissima continuità di lavoro perché quando una di esse si blocca, si ferma la nave o il treno che si sta scaricando. Sono impegnative anche per l’investimento, perciò ai nostri clienti proponiamo anche il noleggio: abbiamo un grande stock che vendiamo o noleggiamo fornendo assistenza e manutenzione; finanziamo l’acquisto, svolgiamo la funzione di società intermediaria e di servizio con tutto quello che serve al cliente».
Per descrivere lo scenario in cui opera l’ing. Romanin Jacur con la CGT e la CLS, occorre citare la Tesa, holding del gruppo, di cui fanno parte, oltre a CGT e a CLS, la Noloitalia per il noleggio delle piccole attrezzature specialmente per l’edilizia, e la Teknoxgroup, che rappresenta Caterpillar e Hyster nei Paesi della ex Jugoslavia. Infine fa parte del gruppo la Genergia, che progetta e costruisce piccole o medie centrali, fornisce energia elettrica, acquista combustibile, negozia i certificati verdi. L’energia è prodotta da piccole centrali termiche dai 3 ai 20 megawatt, alimentate da motori a combustione interna che rappresentano la forma più economica di produzione, che fornisce anche teleriscaldamento o calore, per applicazioni industriali.
La società ha già concluso i primi contratti e adesso punta ad espandersi servendo la media e medio-grande industria che presenta elevati bisogni energetici e necessità di razionalizzare l’approvvigionamento, ma anche comunità locali, ospedali di grandi dimensioni, utenti che chiedono una fornitura su base locale, nel Nord e Centro Italia, l’area più industrializzata della penisola che assorbe i maggiori quantitativi di energia. «Prima vendevamo gruppi di generazione ad aziende operanti nel campo delle ceramiche, quindi con un elevato utilizzo del calore, o a municipalizzate per produrre acqua calda e teleriscaldamento–riferisce l’ing. Romanin Jacur–. Non più un investimento nella centrale ma l’acquisto dell’energia prodotta con motori diesel alimentati da gas naturale, ovvero dal gas che si forma nelle discariche, fonte alternativa dal costo conveniente. Siamo passati così dalle prime joint venture in cui noi fornivamo i gruppi elettrogeni e i clienti il gas, a una produzione diretta e autonoma di energia per comunità locali e aziende».
Domanda. Chi sono gli azionisti?
Risposta. Alcune famiglie di origine piemontese. Io sono amministratore delegato della CLS, con 250 dipendenti e un fatturato di 65 milioni di euro. Prima della costituzione di questa società, ero e sono tuttora uno degli amministratori delegati della CGT. Il fatturato complessivo supera i 500 milioni di euro, abbiamo la sede a Milano e filiali in tutto il Nord e Centro Italia. In totale le persone del gruppo sono oltre 1.200.
D. Come selezionate il personale?
R. Siamo molto attenti alla selezione ma ancor di più alla formazione. Oltre ai compiti di organizzazione, di marketing e tecnici, i nostri manager investono molto per migliorare le proprie capacità di selezione, guida e formazione dei collaboratori. In una società di assistenza non si può dare uno standard elevato di prestazioni, se la persona, che spesso lavora in trasferta nello stabilimento del cliente, non è profondamente convinta di operare nel modo migliore per risolvere il problema del cliente stesso. Senza questa convinzione il servizio fornito non è eccezionale; è come quello che offrono gli altri, per cui il cliente può cercarlo altrove. Le nostre persone concepiscono il servizio come una responsabilità personale: sanno di dover mettere il cliente in grado di ridurre i propri costi e di affermarsi sul suo mercato.
D. Avete difficoltà con il sindacato?
R. Come società di servizi, operiamo nel terziario e adottiamo il contratto di questo settore. Le riparazioni si fanno al momento, non c’è il lavoro ripetitivo della fabbrica. Ogni tecnico di assistenza deve avere lo spirito dell’artigiano, anche se porta con sé procedure standardizzate, il computer che compie la diagnostica della macchina, le tecniche e i ricambi per le riparazioni; deve capire il guasto e intervenire velocemente. Il sindacato fa il proprio mestiere con attenzione, persegue l’interesse dei lavoratori. Cerchiamo reciprocamente di non avere conflitti, trattiamo in maniera concreta i problemi delle persone. Dedichiamo molto tempo a questi argomenti e il risultato è positivo in termini di attaccamento all’azienda e di contributo che i singoli danno all’attività. L’azienda cura che tutti siano formati, informati e appassionati al lavoro, responsabilmente interessati al benessere dell’azienda ma anche dei clienti.
D. Che cosa vi distingue dalle imprese italiane?
R. Il nostro obiettivo è far sì che i clienti si trovino bene e continuino a rivolgersi a noi. Perciò puntiamo molto sui valori aziendali che pongono al centro il cliente. Il nostro logo è costituito da otto punti che definiscono il criterio operativo delle società: Responsabilità, Visione globale, Innovazione, Rispetto e valorizzazione delle persone, Fiducia reciproca, Azienda veloce, Gioco di squadra, Etica aziendale. Sono disegnati come satelliti intorno a un sole con la scritta «Clienti soddisfatti e fedeli». È molto più di un semplice marchio, è la filosofia della società, la definizione di un modo di essere e di lavorare che può sembrare anacronistico e ingenuo ma che è reale, frutto dell’esperienza di ciascuno, dei suggerimenti delle persone più apprezzate dai colleghi. Queste convinzioni sono sempre state alla base del nostro modo di lavorare.
D. Quali sono le tendenze in atto nel vostro settore?
R. In passato vendevamo le migliori macchine del mercato cercando anche di assicurare la migliore assistenza. A metà degli anni 90 abbiamo capito che le macchine, chiunque le produca, tendono a somigliarsi sempre più, e i margini sulla vendita ad assottigliarsi, per cui diventava più importante la qualità del servizio prestato dalle persone. La differenza maggiore con la concorrenza sono le persone con più anzianità aziendale, ma anche i giovani che devono assimilare questo spirito il più rapidamente possibile. Abbiamo svolto un lavoro di formazione e convincimento con tutti, organizzando anche una grande convention a Milano nel 1996 per tutto il personale, più di mille in un grande albergo, per valorizzare questi temi.
D. Prevedete una crescita significativa dell’economia del Paese?
R. Speriamo che questa cresca, comunque anche a parità di sviluppo economico riteniamo che possa ancora aumentare il ruolo dei mezzi che forniamo. Rispetto agli altri Paesi europei esiste un potenziale di sviluppo della meccanizzazione, dei trasporti, della distribuzione, quindi spazio per crescere. Comunque contiamo che nel medio termine l’economia italiana si riprenda.
D. Che cosa genera ottimismo?
R. Il settore della logistica è in crescita con un margine intorno al 20 per cento nei prossimi 3-5 anni, e deve raggiungere almeno livelli europei. Per questo tipo di attività è un margine consistente, con spazi di miglioramento sia per il complesso sia per la nostra quota, oggi intorno al 10 per cento. Non siamo leader assoluti ma abbiamo un doppio potenziale di crescita, con la decisa intenzione di puntare soprattutto sui servizi di assistenza e di noleggio e di fornire il servizio più professionale e sviluppato del mercato.
D. Quali segnali vengono dai vostri clienti?
R. Per diminuire il peso delle scorte, avere minori immobilizzi e spazi occupati, puntano a migliorare la movimentazione e la logistica e a gestire meglio i magazzini di materie prime, prodotti finiti, merci destinate alla distribuzione. Si sta affermando l’esigenza di produrre in base agli ordini e questo richiede approvvigionamenti affidabili e puntuali, ma siamo ancora lontani dai livelli ottimali. E una migliore gestione della logistica richiede macchine che facciano circolare più rapidamente le merci.
D. Occorrono quindi investimenti?
R. Per diminuire il costo complessivo l’industria deve organizzarsi con una programmazione migliore e una maggiore efficienza della catena logistica, per cui deve aumentare la quota di risorse destinate al settore. Parlando con i clienti avverto una voglia di fare e di crescere, purtroppo frenata dai vincoli che rendono talora difficile lavorare e avere successo.
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