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l problema maggiore attualmente all’attenzione delle forze politiche e sindacali consiste nel modo con cui avviare o stimolare la ripresa economica. Non ricorrendo alle soluzioni e agli strumenti di politica economica e monetaria che istituzionalmente spettano loro, Governo, Confindustria e Sindacati puntano direttamente a una ripresa dei consumi da parte della massa, al fine di ravvivare l’attività produttiva e quindi anche l’occupazione. L’aumento del monte-salari determinerebbe, infatti, una nuova spinta agli acquisti rimettendo in moto una spirale positiva.

Tutti contenti, quindi: il Governo e la maggioranza parlamentare per aver debellato la crisi economica, la Confindustria per aver ottenuto una serie di benefici dal Governo; i Sindacati per avere, sia pure timidamente, presentato e dibattuto in salotti e convegni, e in qualche sporadica manifestazione di piazza, richieste e proposte per la ripresa dell’occupazione; infine i cittadini, per avere scampato, apparentemente, il pericolo di una crisi più grave e più lunga rispetto a quella testè superata, ossia una vera e propria recessione.
Ma è proprio questa la migliore strada da seguire? Cioè: è facendo gli interessi del Governo, della Confindustria e dei Sindacati, che si tutelano i diritti dei cittadini? A mio parere no. Ritengo anzi con tale metodo gli interessi della massa potrebbero correre un nuovo e immediato rischio, notevolmente più grave della crisi economica in via di estinzione, e precisamente quello di una rapida e vigorosa ripresa dell’inflazione.

Per far comprendere più facilmente e rapidamente a tutti quanto affermo, ricordo l’andamento dei prezzi nel periodo precedente la crisi. Abbiamo assistito a una continua, ininterrotta, metodica crescita dell’inflazione dovuta a vari motivi, principalmente all’inesorabile, inarrestabile e micidiale aumento dei prezzi del greggio, dei prodotti petroliferi e, a cascata, dei costi dei trasporti, delle materie prime, della produzione e quindi di tutti i beni, soprattutto di quelli essenziali, di consumo.

In quella continua rincorsa di rincari dovuti a motivi reali si inseriva però la speculazione compiuta da categorie e da singoli operatori economici e in particolare commerciali, i quali, nell’assenza di ogni meccanismo di controllo, di repressione e di prevenzione, sogliono aumentare autonomamente i prezzi dei loro prodotti e servizi.
Soltanto il sentir parlare di aumenti di prezzi in qualche settore comporta inesorabilmente, il diffondersi di una psicosi che dà luogo ad iniziative dapprima isolate e a pelle di leopardo, poi generalizzate, incontrollate e ingiustificate, di ritocco dei cartellini. Gli stessi rappresentanti sindacali di consistenti categorie commerciali cominciano a dichiarare ai giornali di non essere più in grado di resistere al malcontento degli associati, alle loro pressioni, alle richieste di aumenti, alle minacce di iniziative fai-da-te di gruppi e di singoli.

Si attribuiscono il merito di essere riusciti a frenare, fino a quel momento, le richieste di aumenti, ma annunciano di non poter attendere oltre una certa futura, ravvicinata data se non rischiando una sollevazione e una perdita del controllo esercitato sugli stessi associati. Per prevenire un’ondata di aumenti imprevedibili e scoordinati sostengono che solo con la fissazione di un termine saranno in grado di contenere e uniformare i rincari.

La stampa, che non ha il potere di indire referendum e pronunciamenti nelle categorie così rappresentate, si limita a diffondere i dati forniti dai loro dirigenti, avvalorando tra i consumatori l’inevitabilità degli aumenti e inducendo altre categorie a ricorrere agli stessi metodi. Il risultato è scontato, e la manovra si ripete periodicamente, non ostacolata dalla prevedibile momentanea contrazione dell’acquisto dei beni e dei servizi rincarati. Che si tratti di metodi strumentali e spesso disonesti, attuati da molti dirigenti sindacali per motivi interni alle loro organizzazioni, prevalentemente di carattere elettorale, è dimostrato dal fatto che molti operatori economici contestano i propri rappresentanti e in generale il fronte dei rincari, e mantengono a lungo prezzi vigenti.
Oltre che preoccuparsi dell’occupazione diffondendo, ciascuno nel proprio interesse e a proprio modo, allarmanti previsioni di un consistente calo proprio nel momento in cui, a loro stesso dire, la ripresa è cominciata, Governo, Confindustria e Sindacati dovrebbero prevedere le conseguenze, sulla produzione e sull’occupazione, di un robusto rilancio dell’inflazione, inevitabile se dovesse registrarsi la tanto auspicata ripresa dei consumi.

Se nel 2008 e 2009 l’inflazione è stata bloccata, non è stato merito dei tre soggetti che non hanno fatto nulla per attenuarla, semmai l’hanno incrementata; il merito è stato della massa delle famiglie e delle imprese che, non potendo più far fronte agli incessanti rincari, hanno cominciato a ridurre i consumi. Ora Governo, Confindustria e Sindacati stanno facendo del tutto per far dimenticare alle famiglie e alle imprese quello che è avvenuto nel recentissimo passato: precisamente la latitanza delle Istituzioni nei controlli e nella lotta contro la speculazione selvaggia, l’azione dei grandi operatori economici e finanziari, l’assenza dei Sindacati, se non la loro acquiescienza alle politiche di alcuni Governi, e quindi la loro complicità ai danni dei lavoratori.

La domanda che io pongo ora è questa: nella mancanza di provvedimenti per il controllo dei prezzi, per la lotta alla speculazione e per la difesa del potere di acquisto delle masse, è credibile una politica economica incentrata sull’invito al consumo, sulle lusinghe di un nuovo benessere consumistico che si risolverà prima o poi in un nuovo boccone avvelenato? Non ha insegnato nulla alle famiglie e alle imprese, soprattutto a quelle medie e piccole, la lezione fornita della crisi di questi due anni? Non è il caso, allora, di disattendere i consigli di governanti, imprenditori, sindacalisti ed economisti interessati, e di continuare a risparmiare, ad essere guardinghi, ad assicurarsi da sé il futuro, a rinunciare al falso benessere, ad ignorare i cattivi consiglieri e profeti?

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