back

SPOIL SYSTEM

Un sistema
valido,
ma con tanti «distinguo»

di PAOLO BECCHETTI
già vicepresidente della Commissione Trasporti, Poste e Tlc della Camera

 


ra i tanti motivi di confronto-scontro fra le coalizioni di maggioranza e di opposizione uscite dalle urne di aprile scorso torna ciclicamente quello dello spoil-system. Una necessità per chi governa o una spartizione della torta? La scelta selettiva dei migliori oppure un risarcimento dovuto a qualche titolo a chi è rimasto fuori? L’attuazione ignobile di una tradizione nobile, oppure la giusta necessità di porre ai vertici di aziende e istituzioni managers qualificati ma soprattutto omogenei e sintonizzati con le politiche di Governo? In estrema sintesi un bene o un male? E, soprattutto, quali regole esistono a presidio di un esito dello spoil-system nell’interesse del Paese?

Ad ogni cambio di Governo e di legislatura l’argomento torna come un vero e proprio «brains-pool» all’attenzione dei politici e dei media, e ciascuno accusa l’altro di aver fatto quello che egli stesso (o la sua parte politica) ha compiuto qualche anno prima. Debbo subito prendere posizione sulla liceità, opportunità e utilità della prassi, ormai approdata anche in Italia, secondo la quale il vincitore prende tutto; liceità, opportunità e utilità che io accetto e approvo con vari distinguo, alcuni ovvii e condivisi altri un po’ meno.
Non ho dubbi che chi ha la responsabilità di governare il Paese, una Regione o un Ente locale abbia non solo il potere, ma ancor più abbia il dovere di scegliere persone e soggetti per la guida delle imprese e delle istituzioni in qualunque modo possedute, controllate e soggette a vigilanza. Il ragionamento, però, va preceduto da tre riflessioni che mi paiono prioritarie. La prima riguarda lo spoil nel settore della dirigenza pubblica, che i ministri della Funzione Pubblica, da Franco Bassanini a Luigi Mazzella, passando per Franco Frattini, hanno regolato con esiti diversi sotto il profilo dell’impatto sulla dirigenza stessa.

La seconda riflessione attiene alla convinzione abbastanza diffusa che i managers presenti in quel ristretto agone-mercato siano algidi, asettici, impolitici. Non è vero, non può essere vero. Basta ricordare quei managers di banche e di imprese - alcune delle quali facenti parte della struttura portante di gruppi editoriali che influenzano le scelte elettorali -, che si sono trasformati in strumenti propagandistici nelle elezioni primarie dell’Unione. La terza considerazione riguarda l’altra convinzione, diffusa e anche accreditata in maniera molto autoreferenziale dagli stessi managers e dalla lobby dei «professori», che quelle persone siano «buone per tutte le stagioni» e capaci di condurre qualsiasi impresa. Anche questo non è vero. Tuttavia il Governo Prodi (e seguenti) nel 1996 e quello Berlusconi dal 2001 al 2006 si sono comportati prendendo per buone le due non verità, e cioè la asetticità e poli-plurivalenza dei managers da porre a capo delle aziende pubbliche. Detto questo, però credo sia un dovere, più che un diritto, di chi governa di scegliere e mettere a capo delle aziende persone del tutto fedeli e pronte a seguire la linea politica del Governo senza porre bastoni fra le ruote ma anzi accelerando le scelte più utili per dare corpo alle priorità indicate da chi governa.

E nel compiere queste scelte è stato in passato e sarebbe, anzi temo che sarà un grave errore che il Governo ometta di creare una cabina di regia unica, che tenga sotto controllo un vero e proprio «brains-poll» attingendovi nel modo più utile per il Paese e più calibrato in termini di competenza, capacità e onestà in tutti i sensi, anche in quello della fedeltà politica al progetto di Governo nel rispetto del compito assegnato a ciascuna azienda o istituzione pubblica. Sarebbe, anzi temo che sarà (come è stato nel Governo Berlusconi) un grave errore che ogni ministro, ogni sottosegretario, ogni segreteria di partito possa coltivare un pezzettino di orticello senza una visione globale e d’insieme delle reali necessità e progettualità.

Devo fare alcuni esempi per il futuro, ma sono molto interessato, per il passato, a mettere a nudo i gravi errori compiuti sul terreno dello spoil-system dal Governo Berlusconi. Guardiamo il settore della produzione dell’energia. Nessuna persona che abbia un minimo di senso di responsabilità in Italia dubita più che le fonti - petrolio, gas, energia nucleare ed eolico, carbone, ciclo combinato ecc. -, debbano essere le più diversificate possibili. La spesa energetica è insostenibile, i rischi di subire tagli nell’approvvigionamento di gas e petrolio per ragioni solo politiche incombono come un incubo sul nostro Paese.

L’attuale management è perfettamente consapevole di questo, eppure molte aree del Governo Prodi pensano, ad esempio, che il carbone vada eliminato, che di ripensamenti nel nucleare non si debba neppure parlare. E allora delle tre l’una: o il Governo assicura al management attuale la continuità nelle scelte; oppure, seguendo alcune sirene ambientaliste che allignano nel suo seno, cambia questo management; oppure, infine, ordina al management stesso un cambiamento di orientamento che lo allinei al nuovo corso del Governo, se esso dovesse cedere ai vari Alfonso Pecoraro Scanio.
Guardiamo il settore delle opere pubbliche, delle grandi infrastrutture e dei cantieri avviati dal precedente Governo Berlusconi: alta velocità, passante di Mestre, Mosè, Salerno-Reggio Calabria, variante di Valico, Ponte sullo Stretto di Messina e altre ancora. Ebbene il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro ha detto che vi sono ben 46 cantieri aperti che non si possono interrompere, e ha aggiunto che la linea ad alta velocità la completerà lui; il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi invece ha detto che il Ponte sullo Stretto non si deve fare e che l’Alitalia e la sua dirigenza è al «redde rationem».

Allora il Governo, se manderà a casa i managers preposti alle opere che intende cancellare e se sbaraccherà le strutture appositamente create, deve dire con quali altri desidera realizzare le opere in programma. Ma non blocchi le opere mantenendo poltrone e prebende. Durante il Governo Berlusconi l’industria aeronautica ha compiuto scelte precise e valide sia sui partners internazionali sia di conseguenza sui Paesi con i quali costruire aerei e sistemi, comprarli e venderli. Se il Governo Prodi condivide questa linea deve confermare i managers, altrimenti cambiarli.

Molto vi sarebbe da dire sulle società Eni, Poste, Ferrovie, Sviluppo Italia, Cassa Depositi e Prestiti, Fintecna ecc. Aspettiamo che Prodi confermi i capi-azienda in linea con il programma del suo Governo, sicuramente fedeli e politicamente aderenti e «omogeneizzati», e che spedisca a casa chi oscilla, chi pretende di essere asettico e chi magari viene considerato un collaborazionista del Governo Berlusconi. Solo così Silvio Berlusconi capirà finalmente i molteplici, vistosi e visibili errori che ha compiuto mantenendo al proprio posto quelli che remavano contro e quelli che qualcuno gli ha fatto credere asettici e freddi interpreti dei compiti delle aziende loro affidate. Così facendo Berlusconi (e i suoi cacciatori di teste) hanno trasmesso due precisi messaggi negativi a tutti gli elettori in genere e in particolare ai molti managers, imprenditori, professori fedeli e dichiaratisi o dimostratisi vicini alla Casa delle Libertà.

Il primo messaggio era che il centrodestra non aveva persone all’altezza della situazione, tanto che ad esempio l’Udc ha candidato la stessa persona a tutto (Rai, Ferrovie e Inpdap) come se non ci fosse nessun altro, come se Forza Italia non avesse nessuno di in grado di assumere la guida delle galassie delle Ferrovie e delle Poste. Il secondo messaggio è che il Governo non ha avuto la forza di licenziare quelli che erano stati nominati dal Governo Prodi, ai quali era sbagliato chiedere fedeltà a un programma antitetico a quello del loro precedente dante causa, perché credo fosse nel loro diritto conservare la propria appartenenza.

Faccio qualche esempio: dirigente delle Relazioni istituzionali delle Ferrovie per circa due anni è stato Silvio Sircana, responsabile della Comunicazione per Prodi sia nel 1996 che nel 2006; il presidente della Rete Ferroviaria è il prof. Rainer Masera, già ministro del Bilancio nel Governo Dini; nel consiglio di amministrazione dell’Enel è stato nominato il prof. Augusto Fantozzi, già ministro delle Finanze nel Governo Dini, il Governo più ostile a Berlusconi dopo la sua entrata in politica; l’amministratore delegato di Sviluppo Italia è stato per tre anni l’ing. Massimo Caputi, noto in Parlamento per essere stato incluso tra i sostenitori a titolo personale dei Ds.

Parlo di persone rispettabilissime e competenti, ma certamente non vicine al Governo di centrodestra. Berlusconi ha compiuto gli errori che ho evidenziato ma sono convinto che li ha fatti in assoluta buona fede e nella convinzione, sbagliata, che molte persone, anche se nominate dal centrosinistra, avrebbero assecondato le idee di sviluppo del centrodestra.

back