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FRANCESCO ERNANI.
OPERA DI ROMA,
GRANDE FABBRICA DI CULTURA

di Romina Ciuffa



Il sovrintendente dellíantica istituzione musicale romana illustra líattivitý che questa svolge, i problemi che incontra e gli interventi da realizzare per superarli

 

 

ostruito da Achille Sfondrini a spese dellíalbergatore Domenico Costanzi, del quale poi mantenne il nome per vari decenni, il 27 novembre 1880 il Teatro dellíOpera di Roma fu inaugurato alla presenza dei sovrani díItalia Umberto I e Margherita di Savoia con la ´Semiramideª di Gioacchino Rossini. Il 27 febbraio 1928, tra le scene del ´Neroneª di Arrigo Boito, avvenne un trapasso storico nella lirica italiana: la fine della gestione privata, di tipo ottocentesco, e líinizio della gestione pubblica, anche suggellata da un rinnovamento architettonico commissionato allíarchitetto Marcello Piacentini. La trasformazione in Teatro Reale dellíOpera conferÏ al Costanzi un carattere internazionale e la sicura presenza sul palcoscenico dei pi˜ grandi direttori e artisti lirici. A partire dal 1937 la stagione lirica estiva del Teatro dellíOpera si Ë svolta con grande successo nel complesso monumentale delle Terme di Caracalla, edificate dallíimperatore Antonino Caracalla e solennemente inaugurate nel 216 d.C.; talvolta Ë stata anche ospitata allo Stadio Olimpico; poi per alcuni anni quella consuetudine Ë stata interrotta per evitare una temuta compromissione del grandioso complesso archeologico, ma nel 2003 Ë stata ripristinata. Non mancano inoltre al Teatro spazi supplementari messi a disposizione per le rappresentazioni da altre strutture come il Teatro Brancaccio e il Teatro Nazionale. Nel 1996 il Parlamento decise la trasformazione degli enti lirici in fondazioni di diritto privato, aprendo la strada alla partecipazione, nella gestione, di capitali privati per un importo pari almeno al 12 per cento del contributo statale complessivo. Il successivo decreto legislativo n. 134 del 1998, dalla Corte costituzionale ritenuto illegittimo in alcuni punti comunque non riguardanti gli enti lirici, ha trovato migliore formulazione nella recente legge n. 1 del 2 gennaio 2001. A capo di questo regno dellíarte Ë, dal luglio 1999, il sovrintendente Francesco Ernani, sopraggiunto dopo uníaltalenante gestione tra Giorgio Vidusso, Vittorio Ripa di Meana, Sergio Escobar e Sergio Sablich. Nato ad Ancona nel 1937, Ernani compie i propri studi in materia amministrativo-contabile con líambizione, del tutto diversa, di divenire ragioniere-capo del Comune di Milano. Per aver risposto allíannuncio inserito da un ente pubblico in un giornale, scopre líArena di Verona di cui diviene, nel maggio 1971, direttore amministrativo sotto la sovrintendenza di Carlo Alberto Cappellini. Nel 1975 Paolo Grassi lo chiama alla Scala in qualitý di direttore del Personale; quindi svolge il ruolo di segretario generale dal 1980 al 1986, anno in cui torna come sovrintendente allíArena di Verona. Nel 1990 lo chiama invece il sindaco di Genova per inaugurare il nuovo Carlo Felice e assumere il ruolo di sovrintendente nel Teatro comunale dellíOpera della cittý. Dal 1994 al 1999 si trasferisce a Firenze per il Maggio Musicale Fiorentino, manifestazione che egli nel 1998 porta anche in Giappone e in Cina con lí ´Aidaª e la ´Turandotª. Líinsistenza dello scomparso direttore díorchestra Giuseppe Sinopoli, allora consulente generale dellíOpera di Roma, lo convince ad accettare líavventura in questa cittý. Anche presidente dellíAssociazione Internazionale dei Teatri Lirici, Ernani ha pubblicato articoli e libri in materia fiscale, di organizzazione amministrativa e sulla vita musicale, e inoltre, con Roberto Iovino, ´La Repubblica degli Enti lirico-sinfoniciª, un testo incentrato sui problemi della mancata riforma del settore operistico. Domanda. Quale ruolo svolge il Teatro dellíOpera di Roma? Risposta. Questo nostro grande centro di produzione artistica e culturale, di rilievo essenziale per la qualitý della vita della capitale e del Paese, svolge un duplice ruolo: innanzitutto, la diffusione del grande patrimonio di cultura musicale, tanto ereditata quanto trasmessa dagli autori e dagli interpreti contemporanei, bagaglio portante della generale cultura di una comunitý; quindi la protezione dellíimpiego artistico di orchestre, cori, corpi di ballo visti come beni culturali e, in questíottica, come il prodotto di un investimento nella formazione culturale. D. Quali interventi sono necessari agli Enti lirico-sinfonici per affrontare i veri problemi della musica? R. Innanzitutto, devono essere fornite risposte adeguate a chi persegue una vocazione artistica e ha bisogno di trovare, puntualmente, un impiego confacente a tale vocazione. Se si chiudono le orchestre, i cori e i corpi di ballo, non ha senso tenere in piedi Conservatori e Scuole di danza per formare professionisti destinati a non trovare impiego. Non bisogna dimenticare, poi, che líespansione delle facilitazioni per líistruzione artistica crea il problema di sviluppare líimpiego. Uníefficiente azione politica nei riguardi dellíindustria dello spettacolo serve a promuovere il triplice obiettivo di incrementare líimpiego artistico, mantenere viva la cultura nazionale secondo la sua specifica identitý e creare posti di lavoro anche nei settori del turismo e del commercio alla stessa collegati. La missione di un teatro díopera deve essere compresa da chi ha la responsabilitý politica delle relative scelte: la recessione dellíeconomia sul piano europeo e nazionale, comportando ingenti tagli dei fondi destinati dallo Stato o dagli Enti locali a sostegno dei nostri centri di produzione artistica, ha reso ancor pi˜ difficoltoso il mantenimento di un livello di produzione competitivo. D. Come viene considerato e trattato questo settore in altri Paesi? R. Si aprono teatri díopera in tutto il mondo, anche in Cina: io stesso, in qualitý di sovrintendente al Maggio Musicale Fiorentino, ho inaugurato nel 1998 il teatro di Shangai con lí´Aidaª. La lirica emerge e si sviluppa anche in Paesi privi di qualunque tradizione operistica. Mentre in Italia gli intellettuali parlano dellíopera come di un genere da museo, gli Stati Uniti, la Cina, la Corea parlano di ´nascitaª; mentre in Italia si assiste ad una crisi di fondi pubblici, in Paesi come la Germania o la Francia si aprono nuovi teatri e si garantiscono loro finanziamenti adeguati. Nuovi, ad esempio, sono il Teatro dellíOpera di Lille, in Francia, e quello di Erfurt, nella Turingia, questíultimo sorto grazie a un finanziamento di oltre 18 milioni di euro disposto dal Comune della cittý e dalla Regione. Sono aspetti delicati, che necessitano di urgenti interventi da parte dei responsabili politici: il mio auspicio Ë che il Governo sappia affrontare il problema dellíopera, anche attraverso il dibattito nelle Commissioni Cultura della Camera e del Senato, ed attuare un risanamento istituzionale, organizzativo e finanziario che permetta di far crescere le ricchezze artistiche e di promuovere la diffusione della musica come servizio sociale. La mancanza di una riforma degli Enti lirico-sinfonici si Ë rivelata pi˜ distruttiva dei bombardamenti che distrussero, durante la guerra, alcuni dei nostri teatri, poi ricostruiti. D. » migliore una gestione pubblica o privata del Teatro dellíOpera? R. Il tipo di gestione astrattamente considerato non Ë rilevante: ciÚ che conta Ë che lo Stato intervenga con provvedimenti utili e non con riforme mancate. Per quanto riguarda il profilo gestionale, la soluzione non puÚ che stare nelle persone fisiche, le uniche in grado di indirizzare il Teatro sulla giusta strada. Se esistono amministratori sensibili, in grado di gestire líente in modo consono alla sua funzione culturale, poco importa se appartengano alla sfera pubblica o a quella privata. D. Non ritiene talvolta eccessivi i costi delle opere? R. Il teatro produce un bene che si consuma nello stesso momento in cui viene presentato, quando síinstaura un rapporto fra palcoscenico e spettatore. La trasformazione del contenuto inerte di una partitura díopera in una realizzazione viva rende ogni rappresentazione irripetibile. Questa peculiare caratteristica, evidenziata dagli economisti della scuola americana, mette in luce la specificitý del mondo dellíopera i cui costi di produzione, per líimpiego di persone in veste di prodotto, superano naturalmente i tassi di inflazione programmati: sono regole di economia dellíarte che dovrebbero essere comprese. Non si possono accusare i teatri italiani di avere meno spettatori in una societý che predilige líimmagine ma non la sostanza: la cattiva educazione musicale impoverisce la cultura. Proprio in Italia tale educazione manca del tutto, diversamente da altri Paesi aventi, peraltro, una tradizione musicale ben pi˜ limitata: in Finlandia, Paese grande come la Lombardia, sono presenti 58 orchestre sinfoniche, líeducazione musicale viene impartita sin dalle scuole elementari e la grande e generalizzata conoscenza della musica crea nella massa un vero e proprio bisogno di assistere allíopera. D. Di quali componenti deve tenere conto il costo del personale? R. Esso non puÚ non comprendere i livelli di presentazione e di qualitý del prodotto. E ciononostante Ë certamente pi˜ alto il costo di altre orchestre europee, ad esempio quelle tedesche. Lo Stato ha il dovere di garantire la copertura dei costi del personale: Ë nel suo interesse, al pari della spesa per gli insegnanti delle scuole. CosÏ come sono erogati sussidi a favore delle scuole private sulla base del valore che líeducazione rappresenta, lo stesso dovrebbe praticarsi per sostenere cori, orchestre, gruppi di ballo, beni culturali che, pi˜ di altri e pi˜ anche dei beni architettonici di cui il nostro Paese Ë ricco, sviluppano la cultura e i sentimenti di una comunitý. La crisi degli enti lirico-sinfonici rivela, purtroppo, oltre alla carenza di un adeguato sistema di finanziamenti, la volontý di immobilismo di questi ultimi decenni e la rinuncia dello Stato a qualsiasi tentativo di cambiamento. D. Quali rapporti ha il Teatro dellíOpera di Roma con gli altri teatri? R. In qualitý di vicepresidente di Opera Europa ho sempre perseguito la collaborazione, la conoscenza e líinformazione nei rapporti con i pi˜ importanti teatri europei ed internazionali attraverso confronti, scambi di notizie, coproduzioni e decisioni prese anche congiuntamente, non da ultime quelle relative alla commissione delle opere a nuovi autori. D. Quali normative e prassi regolano líimpiego degli artisti? R. Sul piano internazionale le condizioni sono previste nella legislazione generale sul lavoro esistente in ciascun Paese. Gli accordi collettivi delle varie categorie servono per gli aspetti normativi e per le condizioni minime retributive: sul piano nazionale líAnfols, Associazione nazionale delle fondazioni liriche e sinfoniche, Ë impegnata a concludere i contratti collettivi di lavoro del settore nel modo migliore, anche se in questo momento di incertezza non Ë facile realizzare interventi concreti. Mi piace ricordare che negli ultimi quattro anni non cíË stato un giorno di sciopero o di agitazione per líOpera di Roma, che Ë il Teatro che produce di pi˜ in Italia e che ha raggiunto una grande qualitý interna delle varie componenti. D. Quale repertorio preferite rappresentare, antico o contemporaneo? R. Essendo líopera nata a Firenze nel 1598, abbiamo un repertorio di ben cinque secoli nel quale si puÚ scegliere tutto quel che si desidera e si ritiene opportuno. Le nuove generazioni hanno diritto di godere dei capolavori del passato, che sarebbero partiture morte ma che tornano a vivere nel momento della messa in scena. CiÚ non puÚ far dimenticare che abbiamo molti compositori moderni che vanno ascoltati. D. Come siete collegati con il mondo della scuola e dellíuniversitý? R. La collaborazione Ë molto sentita anche attraverso la predisposizione di programmi specifici. Lo scorso anno 30 mila giovani hanno potuto frequentare il teatro, assistendo a uníopera ma anche partecipando alla sua creazione. Sono rimasto colpito nel sentire una giovane affermare che lo spettacolo cui stava assistendo era il pi˜ bello che avesse mai visto in tutta la sua vita: allora ho preso coscienza dellíimportanza che riveste líopera anche per le nuove generazioni, che spesso sottovalutiamo. D. Gli sbocchi professionali offerti ai giovani artisti sono proporzionati agli sforzi che essi devono ad affrontare? R. Studiare le materie artistiche attinenti allíopera richiede sforzi notevoli, finanziari, intellettuali e fisici. Gli sbocchi professionali non sono sicuri, anche a causa di una normativa sbagliata: il ballerino che frequenta una scuola di danza fatica a trovare un impiego a causa di una norma che prescrive il suo collocamento a riposo non prima dei 52 anni díetý. Sarebbe opportuno ridurre tale limite a 40-45 anni, come pi˜ correttamente previsto dalla normativa precedente: si eviterebbe cosÏ il dramma di molti giovani che, sacrificata tutta líadolescenza in una sala da ballo, si trovano poi senza possibilitý di impiego. Il costo degli studi non Ë molto elevato ma elevati sono i sacrifici, anche tenendo a mente líampiezza del mercato - nazionale, ma soprattutto europeo e internazionale - che obbliga a trasferimenti in metropoli come New York, Londra, Parigi. Quanti nostri artisti affrontano, oggi, i teatri stranieri? Il Teatro dellíOpera di Roma, comunque, mette a disposizione, per quanto possibile, borse di studio per i giovani pi˜ promettenti. D. Quali sono le componenti pi˜ importanti del Teatro? R. Il teatro Ë fatto dallíorchestra, dal coro, dal corpo di ballo, da chi apre il sipario. Non da ultimo, dal pubblico, considerato come un partner e non come un utente. Lo spettatore che, in un articolato ventaglio di alternative, opta per il teatro, soprassiede alle molteplici difficoltý che si presentano, soprattutto in una grande metropoli. Per questo chi ama la musica e la danza non puÚ non costituire un partner insostituibile e, nel contribuire al miglioramento della struttura, merita di essere ringraziato: un teatro deve essere affidabile, rispondere alle critiche, eliminare i disservizi. Il rapporto con lo spettatore Ë di importanza vitale: un teatro con le poltrone vuote non serve; un teatro pieno Ë sintomo di una societý partecipe, che lo ama e lo vuole aperto e che per esso Ë disposto a compiere sacrifici. Come la maggioranza dei cittadini svizzeri che, negli anni 50, ha accettato con un referendum una sovrattassa per mantenere aperto il proprio teatro. E della quale, in effetti, solo una parte lo frequentava: simbolo di una partecipazione che va oltre i gusti individuali o le possibilitý economiche, e che investe la sensibilitý intellettuale e la cultura di un intero popolo.
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