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VECCHIAIA:
NEMICA DELL'UOMO
E SOPRATUTTO DELLA DONNA

di Delfo Galileo Faroni

 

ossessione di rimanere giovani è esistita in tutti i tempi. Essa consiste essenzialmente nel desiderio di: superare le proprie condizioni naturali, contrastare l’assalto dei fattori deterioranti, smentire le argomentazioni sfavorevoli, evitare gli atteggiamenti regressivi, eliminare le immagini negative ed altro. Tutte queste regole hanno sempre costituito una sorta di Vangelo per chi ha cercato con ogni mezzo di entrare a far parte il più tardi possibile del mondo delle persone anziane.
Sappiamo bene quanto sia delicata e fragile la donna, soprattutto se in possesso di grandi qualità e di indiscusso fascino, soprattutto quando si accinge a varcare la soglia della seconda età. Alle prime avvisaglie di «non essere più come prima» essa non si rassegna, anzi rifiuta ostinatamente di perdere la «fatale attrazione» che esercita. La sua evoluzione è drammatica, conseguenza purtroppo del tempo che passa e consuma. Il fenomeno è universale: ogni essere umano va inesorabilmente verso il proprio declino più o meno in fretta, più o meno bene, secondo molteplici e complessi fattori.
I fattori che possono influire positivamente o negativamente su questo processo sono molti: la costituzione umana con i suoi vari temperamenti individuali, l’ereditarietà, l’ambiente in cui si è vissuti e si vive, gli abusi compiuti, il logorio, elementi questi ultimi che dipendono dai diversi modi di vivere e dalla nostra stessa natura. Ma la donna in particolare, più dell’uomo, difficilmente si rassegna al declino, non accetta alcuna forma di decadimento. È sempre arduo spiegarle i motivi per i quali si verificano certi avvenimenti di carattere fisiologico, che sono tipici del ciclo vitale; ma è ancor più difficile farle capire che la vita umana obbedisce a precisi programmi, geneticamente prefissati. Il viaggio verso l’epoca della maturità comincia qualche anno prima del compimento del mezzo secolo.
Reduce da tanti mutamenti, consapevole di essersi costruita dopo molti anni la propria individualità morfologica, la donna si avvia nostalgicamente ad abbandonare il proprio ruolo di Venere ellenica, morbida e armoniosa nelle curve, per collocarsi tra coloro che con tenacia e determinazione aspirano a conservare forme giovanili fino a tarda età. Ma una cosa è certa: quella commedia tanto importante che si chiama «vita» continua inesorabilmente il proprio cammino verso la stagione autunnale.
Non vi è dubbio che, con il trascorrere del tempo, i tentativi di camuffare la propria identità diventano sempre più difficili. Tutti sappiamo che i segni dell’età che avanza si notano sulla pelle, soprattutto su quella del volto. Potremmo dire che essi costituiscano le uniche manifestazioni esterne misurabili, perché l’aspetto del volto permette anche di indovinare l’età di una persona. Sono particolarmente indicativi, in proposito, la perdita della freschezza della pelle, la sua diminuzione di elasticità, tonicità e dolcezza, la comparsa delle rughe.
È proprio la presenza di queste ultime a manifestare quell’irreparabile oltraggio che il tempo segna sul volto, grazioso e leggiadro, della donna. La consapevolezza che l’aspetto giovanile comincia a sfiorire è rivelata dall’uso di tanti trucchi e di prodotti di bellezza, dal ricorso al chirurgo estetico. Ma non si tratta soltanto di questo: la donna deve fare i conti anche con la scomparsa di quelle regole alle quali annette tanta importanza.
L’apparizione di turbe tipiche della menopausa che possono provocare fenomeni particolari come il torpore dei tessuti di certe parti del corpo dovuto alla ritenzione di acqua, la comparsa dell’antiestetica e irriducibile cellulite - eventualità tutt’altro che rare quando gli ormoni si squilibrano -, deviazioni umilianti in direzione viriloide, sfigurano l’avvenenza della donna.
A tutto questo e a molto di più si assiste se si considera che la donna, compiuto ogni sforzo per fronteggiare, attenuare e riparare i danni spietatamente provocati dall’avanzare dell’età, comunque non si rassegna. Essa non si sottomette a quella realtà che spesso è fonte di una grande amarezza e che, non di rado, si trasforma in un desolante disagio mentale. Lo scrittore francese François de La Rochefoucauld ha sentenziato: «L’inferno della donna è la vecchiaia».
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