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RETROSPECCHIO
Esercito italiano:
la storia delle missioni all’estero
«In questi 15 anni le Forze Armate italiane hanno partecipato a missioni di grande impegno anche in aree lontane dal territorio nazionale, dall’Iraq all’Afghanistan a Timor Est, ove sarebbe stato impensabile pochi anni addietro schierare soldati italiani; in questo arco di tempo il nostro strumento militare è profondamente mutato in funzione del quadro strategico mondiale, radicalmente nuovo. Non è errato affermare che, tra le Forze Armate, l’Esercito è stato maggiormente segnato dalle trasformazioni»: è il sintetico ritratto disegnato dal ministro della Difesa Antonio Martino alla presentazione, svoltasi nelle scorse settimane, del volume «Esercito Italiano. Le nuove frontiere del peacekeeping». Edito dalla Mondadori e curato da Andrea Nativi, il libro illustra l’impegno della Forza Armata che con oltre novemila uomini e donne impiegati ogni giorno fuori dei confini nazionali e fornisce un contributo fondamentale alla ricostruzione e alla stabilità. Aperto da una prefazione del ministro Martino il volume, che è arricchito da autorevoli interventi tra i quali quelli del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Tenente Generale Giulio Fraticelli, e del comandante del Comando Operativo Interforze Tenente Generale Filiberto Cecchi, il libro riassume la storia, le ragioni, le caratteristiche, le prospettive del peacekeeping, esaminate dal punto di vista dell’Esercito, numericamente la Forza Armata più impegnata nelle missioni all’estero.
«Gli specialisti in questioni strategiche sono soliti ricordare che al mondo ingessato dalle due superpotenze è subentrato quello della conflittualità diffusa, con l’esplosione di tante tensioni nazionali, etniche, religiose, spesso aggravate dalla povertà, dalla mancanza di effettive autorità statuali, dal degrado sociale e ambientale, dal fanatismo–scrive il ministro Martino–. La comunità internazionale non è spettatrice passiva di queste crisi. Il peacekeeping è una realtà di tutti i giorni, spesso divenuta peacenforcing nei teatri di maggiore complessità».
Con la totale professionalizzazione del personale e la fine della leva obbligatoria, con l’arruolamento delle donne, con l’ammodernamento dei sistemi d’arma, l’Esercito ha definitivamente consegnato alla storia la vecchia immagine del soldato italiano. Per questo allo studioso, al militare, al cittadino, è utile questo tipo di libro che riassume la storia, le ragioni, le caratteristiche, le prospettive del peacekeeping. È bene ricordare, ha precisato il Tenente Generale Giulio Fraticelli, che lo strumento militare terrestre ha effettuato tutti questi interventi in concomitanza e al termine di un robusto processo di riduzione; i suoi organici sono diminuiti di oltre il 60 per cento nel corso degli ultimi quindici anni, passando da 290 mila effettivi del 1990 ai circa 114 mila attuali.
Oggi il mutato contesto vede l’Esercito italiano in pieno cambiamento, con riferimento a cinque direttrici ben delineate: da forza prevalentemente statica e «in potenza» a strumento rapidamente proiettabile e con capacità operative in atto; da una visione prevalente di singola Forza Armata a componente integrata di uno strumento interforze e multinazionale; da esercito di leva a esercito professionale; da forza di massa a forza di qualità ma numericamente sufficiente, operativamente flessibile e tecnologicamente evoluta; da esercito in guarnigione a esercito nella società e della società. «Lo strumento militare terrestre che sta prendendo forma–ha concluso Fraticelli–, si sta dimostrando in grado di svolgere efficacemente le missioni imposte dal nuovo scenario e discendenti dalla nostra legislazione». (Stef. Mastr.)

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