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2003, ANNO NERO
PER I LAVORATORI.
2004, URGE UNA SVOLTA

di Marco Paolo Nigi, segretario
della Confsal






n anno, il 2003, difficile, sofferto e tutto da dimenticare per le calamitý che hanno sconvolto in pi˜ parti il pianeta, a partire dal conflitto in Iraq e dai suoi drammatici strascichi fino alla crisi economica israelo-palestinese e al catastrofico terremoto che ha cancellato dalla carta geografica una delle pi˜ antiche cittý dellíIran. Con le dovute proporzioni anche in Italia le cose non sono andate meglio. Basti ricordare, per tutte, il black out che tra il 27 e il 28 settembre ha lasciato al buio líintero Paese, ad eccezione della Sardegna, e il massacro di Nassiriya nel quale 19 italiani sono caduti per difendere la pace in un Paese straniero. Líanno scorso Ë stato decisamente nefasto, seppure in uníaltra dimensione, anche per lavoratori, pensionati, disoccupati o diseredati, e per tante famiglie - due milioni e mezzo delle quali vivono sotto la soglia di povertý - ormai costrette a sacrifici insopportabili. Molteplici le cause, spesso interdipendenti, e non da ultime líinflazione reale, líeffetto euro, gli assai modesti aumenti retributivi, i mancati rinnovi contrattuali, le pensioni al limite della sopravvivenza, il calo di produttivitý e di esportazioni, la competitivitý al limite storico, i posti di lavoro a rischio, i licenziamenti nella grande industria, la riforma del sistema previdenziale: il tutto condito dalla inconcludente rissositý di politicanti che discettano su massimi sistemi e temi ideali, pur importanti ma lontanissimi dalle attese e dalle necessitý contingenti e vitali della maggioranza dei cittadini. Appaiono di particolare rilevanza e di grande attualitý líandamento dellíinflazione e la discussione in atto tra Governo e sindacati sul disegno di legge delega di riforma del sistema previdenziale. Sullíinflazione la novitý, se tale si puÚ definire, Ë data dal rilevamento dellíIstat che la pone al 2,5 per cento rendendo cosÏ attendibile e perseguibile la proiezione governativa di uníulteriore riduzione della stessa allí1,9 per cento per il 2004. Si tratta di un risultato apparentemente confortante che consente al nostro Paese di essere perfettamente in linea con il tasso di inflazione europeo. Tuttavia i dati Istat, pur andando incontro alle sollecitazioni dei nostri partner comunitari, non rendono certamente felici gli italiani che avvertono tutti i giorni sulla propria pelle uníinflazione reale o avvertita stimabile tra il 10 e il 12 per cento. Il fatto Ë che le rilevazioni dellíistituto di statistica sono viziate allíorigine da errata valutazione, cernita e interpretazione delle voci che concorrono a formare il cosiddetto ´paniereª sulla base del quale viene fissato il tasso di inflazione. Questo infatti, cosÏ comíË composto, Ë squilibrato e del tutto inattendibile in quanto pone sullo stesso piano le spese per le indispensabili necessitý giornaliere e quelle per acquisti voluttuari o saltuari: quali, ad esempio, quelle sostenute per líacquisto di computer, grandi elettrodomestici, auto, dischi, per viaggi in aereo che non riguardano la quasi totalitý dei cittadini i quali, comunque, non potrebbero esservi interessati dopo la drastica falcidia operata su retribuzioni e pensioni dalla speculazione sullíeuro. Di qui la necessitý ormai inderogabile di uníaccurata e realistica revisione del ´paniereª Istat, per adeguarlo al momento contingente, da attuare di comune accordo con le parti sociali. Per battere líinflazione reale e quindi líincalzare ormai inarrestabile degli aumenti generalizzati dei prodotti di largo consumo, Ë necessario porre in essere líoperazione ´trasparenzaª - imposizione del doppio prezzo sulle merci in vendita ovvero quello del produttore e quello del dettagliante -, per consentire agli acquirenti di poter scegliere i negozianti pi˜ onesti e per offrire, nello stesso tempo, alla Guardia di Finanza un valido motivo per indagare sulla correttezza fiscale di quegli esercizi che praticano ingiustificate maggiorazioni dei prezzi. Anche il nodo sempre pi˜ ingarbugliato della riforma del sistema previdenziale, pi˜ che mai in questi giorni allíattenzione del Governo e dei sindacati, non ha consentito ai lavoratori di dormire sonni tranquilli. Anzi, molti hanno scelto la via della pensione con le regole esistenti, temendo eventuali penalizzazioni. Ne sono una riprova i bilanci dellíInps che nel 2003 sono peggiorati dellí8,2 per cento per líincremento dellí1,1 per cento dei trattamenti, e del 6,6 per cento delle somme erogate. E tutto questo ha un significato ben preciso: Ë ora di porre termine ad una diatriba che si protrae ormai da troppo tempo. Siamo consapevoli che la riforma del sistema pensionistico italiano Ë sollecitata dallíEuropa e che, anche per questo, il Governo Ë fermamente deciso a metterla in cantiere al pi˜ presto. Cionondimeno Ë opportuno verificare i risultati finali della riforma Dini e, comunque, procedere sulla strada del cambiamento solo dopo il superamento dellíattuale crisi economica che non consente ai lavoratori di sopportare ulteriori sacrifici. LíEuropa, del resto, puÚ attendere ed essere pi˜ tollerante cosÏ come lo Ë stata con la Germania e la Francia, il cui deficit di bilancio va ben oltre quel limite ´invalicabileª del 3 per cento del prodotto interno stabilito dalle norme comunitarie. » necessario, ora e prima di tutto, individuare le alternative possibili per tutelare lavoratori e pensionati e avviare a soluzione problemi ineludibili e non pi˜ rinviabili, se non si vuole alimentare uno scontro sociale di cui si avvertono giý pericolosi segnali e che potrebbe avere sbocchi imprevedibili e pericolosi per la stessa tenuta democratica del Paese. La rivolta degli autoferrotranvieri, beffati per lungo tempo dalla promessa di aumenti retributivi mai accordati, e quindi esasperati al punto da calpestare anche le regole costituite, Ë un campanello díallarme significativo da non sottovalutare. Su tutto questo il Governo dovrebbe riflettere attentamente.
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