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Le nuove libertà e la vera concezione etica: la cultura come dimensione intellettuale e morale della vita

Maurizio De Tilla presidente dell’associazione nazionale avvocati italiani

Alla base della libertà di ciascuno di noi c’è anzitutto la presa di coscienza di quale sia la nostra natura e quali siano le possibili mutazioni: se è vero che buona parte della nostra vita è già scritta nel nostro codice genetico, è altrettanto innegabile che le nostre esigenze sono influenzate dall’ambiente che ci circonda e da un infinito numero di elementi puramente casuali sui quali abbiamo ben poco controllo.
L’interazione dei tre fattori (genoma, ambiente e caso) genera un numero infinito di individualità. Questa ricetta sembra lasciare (almeno apparentemente) poco spazio alle nostre scelte personali. Non siamo, infatti, noi a comporre il nostro dna, incidiamo sul mondo molto meno di quanto lui incida su di noi e la nostra volontà è pressoché impotente davanti al caso.
Senonché nel nostro continuo tentativo di affrancarci dall’idea di un destino immutabile abbiamo un alleato: la cultura scientifica ed umanistica. La cultura è un fattore che deriva dalla nostra responsabilità che ci arricchisce e ci rende liberi per riscattarci dai fattori genetici. È libertà, ma anche liberazione come azione capace di far uscire le persone dalle ambiguità di una società più liquida che solida. La cultura è, quindi, la dimensione intellettuale e morale della vita umana per resistere a qualsiasi caratteristica congenita e naturale. La cultura non è mai serva del potere.
La libertà e la indipendenza del pensiero, arricchite dalla conoscenza, sono un grande valore considerato come una forza che dà impulso e dinamismo all’agire umano e in tal modo crea nuove espressioni della vita e del lavoro. La cultura contribuisce, altresì, a formare il nostro convincimento dell’alto fondamento della scienza carica di valori morali. Ed è proprio la scienza che ci mette costantemente in relazione con qualcosa di più grande di noi, ci offre uno spettacolo sempre nuovo e sempre più vasto: dietro le cose più grandi che ci mostra, ci fa indovinare qualcosa di ancora più grande.
Chi ha apprezzato, chi ha visto, anche solo da lontano, la splendida armonia delle leggi naturali, è sicuramente meglio disposto di altri a fare poco caso al propri piccoli interessi egoistici; costui avrà un ideale che amerà più di se stesso, e questo è il solo terreno su cui si possa costruire un’etica. Per il suo ideale, egli lavorerà senza risparmiarsi e senza aspettarsi alcuna delle ricompense grossolane che invece per altri uomini sono tutto ciò che conta. Così interpretata, la scienza ispira sentimenti di alto valore etico - l’amore per la verità, l’aderenza ai fatti, la propensione all’universale, la necessità della collaborazione - e, al tempo stesso, demolisce qualsiasi pregiudizio. Non è la vera scienza che dobbiamo temere, ma la «mezza scienza», scienza falsa assoggettata a vincoli e a dogmi che le sono estranei.
Nell’universo aristotelico, ogni cosa ha una natura specifica, che la rende diversa da tutto il resto; la realizzazione di questa specificità è ciò che fa di ogni cosa ciò che veramente è. La possibilità di realizzare queste potenzialità è ciò che permette di vivere una vita davvero completa e felice. Si tratta allora di comprendere quale sia la specificità dell’uomo. La risposta è semplice.
Ciò che realizza la nostra natura di uomini, che fa di noi quello che siamo, non è solo la struttura genetica, quanto il possesso della ragione, l’uso dell’intelligenza, i valori della cultura e della scienza. L’uomo è l’animale razionale, e noi siamo veramente noi stessi quando usiamo bene il nostro cervello. Quando pensiamo, quando conosciamo. A questo dobbiamo dedicarci per costruire una vita che valga la pena di vivere felice.
Ma c’è un altro risvolto della libertà che è collegato all’etica dei comportamenti e al rispetto della legge: non c’è, infatti, libertà senza legalità. Piero Calamandrei ammoniva che solo la legalità assicura, nel modo meno imperfetto possibile, quella certezza del diritto senza la quale praticamente non può sussistere altra libertà.
Certezza del diritto, cioè certezza dei limiti entro i quali si estende la libertà di ciascuno e al di là dei quali comincia la libertà dell’altro: certezza del diritto, ossia possibilità pratica per ciascuno di conoscere, prima di agire, quali sono le azioni lecite e quelle vietate, cioè quali sono le azioni che egli può compiere per esercitare la sua libertà senza violare insieme la libertà altrui. Ma come si può parlare di legalità nella società attuale?
Non abbiamo più alcuna privacy, siamo circondati da affaristi corrotti e politici compiacenti, un’opera pubblica costa il doppio del dovuto, si approfitta e si evade senza consapevolezza (con una dizione ridicola: «a mia insaputa»), si simula un rapporto sincero ed onesto per mascherare furbizie e profittamenti indebiti. Il dovere di rispettare le leggi non è, però, estraneo alla libertà di cambiarle.
Il filosofo greco Socrate era consapevole che ogni società si definisce in due modi: attraverso ciò che permette e ciò che proibisce, attraverso ciò che include e ciò che esclude, ignora e nega. Ogni cittadino che vive all’interno delle mura di una società ha sì il dovere di obbedire a queste comuni inclusioni ed esclusioni, ma anche il diritto di metterle in discussione per migliorare la società. Una società viva deve avere all’interno del proprio tessuto gli strumenti per consentire a tutti i cittadini di rispettare le leggi, ma anche la libertà di promuovere il cambiamento. Una società che imponga tassativamente ai cittadini soltanto l’obbligo di ossequiare le leggi, anche quando sono inique, è una società che non ha democrazia, né giustizia ed è perciò a rischio di estinzione.
Alla coscienza e volontà di libertà si riconducono tutte le virtù morali e tutte le definizioni che sono riferibili all’etica. Con l’alto profilo etico si formano classi intellettuali e dirigenti politici. Senza etica nessuna società ha lunga vita. E la politica priva di etica pubblica finisce per deteriorare il tessuto sociale. Ma anche la libertà e l’etica conclamate vanno verificate. Secondo Benedetto Croce l’assenso morale che si dà a particolari istituzioni non si riferisce alla loro astratta forma, ma alla loro efficacia pratica in dati tempi, luoghi e circostanze e situazioni.
Anche il Montesquieu, che formulò la famosa teoria dei tre poteri, esecutivo-legislativo-giudiziario, non era in grado di poter tranquillamente sostenere che con questo meccanismo istituzionale si generasse e mantenesse libertà e si impedisse servitù. In realtà la tripartizione dei poteri elaborata dal Montesquieu ha trovato collocazione a volte solo formale nelle costituzioni repubblicane.   

Tags: Luglio Agosto 2016

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