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Il cliente ritorna al centro della strategia (digitale) aziendale

Fabrizio Padua

Basta tagli, abbiamo toccato il fondo, stiamo facendo da soli il lavoro che poco tempo fa era assegnato a cinque colleghi, qui si sta esagerando...». Questo leggevo in un editoriale negli Usa un anno fa, e conoscendo l’equilibrio e la moderazione del giornalista mi colpì per il tono e la ribellione a questa ricerca maniacale di taglio dei costi del personale nelle aziende americane.
Con ritardo, anche qui in Europa e in Italia, abbiamo assistito e sperimentato la politica di continua e progressiva riduzione dei costi, dal personale ai viaggi alle spese generali, ma dopo aver grattato il fondo del barile vedo finalmente che la strategia aziendale in linea generale sta rimettendo il cliente al centro della analisi e dell’agenda del management.
Sembra ovvio ma non è così: la grande recessione iniziata nel 2008 ha avuto come primo immediato effetto tagli su tagli, e relativamente da poco tempo ha rimesso al giusto posto la ricerca di nuovi clienti e lo studio di quelli più profittevoli. Alla fine la ricetta è semplice, per aumentare ricavi e margini occorre conoscere a fondo i propri clienti, di prodotti o servizi che siano. Conoscere vuol dire coccolare quelli profittevoli, coloro che comprano i prodotti a maggior margine e che soprattutto son buoni pagatori, cosa essenziale.
Le piattaforme di «Customer Relationship Management» che si sono sviluppate negli anni hanno automatizzato i sistemi di interazione con i clienti, dai call center ai risponditori automatici ai sistemi di gestione dell’ordine e dei venditori, aumentando performance e capillarità sul territorio. Si sono poi aggiunte le applicazioni di «Marketing Automation» per automatizzare e ottimizzare le campagne di marketing multicanale.
In parallelo sofisticati sistemi di «Customer Profiling» hanno dato la possibilità di analizzare una moltitudine di indicatori in funzione dei servizi offerti, distribuiti nel tempo e oggetto di previsioni e simulazioni di ogni tipo. La rete, la velocità di interazione, le aspettative dei clienti sempre più esigenti stanno però cambiando i sistemi di analisi della clientela. I dati da analizzare crescono di volume in modo non lineare, sono variegati perché sono dati sia numerici che testuali, sono veloci nel senso che la loro acquisizione avviene in tempo reale o quasi: sono cioè «Big Data».
Nel rispetto (o quasi) delle regole di privacy si possono acquisire tante nuove informazioni su un cliente esistente o su un «prospect» da conquistare: dove si trova in questo preciso momento con la georeferenziazione, quali sono i suoi gusti e hobby con i dati sui social (Facebook, Twitter), quali sono le principali tipologie di transazioni finanziarie analizzando le causali dei bonifici (quante informazioni nelle causali o nelle note del gestore), e tutti questi nuovi dati devono essere integrati con i database tradizionali di tipo classico, ordini, fatture, pagamenti, storico.
Stanno partendo in questi ultimi due anni progetti innovativi che integrano questo enorme volume di dati, molto diversi tra loro e analizzabili solo con potenti e robusti strumenti di analisi dati sofisticati e sperimentali al tempo stesso. Il canale digitale sta diventando una fonte inesauribile di informazioni da cui captare i segnali deboli che ci aiutano a prevenire l’abbandono o a fare di tutto per ritardarlo (se ci conviene chiaramente). Ma l’analisi dei dati digitali ci può aiutare anche ad elaborare un piano di marketing di prossimità per anticipare una volontà di acquisto latente da comunicare ad esempio via messaggio istantaneo alla persona giusta, nel momento giusto e davanti al punto vendita giusto.
Conoscere i propri clienti uno a uno è quasi impossibile ma è il vero obiettivo a cui si punta: ed ecco le carte fedeltà, ecco le campagne mirate ad un «cluster» specifico, ecco perché negli Usa il grande «Shopping Mall» sta lasciando spazio ai piccoli negozi, più vicini ai clienti, una cosa inimmaginabile fino a poco tempo fa. In effetti è il processo opposto a quello che avviene in Italia, dove i piccoli negozi chiudono per dare spazio alla catene commerciali, alle multinazionali straniere. Il negozio sotto casa non sa nulla o quasi delle navigazioni digitali della loro clientela sui socia,l ma sa quasi tutto invece delle abitudini alimentari e spesso delle storie private dei singoli clienti.
È ormai imprescindibile lanciare una moderna strategia di analisi digitale della clientela, ma è altrettanto decisivo dedicare tempo e risorse al contatto fisico con i singoli clienti e all’ascolto delle loro richieste e dei loro specifici bisogni. Penso sia fondamentale che ogni amministratore delegato dedichi un’ora a settimana all’ascolto in cuffia delle chiamate in ingresso ai call center, che visiti di persona i punti vendita, che intervisti i clienti top, che ci metta la faccia. I segnali deboli che ci fanno capire dove migliorare il servizio o come catturare quote di mercato dalla concorrenza si percepiscono anche ricostruendo il rapporto personale azienda-mercato, e questo a mio avviso vale sia in caso di clientela business che consumer.
I piccoli negozi di strada sanno bene come la qualità e il livello di servizio sia vitale per la propria sopravvivenza, così come offrire servizi aggiuntivi a costo zero quali l’assistenza psicologica: come definire altrimenti la pazienza enorme che ha il negoziante nell’ascoltare l’ennesimo problema che l’anziana signora gli propina giorno dopo giorno?  

Tags: Febbraio 2017

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