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ITALIA IN PRIMA
LINEA PER DISINNESCARE
LA BOMBA DEL MEDIO ORIENTE

di VICTOR CIUFFA

assegnazione all’Italia e in particolare alla Finmeccanica dell’importante commessa relativa alla costruzione e fornitura alla Presidenza degli Stati Uniti di un cospicuo numero di elicotteri Agusta Westland è innanzitutto un riconoscimento delle capacità di questa industria, del suo vertice, dei suoi manager, ricercatori, tecnici, maestranze, per i risultati tecnologici e produttivi d’avanguardia nel mondo. Ma è anche un riconoscimento del valore dell’industria pubblica italiana in generale, anche di quella che non c’è più perché, denigrata, smantellata e spezzettata, è stata svenduta a pochi gruppi privati, più abili nell’illudere l’opinione pubblica sui presunti vantaggi delle privatizzazioni e più inclini a realizzare grandi speculazioni che capaci di gestire aziende, destinate a finire in mani straniere interessate non certo a mantenerle e a svilupparle, semmai a sopprimerle. Come dimostrano le recenti traversie delle ex acciaierie di Terni finite in mano a proprietari tedeschi.
È un riconoscimento altresì della capacità degli italiani e dei loro governanti di trovare, grazie alla loro abilità e al loro lavoro, soluzioni geniali e vincenti in un contesto europeo che negli affari, nella finanza e nell’economia in generale ci è ostile in quanto concorrente e rivale, nonostante le belle parole e i principi enunciati nei trattati ma contraddetti nella realtà; anzi contraddetti negli stessi trattati, ad esempio in quella specie di regolamento carcerario per gli italiani eufemisticamente battezzato con il nome della ridente cittadina di Maastricht.
È anche un riconoscimento dei meriti che, al di sopra di schematismi, pregiudizi e pregiudiziali politiche, non si possono negare al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi il quale - grazie alla propria sensibilità e cultura occidentale, all’intuito, alla capacità negli affari e alla simpatia umana che promana e che sa guadagnarsi -, senza ambasciatori né intermediari è riuscito ad ottenere la fiducia personale del presidente degli Stati Uniti George Bush e della maggior parte della classe dirigente statunitense.
Aggiornata e adattata a Berlusconi, la frase pronunciata da Alcide De Gasperi il 10 agosto 1946 alla Conferenza della pace di Parigi, davanti ai rappresentanti dei 21 Stati vincitori della seconda guerra mondiale - «Prendo la parola in questo consesso mondiale e sento che tutto, tranne la vostra cortesia, è contro di me» -, potrebbe diventare: «Sento che tutto, compresa la vostra simpatia, è favorevole a me». L’opposizione interna può e deve svolgere, giustamente e anche utilmente, il proprio compito e contestare Berlusconi e il suo Governo, ma certi risultati sono al di sopra delle parti e della politica, così come oggi questa viene negativamente concepita.
È anche vero che hanno influito sulla scelta dell’Agusta l’appoggio dato dall’Italia agli Stati Uniti nella guerra in Irak, l’invio di truppe italiane in quel Paese, i rischi quotidiani che queste affrontano, i costi dell’impresa per le finanze dello Stato e quindi per i contribuenti. Ma anche senza considerare alcuna prospettiva di commesse per le nostre industrie, all’Italia era possibile e conveniva assumere una posizione assenteista sulla difficilissima e intricatissima questione mediorientale?
Vanno chiariti innanzitutto alcuni punti: l’intervento italiano non è a fini bellici ma solo di pace e di aiuto a quelle sfortunate popolazioni; la posizione geografica dell’Italia nel Mediterraneo è ben diversa da quella di quasi tutti gli altri Paesi europei, soprattutto dei maggiori, Germania, Francia e Inghilterra; se è vero che nella Nato siamo alleati degli Stati Uniti, abbiamo però anche interessi diversi nel Mediterraneo e non possiamo assolutamente ignorare una realtà mondiale come il mondo islamico che è ai nostri confini, e molto anche dentro il Paese.
Premessi questi punti, non possiamo emettere giudizi improvvisati, determinati da contingenze momentanee, da umori giornalieri, da, visioni particolaristiche. Occorre invece rifarsi alla storia per ricordare che quanto avviene oggi, anche un episodio importante ma comunque limitatissimo quale una commessa industriale, viene da molto lontano. Da quasi un secolo fa, ovvero da quando per la prima volta gli Stati Uniti inviarono i loro soldati in Europa, in occasione della prima guerra mondiale. Perché a quella prima volta seguì la seconda, in occasione del secondo conflitto mondiale, dopodiché la presenza americana in Europa e in particolare nel Mediterraneo è stata perenne, assicurata proprio dall’Italia che dal 1944 in poi ha fornito basi militari alle Forze armate americane.
Per cinquant’anni l’alleanza con l’America, che ci ha risparmiato dall’esperienza comunista e in particolare dal blocco allo sviluppo economico che ancora strozza i Paesi ex comunisti, è stata duramente contestata dalla sinistra italiana, che però ha goduto di tutti i benefici, i vantaggi, la libertà, il benessere assicuratoci da essa; basta ricordare i furbissimi e ricchissimi intellettuali comunisti del passato. La storia ha dato ragione agli Stati Uniti, il comunismo è crollato nell’Est da solo, logorato dal tempo e soprattutto da motivazioni economiche.
Al mondo, e all’Italia in quanto tra i Paesi più esposti, è stato risparmiato un terzo, cruento trauma. Con il nuovo secolo la situazione internazionale è cambiata, ma non tanto; al posto dell’estremismo comunista è subentrato il fondamentalismo islamico, anche questo pericoloso per la pace, per la stabilità, e in primo luogo per l’Italia, divenuta di nuovo un Paese di frontiera. Ma questa volta la ricetta per attenuarlo, neutralizzarlo, logorarlo, è più conosciuta e, stante l’aumento delle risorse finanziarie dei Paesi occidentali, è diventata anche molto più praticabile.
Si chiama sviluppo economico, aiuti finanziari, aumento dei redditi di quelle popolazioni, dei consumi, della produzione, dell’occupazione, del benessere, miglioramento delle condizioni di vita. Un programma gigantesco di aiuti, il cui onere spetta in primo luogo agli Stati Uniti, in sostituzione delle spese per la guerra; e conseguentemente all’Europa e all’Italia. La quale ha comunque dimostrato di non esitare a dare il proprio contributo per disinnescare la bomba del Medio Oriente.

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