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MARIO BACCINI (UDC):
UN IMPEGNO PIU' DECISO
PER LA TUTELA DEI VALORI

intervista al ministro
della Funzione pubblica


Accelerati da atteggiamenti penalizzanti adottati verso l’Italia da organismi europei - ad esempio il veto alla nomina a commissario europeo posto a un rappresentante del Governo italiano e quindi dell’Italia, il ministro Rocco Buttiglione dell’Udc -, gli ultimi sviluppi della situazione politica interna hanno determinato un rafforzamento di questo partito ponendone in risalto, dinanzi all’opinione pubblica, il ruolo di difesa dei valori comuni, diffusi e propri della popolazione italiana dinanzi a usanze, costumi, sistemi e spesso aberrazioni tollerate o addirittura incentivate dai governanti di Paesi distantissimi per sentimenti, cultura e tradizione. Come risultato di questa assurda discriminazione si sono registrati l’ingresso nel Governo addirittura del segretario dell’Udc Marco Follini e l’attribuzione dell’importante incarico di ministro della Funzione pubblica a un altro emergente, valido e popolare rappresentante dello stesso partito, Mario Baccini, che aveva l’incarico di sottosegretario agli Esteri. In questa intervista il neoministro illustra il programma dell’Udc proprio in questa delicata fase preelettorale del Paese.
Domanda. Quale compito si ripromette di svolgere nel nuovo ruolo di ministro della Funzione pubblica che ha in seno al Governo?
Risposta. Ho assunto questo incarico di rilievo in seguito a una decisione politica adottata dall’Udc, il partito al quale appartengo, di essere più presente nel Governo del Paese con la partecipazione ad esso sia del nostro segretario nazionale Marco Follini sia mia. Questa decisione va inquadrata nella volontà di concludere la legislatura con una determinazione ancora più forte di quanta ve ne fosse già nella maggioranza e anche nel mio partito. Partendo da questa considerazione, è chiaro che ci siamo assunti responsabilità maggiori, senza comunque perdere di vista i valori rappresentati dall’Udc all’interno della coalizione di centrodestra, che non sono confondibili con quelli di altre forze politiche.
D. Che cosa caratterizzerà questo vostro maggiore impegno?
R. L’Udc è il partito dei valori, per cui siamo legati a un progetto prima di ogni altra cosa culturale, che rende il centrodestra alternativo alla sinistra; per questo il grande impegno che abbiamo di fronte non è soltanto quello di prepararci alle elezioni, tanto più che ormai siamo già in campagna elettorale, ma quello di tutelare e promuovere proprio i suddetti valori. Questo ci distinguerà dai nostri avversari nelle prossime scadenze elettorali. Sarebbe un errore considerare l’esercizio del potere soltanto in termini ragionieristici, legati esclusivamente ai numeri e alle percentuali; oggi c’è in gioco soprattutto il futuro delle nuove generazioni.
D. Quali sono questi valori e qual è il vostro programma al riguardo?
R. Dovremo decidere come dovranno vivere i nostri figli e i nostri nipoti nei prossimi dieci o venti anni, con quale qualità della vita, con quale famiglia; dovremo decidere quali indirizzi, obiettivi e contenuti dovranno avere le politiche sulla vita. Questo è il vero problema di oggi; tutto il resto è esercizio dialettico, importante certo, ma non determinante. Una volta chiarita questa posizione, potremo pensare all’assetto economico del Paese. Un segnale importante. In proposito è già venuto dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che ha confermato di voler mantenere gli impegni assunti nel contratto con gli italiani. Rientrano in tale volontà anche le recentissime iniziative adottate dal Governo e dal Parlamento nel settore delle imposte.
D. Quali sono le condizioni per rilanciare l’economia?
R. A mio parere, partendo da una solida base legata ai valori, dobbiamo costruire il nuovo assetto politico, economico, culturale del Paese. Il centrodestra è abbastanza avanti in questa strada, ma quanto è stato finora fatto non è ancora sufficiente per stabilizzare il quadro strutturale sociale ed economico; occorre rimettere in campo una classe dirigente legata a valori morali molto forti. Una classe dirigente, cioè, consapevole del compito che ha davanti, che viva non di nostalgia ma certamente di memoria storica. Occorre passare da una fase di economia politica a una di politica economica; la mano di Dio ci ha dato tanto, dobbiamo impedire che la mano dell’uomo ce lo tolga.
D. Che cosa Lei potrà fare in particolare, in tale direzione, nell’ambito delle sue competenze?
R. Il mio contributo come ministro della Funzione pubblica consisterà nel cercare di rimettere in moto un sistema che fino a qualche tempo fa aveva fatto della Funzione pubblica il motore dello sviluppo dell’economia e del futuro del Paese. Uno dei punti-chiave del mio impegno sarà quello di valorizzare il notevole patrimonio umano a disposizione dello Stato; tagliare i rami secchi, e quindi gli sprechi, sarà una delle priorità della mia azione politica; garantire ai cittadini, utenti e non sudditi, una qualità maggiore dei servizi costituirà l’aspetto centrale delle mie politiche. Tutti sono capaci di fare politica quando si hanno tanti mezzi a disposizione; a mio parere l’arte della politica si misura nella capacità di scegliere le priorità e di utilizzare al massimo tutti i mezzi e le risorse a disposizione.
D. Una volta il suo si chiamava Ministero per la Riforma burocratica; da tempo ha cambiato nome, si sono susseguite molte leggi ma i problemi sono rimasti; quale rimedio ritiene necessario?
R. La semplificazione della legislazione e dei procedimenti amministrativi costituisce da anni una priorità di tutti i Governi, ma gli interventi attuati non hanno ancora risposto alle aspettative create, forse perché non si è scelta una soluzione diretta che consentisse di raggiungere rapidamente risultati magari parziali ma concreti, immediatamente visibili. Se dovessi coniare uno slogan per questo concetto direi: «Meno leggi e più libertà per i cittadini». Occorrono da una parte una riduzione e semplificazione del numero delle leggi, dall’altra un aumento del loro grado di comprensione. Ne esistono troppe e per di più incomprensibili. Si pone con urgenza la necessità di un taglio drastico della legislazione vigente. La capacità competitiva del Paese si fonda anche sulla snellezza del sistema giuridico, sulla semplicità delle norme e conseguentemente sulla facilità dei rapporti fra cittadini, imprese e pubblica amministrazione. Proporrò una norma taglia-leggi, che valuteremo se e come inserire nel disegno di legge sulla competitività. Se non sarà possibile in questo contesto, in qualità di ministro della Funzione pubblica assumerò un’iniziativa autonoma in materia.
D. Il Governo potrà aiutare le imprese a imboccare la strada della ripresa e dello sviluppo?
R. La liberalizzazione delle attività d’impresa costituisce un punto importante. Io parto dal concetto che non ci può essere sviluppo della società senza libertà d’impresa. E poiché uno dei cardini del programma del Governo, della Casa delle Libertà e dello stesso presidente del Consiglio, è costituito dalla liberalizzazione delle attività economiche, ritengo che non possa ulteriormente rinviarsi l’eliminazione dei vincoli burocratici che frenano il rilancio della competitività del sistema produttivo.
D. Che cosa intende fare, in particolare?
R. Ad esempio rivitalizzare l’Ispettorato della Funzione pubblica. È un impegno che mi sta molto a cuore. Si tratta di un organo che già esiste nel Dipartimento della Funzione pubblica, ma che è stato trascurato negli anni. Dovrà essere riconfigurato come strumento ausiliario per la riforma della pubblica amministrazione da utilizzarsi, in particolare, per il censimento e per la verifica, ai fini della loro razionalizzazione, dei rapporti di consulenza esistenti all’interno delle pubbliche amministrazioni. In altri termini e per essere più chiari, all’Ispettorato sarà assegnato il compito di verificare che le consulenze si mantengano nell’alveo di una costante e crescente osmosi fra il settore pubblico e quello privato; che siano volte ad acquisire esperienze e professionalità delle quali la pubblica amministrazione non dispone nel proprio interno; che siano nello stesso tempo strumento di affinamento e di valorizzazione delle professionalità della dirigenza pubblica.
D. Ritiene che il sistema delle Autorità garanti soddisfi le esigenze per le quali è stato creato?
R. Occorre rivederlo, ed è mio intendimento costituire una Commissione, di altissimo livello e specializzazione, che abbia il compito di definire le linee di intervento in un quadro di coerenza e di concertazione istituzionale.
D. Quali sono le prospettive del suo partito, l’Udc?
R. Non escludo che possa essere il ponte verso un nuovo partito popolare italiano che consenta una conversione più ampia di forze politiche, sociali e culturali nazionali nel progetto del Partito popolare europeo, in collegamento sempre più stretto con l’Internazionale democristiana. Questo superando le barriere e le logiche di difesa dei piccoli spazi, e restituendo alla politica il ruolo di strumento di dialogo e di confronto fra le culture dei popoli. Se in Italia sapremo ristabilire regole chiare e ovviamente democratiche per la selezione di una classe dirigente adeguata, legate ai migliori anni della Democrazia Cristiana, potremo affidare ad essa il futuro del Paese, superando l’attuale fase di vuoto politico. In questo contesto penso sostanzialmente alla formazione di un partito popolare europeo e a un Governo di centrodestra che diventi a breve non un progetto esclusivamente elettorale, ma un Governo dei valori.
D. La nutrita serie di leggi rivolte, a partire da quella conosciuta come la 142 del 1990, alle amministrazioni pubbliche locali ha prodotto scarsi risultati positivi, contraddizioni e nuovi problemi. Potranno essere eliminati o attenuati?
R. Dalla legge 142 del 1990 a oggi si è assistito a un diluvio di leggi sulla pubblica amministrazione ma non a una riforma omogenea. Non è l’unico aspetto negativo che sto riscontrando come ministro della Funzione pubblica e soprattutto come politico; un altro è costituito dal fatto che in questa riforma manca l’anima, manca la sussidiarietà sia verticale che orizzontale. Qualsiasi legge senza anima non percorre molta strada, ma contribuisce solo al caos amministrativo. Nel prossimo futuro potremo prendere quanto c’è di buono in essa e riporre in un cassetto tutti gli aspetti che, nella sua attuazione, si sono rivelati negativi per i cittadini. Il buon senso e un po’ di esperienza potranno aiutarci.
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