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PASQUALE DE LISE:
TAR, UNA GIUSTIZIA IN DIFESA DEL CITTADINO



Pasquale de Lise,
presidente del Tar del Lazio

ntrato in magistratura nel 1961, Pasquale de Lise, chiamato dallo scorso giugno a presiedere l’importantissimo e prestigioso Tar, Tribunale amministrativo regionale del Lazio, vanta un lunga e ampia esperienza. Ha operato via via nella magistratura ordinaria civile e, sia pure per periodi relativamente brevi, penale; e in quella contabile perché per qualche tempo è stato anche alla Corte dei Conti; dopo 10 anni di attività è passato alla giustizia amministrativa, precisamente al Consiglio di Stato, superando nel 1971 un concorso che, lungi da ogni tentazione di autoesaltazione, definisce «uno dei più seri, forse il più difficile».

All’epoca al Consiglio di Stato si entrava come referendario, poi si diventava primo referendario quindi consigliere. «Un concorso–ha ricordato de Lise nelle settimane scorse al Capo dello Stato che l’ha ricevuto dopo la nomina alla presidenza del Tar del Lazio–che ha ispirato una novella a Luigi Pirandello intitolata proprio ‘Concorso per referendario al Consiglio di Stato’: storia di un giovane siciliano che, recatosi in villeggiatura con valige piene di libri per prepararsi, trovò qualcosa di meglio da fare, rinunciando all’esame».

A Palazzo Spada, il cinquecentesco edificio in Piazza Capo di Ferro a Roma, sede del Consiglio, il consigliere de Lise ha fatto parte via via delle varie Sezioni, consultive e giurisdizionali, fino a diventare, dopo 11 anni, presidente di Sezione. Ma nei 34 anni di permanenza in esso ha svolto anche altri importanti incarichi. È stato Capo di Gabinetto o Capo dell’Ufficio legislativo di vari Ministeri: Lavori pubblici, Partecipazioni statali, Sanità, Marina mercantile, Poste, Finanze, Bilancio, Tesoro. In quest’ultimo ha consolidato notevolmente la propria esperienza, trattandosi di un osservatorio ampio che abbraccia tutte le altre Amministrazioni dello Stato.

Ha lavorato con esponenti politici di prim’ordine: è stato capo di Gabinetto di Giovanni Goria quando questi è stato ministro e poi presidente del Consiglio; lo è stato di Guido Carli, con il quale ha lavorato tre anni al Ministero del Tesoro.
«Si tratta di un’attività importante anche se sottovalutata da alcuni rispetto alla funzione giurisdizionale; per il giudice amministrativo un’esperienza esterna è molto formativa perché, chiamato a esaminare, valutare, giudicare gli atti della Pubblica Amministrazione, la conoscenza di questa dall’interno l’aiuta nello svolgimento della propria funzione», spiega. Aveva prestato giuramento al Consiglio di Stato il primo giugno 1971 ed esattamente 34 anni dopo, il primo giugno 2005, il Consiglio di Presidenza della magistratura amministrativa gli ha affidato la presidenza del Tar del Lazio.

Domanda. Ha avvertito in passato la mancanza di questa esperienza?
Risposta. In realtà nel 1982 fui nominato presidente del Tar della Toscana, proprio quando divenni capo di Gabinetto di Goria al Tesoro, per cui andai fuori ruolo e non presi neppure servizio; mi mancava un’esperienza al Tar e sono felice di farla, perché mi era rimasta una curiosità, anche culturale. Il Tar del Lazio per di più è un «unicum» nel panorama dei Tribunali amministrativi che, previsti dalla Costituzione, sono un’istituzione di grande rilievo nel panorama giuridico-amministrativo nazionale, perché hanno avvicinato al cittadino la giustizia amministrativa che un tempo, ancora quando io sono arrivato al Consiglio di Stato, era per pochi.

D. Qual’era la situazione precedente?
R. Esistevano le Giunte provinciali amministrative, organi delle Prefetture che poi furono dichiarate incostituzionali; il Consiglio di Stato era il giudice amministrativo di unico grado. A Roma operavano una ventina di avvocati amministrativi e pochi più nel resto d’Italia. Da qualunque regione, tranne che dalla Sicilia che ha un ordinamento diverso, si doveva ricorrere al Consiglio di Stato, e ciò equivaleva quasi a una denegata giustizia per le difficoltà logistiche ed economiche di accedervi. L’istituzione dei Tar è stata una conquista sociale e di civiltà giuridica, ed essi hanno risposto bene alla domanda di giustizia anche perché, i concorsi per magistrato dei TAR sono severi e all’inizio i presidenti provenivano tutti dal Consiglio di Stato ed erano pertanto ricchi di esperienza.

D. Come rispondono i Tar alla domanda di giustizia dei cittadini che ricorrono contro i provvedimenti della Pubblica Amministrazione?
R. Limitatissima è la percentuale di sentenze dei Tar impugnate dinanzi al Consiglio di Stato, il che significa che i cittadini ed anche le Amministrazioni pubbliche considerano soddisfacenti le pronunce di primo grado. E ancor più limitato è il numero delle sentenze riformate, perché ovviamente non tutti gli appelli sono accolti: ciò dimostra che il sistema funziona.

D. Quali sono oggi i problemi della giustizia amministrativa?
R. Difficoltà esistono, ma vanno ridimensionate, non drammatizzate. I Tar sono stati introdotti nel panorama giuridico amministrativo nazionale in concomitanza con un processo di grandi trasformazioni politiche, sociali, economiche, giuridiche, avvenute dal 1970; tra esse, in primo luogo, l’istituzione dell’ordinamento regionale. Inoltre si è assistito allo sviluppo del diritto comunitario con la rinuncia, da parte degli Stati membri della Comunità europea tra cui l’Italia, a una parte della loro sovranità. A causa dell’incidenza della normativa comunitaria nell’attività amministrativa, economica e giurisdizionale, il giudice, che pure deve essere indipendente e sovrano, deve osservare, oltre alla Costituzione e alle leggi italiane, la normativa comunitaria, considerata sovraordinata e quindi vincolante. Inoltre in campo economico, a cavallo degli anni 80 e 90, Guido Carli impresse un forte impulso alle privatizzazioni che da semplice strumento di politica economica usato per «fare cassa» divennero un elemento essenziale dell’intera politica nazionale. Una volta l’accompagnai a una colazione all’Iri dove esordì con la frase: «L’Iri va chiuso»; erano presenti il presidente Franco Nobili e il direttore generale Michele Tedeschi: l’atmosfera non fu molto conviviale. Le privatizzazioni sono state un fattore di grande trasformazione anche se alcune di esse, ancora oggi, sono più formali che sostanziali, in quanto agli enti pubblici sono subentrate società per azioni sempre di proprietà pubblica come le Ferrovie dello Stato, l’Anas, il Poligrafico dello Stato ecc.

D. Ma la Pubblica Amministrazione intesa come burocrazia è cambiata?
R. Varie leggi, tra cui innanzitutto la 241 del 1990 recentemente rinnovata, hanno fatto emergere il ruolo del cittadino non più come suddito o amministrato, ma come collaboratore dell’Amministrazione pubblica. Ciò ha comportato una trasformazione radicale anche nel modo di concepire l’esercizio della funzione amministrativa, che non è più l’atto di imperio di un’Amministrazione. Quando studiavo all’Università, tutto ruotava intorno all’atto amministrativo che era il provvedimento dell’Autorità di fronte al quale ci si poteva soltanto difendere; ora invece, con i nuovi istituti introdotti, con il termine imposto all’Amministrazione per provvedere e soprattutto con la partecipazione del cittadino alla formazione del provvedimento, ossia con il suo intervento nel procedimento amministrativo, egli deve essere avvisato dell’inizio del procedimento che lo riguarda e può proporre osservazioni di cui l’Amministrazione deve tenere conto. È un salto importantissimo, direi epocale. Il provvedimento unilaterale e quindi autoritativo è sempre più spesso sostituito dai cosiddetti moduli consensuali in base ai quali l’Amministrazione agisce d’intesa con il cittadino. Quelle forme, un tempo sporadiche come le convenzioni di lottizzazione in materia urbanistica, sono diventate il modo di agire pressoché ordinario della Pubblica Amministrazione.

D. La potestà legislativa attribuita alle Regioni non complica in particolare l’attività giurisdizionale del Tar del Lazio?
R. La riforma del Titolo V della Costituzione ha accentuato la regionalizzazione, ma non sono sicuro se abbia migliorato la situazione. Si sono voluti cristallizzare a livello costituzionale il federalismo amministrativo e il decentramento di funzioni alle Regioni introdotto con le leggi Bassanini, commettendo forse qualche errore, come la mancata espressa previsione di quell’elemento unificante costituito dall’interesse nazionale. Oggi in alcune materie lo Stato non può per nulla intervenire e questo può essere grave. In questo contesto si inserisce l’azione del giudice amministrativo, senza differenze tra Consiglio di Stato e Tar perché il primo ha solo la funzione consultiva in più rispetto al secondo; la funzione giurisdizionale si svolge nello stesso modo nel primo e nel secondo grado, tenendo conto di tutte le trasformazioni avvenute.

D
. Quali sono in particolare le competenze del Tar del Lazio?
R. Accanto alla competenza ordinaria, comune a tutti i Tar, spettano ad esso le vertenze di rilievo nazionale sugli atti dell’Amministrazione centrale. Ha una competenza territoriale alla quale però si può derogare nel senso che un provvedimento, che dovrebbe essere impugnato a Roma, può essere impugnato dinanzi a qualsiasi Tar e da questo giudicato, se la controparte non si opponga; qualora, invece, si opponga, è il Consiglio di Stato a indicare il Tar competente. Per evitare gli inconvenienti connessi ai casi di competenza oggettivamente incerta, è stata prevista per alcune materie una cosiddetta competenza funzionale inderogabile spettante al Tar del Lazio, attribuzione che accresce l’importanza di questo Tribunale amministrativo. Rientrano in tale ipotesi, ad esempio, i provvedimenti del Consiglio Superiore della Magistratura. La pronuncia del Tar del Lazio presenta due vantaggi: allontana territorialmente il giudice dai contendenti e crea una giurisprudenza uniforme, anche se di primo grado, evitando molti ricorsi al Consiglio di Stato.

D
. Tale competenza è soggetta ad ampliamenti o a riduzioni?
R. Negli ultimi anni è stata notevolmente ampliata. Al Tar del Lazio vanno presentati, ad esempio, i ricorsi contro i provvedimenti delle Autorità indipendenti, eccettuata quella sull’energia. Inoltre due anni fa, in relazione ad una vicenda determinata dall’intervento della Corte federale della Federazione Gioco Calcio, è stata attribuita al Tar del Lazio anche la competenza in materia di ricorsi contro provvedimenti degli organismi preposti alle attività sportive, sottraendoli in tal modo ai Tar territoriali. Il Tar del Lazio ha un carattere del tutto peculiare, rispetto agli altri, anche per la sua struttura: è composto da tre Sezioni, ognuna delle quali ha all’incirca le dimensioni dei Tar delle altre regioni, ed è a sua volta divisa in 3 o 4 «sezioni interne», per cui oggi complessivamente questo Tar dispone di 11 Sezioni che l’anno prossimo dovranno salire a 12; vi è poi una sezione distaccata a Latina competente per le province di Latina e Frosinone.

D. Che cosa occorrerebbe per un migliore funzionamento del Tar che è stato chiamato a presiedere?
R. Trattandosi di un organismo molto complesso, un insieme di motivi renderanno molto impegnativa ma anche entusiasmante e delicata l’esperienza che mi avvio a compiere. Abbiamo carenze di magistrati e ancora di più di personale di supporto. Quando ho presieduto l’Associazione Magistrati del Consiglio di Stato, sono stato sempre cauto sulle richieste di aumentare l’organico dei giudici; questo va fatto, ma con gradualità e parsimonia perché con assunzioni massicce si rischia di abbassare il livello di preparazione e di professionalità dei giudici oggi molto alto. È, invece, auspicabile un forte incremento del personale di supporto, la cui consistenza nel Tar del Lazio è pari a una volta e mezza quella dei magistrati, mentre nella magistratura ordinaria e nella Corte dei Conti il rapporto è di tre, quattro e anche cinque addetti di segreteria per ogni giudice; in Germania è di otto a uno. Anche se oggi l’informatica facilita molto il lavoro, il personale di segreteria, pur se con grande abnegazione e solerzia, non riesce a far fronte a tutte le numerose incombenze.

D
. Questo ritarda di molto la conclusione dei procedimenti?
R. Ad essere obiettivi, nonostante queste difficoltà la giustizia amministrativa resta una delle più rapide ed efficienti, anche se registra arretrati che potranno essere smaltiti solo con misure straordinarie. Si assiste inoltre a risultati confortanti: al Consiglio di Stato, cui i ricorrenti possono chiedere di anticipare la discussione del ricorso presentando una «domanda di prelievo», non vi sono richieste del genere inevase; tutti coloro che hanno mostrato interesse a una decisione rapida l’hanno ottenuta: confido che ciò possa avvenire quanto prima anche al Tar del Lazio. Inoltre nel giudizio amministrativo vigono istituti particolari. Il primo consiste nella «sospensiva», ossia in un procedimento cautelare, nel quale il giudice può provvedere sul ricorso, in via di urgenza e impregiudicata la decisione finale nel merito; questo istituto acquista un’applicazione sempre più estesa perché dopo la pronuncia spesso le parti non hanno interesse a proseguire il contenzioso. Inoltre recentemente è stata istituita una sorta di corsia preferenziale per alcune categorie di ricorsi, per esempio quelli in materia di contratti di appalto o di fornitura o per quelli contro i provvedimenti delle Autorità indipendenti, per cui è possibile definire tali ricorsi nel giro di pochi mesi: il che, nel panorama della giustizia nel nostro Paese, è davvero molto significativo. Infine, è importante l’istituto della «sentenza semplificata», in virtù del quale, già nel corso della fase cautelare, è possibile definire il ricorso nel merito. In conclusione, io credo fermamente che si debba avere ben presente il carattere di «servizio» che i giudici amministrativi, nei Tribunali amministrativi e nel Consiglio di Stato, rendono ai cittadini; servizio che inerisce alla concezione del potere pubblico e alla tutela dei singoli, ossia a questioni che toccano l’essenza della vita sociale, della politica, della democrazia. Questioni alle quali noi, giudici amministrativi, abbiamo dedicato e dedichiamo il nostro lavoro e la nostra stessa vita.

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